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 2012  maggio 25 Venerdì calendario

La lezione (indecente) di Strauss-Kahn La lezione del vecchio libertino alla giovane paladina del diritto Così il lupo DSK si è «mangiato» la giudice Stéphani Nemmeno il grande Diderot o il maligno Voltaire, forse, sarebbero stati capaci di immaginare e descrivere l’interrogatorio subito da Dominique Strauss-Kahn in un’aula del tribunale di Lille lo scorso 26 marzo

La lezione (indecente) di Strauss-Kahn La lezione del vecchio libertino alla giovane paladina del diritto Così il lupo DSK si è «mangiato» la giudice Stéphani Nemmeno il grande Diderot o il maligno Voltaire, forse, sarebbero stati capaci di immaginare e descrivere l’interrogatorio subito da Dominique Strauss-Kahn in un’aula del tribunale di Lille lo scorso 26 marzo. Da una parte Stéphanie Ausbart, trentenne, giudice istruttore di un procedimento per sfruttamento della prostituzione, dall’altra lui, DSK, l’accusato, pronto a salire in cattedra per dare lezioni da vecchio libertino. Bisogna ammettere che, per quanti sforzi possano fare i poeti e i romanzieri, la letteratura involontaria che ci offrono le pagine di cronaca dei giornali è impareggiabile sia sul versante tragico che su quello comico. Nemmeno il grande Diderot o il maligno Voltaire, forse, sarebbero stati capaci di immaginare e descrivere l’interrogatorio subìto da Dominique Strauss-Kahn lo scorso 26 marzo, riportato con ampie citazioni letterali su Le Monde di qualche giorno fa. Si tratta del celebre affaire dei festini organizzati in varie suite di grandi alberghi, tra Parigi e la provincia. Ma per poter parlare di grande letteratura, come si sa, non basta la vicenda: sono i personaggi a fare la differenza. Ed eccoli qui, in un’aula del palazzo di giustizia di Lille, uno di fronte all’altra, i protagonisti del dramma, entrambi dotati del loro tipo particolare di grandezza. DSK, l’accusato, è fin troppo facile immaginarselo. Ma dall’altra parte del tavolo, a tenere degnamente testa al vecchio volpone, ferito ma non arreso, c’è Stéphanie Ausbart, trentenne, giudice istruttore di un procedimento per prossenetismo, ovvero sfruttamento (aggravato) della prostituzione. E come nei duelli verbali del miglior repertorio teatrale, la differenza dei caratteri fa sprizzare le scintille della sfida, la reciproca incomprensione produce lampi di pura verità. Stéphanie, come si accennava, non ha nulla da invidiare al suo più illustre antagonista. Costretta ad avventurarsi in un territorio ambiguo e scivoloso, nel quale non è facile separare il reato dalla vita privata, impugna il Codice penale come una lanterna. All’umidità, al carattere ombroso del desiderio contrappone un sapere secco, legnoso, totalmente razionale. Ma per stanare DSK, per indurlo a qualche ammissione o passo falso, deve confessare qualcosa di sé. Perché lei, a un certo punto dell’interrogatorio, lo deve ammettere, di libertinaggio non ha nessuna esperienza. E dunque, sospetta un crimine all’interno di pratiche e modi di vita che può solo congetturare dall’esterno. Questa contraddizione è come una specie di breccia nel muro, turrito e scosceso, dell’impianto accusatorio. Se l’innocente Stéphanie non sa come funzionano le cose durante quei festini, perché solo l’esperienza potrebbe averglielo insegnato, come fa a stabilire come e quando una relazione libertina fra adulti consenzienti si è trasformata in un reato? Attenzione, Stéphanie. Perché se DSK non facesse caso a queste debolezze femminili, non sarebbe quel pezzo da novanta, quel fenomeno che è sempre stato. E il banco degli imputati fa presto a trasformarsi nella cattedra del professore. E’ come se Cappuccetto Rosso iniziasse a chiedere al lupo che sapore ha la carne umana, se le nonne sono davvero così buone da mangiare... Salito in cattedra, DSK è del tutto degno della sua fama. Amico dei più illustri philosophes parigini, non ha difficoltà a formulare aforismi come questo: «Nel libertinaggio non esiste un oggetto, ma solo due soggetti che desiderano partecipare». Viva la Francia! Ve lo immaginate, fuori dal paese di Cartesio, un imputato che si difende a colpi di soggetto e oggetto? Ma poi, cosa vuol dire esattamente la frase? Cosa faranno mai, questi due «soggetti» libertini, privi del loro «oggetto» e liberi di scatenarsi nei territori sconfinati del reciproco consenso? Ma è proprio questo il punto. Come molte affermazioni dei suoi amici parigini, anche questa di DSK non significa assolutamente nulla. Messa a verbale, però, ancora più che su un libro o su una rivista elegante, emana una specie di inestinguibile potenza suggestiva. Se Stéphanie, in un attimo di debolezza, verrà indotta a pensare che è lei a non capirla, avrà iniziato a soccombere. La luce del Codice penale può vacillare come una candela investita da uno spiffero freddo. Proteggila, Stéphanie! Ma DSK non è forte solo in filosofia. Al contrario, sa dosare e variare da grande chef gli ingredienti della sua lezione. Ad esempio, gli viene fatto notare che quelle signore «libertine» incontrate durante i festini, almeno giudicando dalla maniera di vestirsi, più che soggetti senza oggetto sembrano proprio delle puttane. Ma come!, obietta il professor DSK, con l’ironica degnazione che si riserva a quelle domande degli scolari che, fin troppo ingenue, sono comunque il trampolino di una spiegazione importante. Le scollature vertiginose e le calze a rete non sono affatto segnali di prostituzione. «Ho osservato spesso», rivela DSK a una stupefatta Stéphanie, «giovani donne vestite come me e lei le quali, una volta entrate in un club libertino, indossavano tenute indecenti, senza che questo ne facesse delle prostitute». Questo è davvero un colpo da maestro, un colpo basso. Perché queste donne vestite come Stéphanie, che a un certo punto della serata si trasformano in insaziabili libertine, come potranno non destare in lei un moto di identificazione? Basta un millesimo di secondo, un fulmineo soprassalto dell’identificazione e il gioco è fatto, il veleno è penetrato nell’organismo. E quando l’estenuata Stéphanie chiede a DSK se gli sembra naturale che una donna di venti anni desideri fare sesso con un uomo di sessanta, anche il più banale senso comune si rivela un’arma potente. Ma come, ribatte il vecchio libertino, il cinema e i romanzi sono pieni di queste situazioni! Cosa conta l’età! Viene un sospetto: ma non è che col passare del tempo DSK ci abbia fatto un pensierino, su Stéphanie? Triste e deplorevole è il lupo che perde il vizio, non quello che continua a fare quello che ha sempre fatto, fino all’ultimo respiro. E voi giovani, che come Stéphanie non sapete nemmeno di cosa si parla, quando si parla di libertinaggio, e contro i padri così imbarazzanti e incorreggibili avete ripristinato la virtù dei nonni, la correttezza, la monogamia... pensateci bene, prima di andare a disturbare un «soggetto» come DSK. Lasciatelo in pace, piuttosto, a cuocere fino all’ultimo nel suo voluttuoso brodo. Non ha fatto niente di così grave. E soprattutto, non lo costringete a farvi la lezione, mentre voi pensate di fargli la morale.