Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 25 Venerdì calendario

Il gigante Montale tra vita e pagine UN LIBRO DEDICATO A EUGENIO MONTALE (1896-1981) DA PARTE DI UNO DEI SUOI PIÙ IMPORTANTI STUDIOSI, ELIO GIOANOLA: Montale

Il gigante Montale tra vita e pagine UN LIBRO DEDICATO A EUGENIO MONTALE (1896-1981) DA PARTE DI UNO DEI SUOI PIÙ IMPORTANTI STUDIOSI, ELIO GIOANOLA: Montale. L’arte è la forma di vita di chi propriamente non vive (Jaca Book, pp. 388, euro 32). Gioanola, già docente di Letteratura italiana all’Università di Genova, firma una monografia pensata per un vasto pubblico, eppure ricca di novità interpretative. Il volume giunge infatti al culmine di un percorso di ricerca dettato dalla convinzione che, almeno per gli scrittori dei quali si dispone di materiale interpretativo adeguato, siano criticamente fecondi i rapporti tra il vissuto e l’opera. «Sono sufficientemente seguace di Jean Starobinski spiega il critico per ritenere che qualunque lavoro letterario, anche il più sublimato, non sia comunque frutto dell’immacolata concezione. In questo libro ho quindi scientemente contaminato dati di provenienza biografica e interpretazione critica vera e propria». In esso troviamo infatti la storia di una formazione, la visitazione degli ambienti culturali attraversati, la ricostruzione degli incontri decisivi vissuti e dei personaggi che ne sono protagonisti, la storia del concepimento e della costruzione delle diverse raccolte, l’interpretazione dei maggiori testi sul fondamento degli innumerevoli elementi chiarificatori, di diversa provenienza, venuti alla luce. Nell’interpretazione di Gioanola, a trent’anni dalla morte, Montale resta ancora tutto intero e la sua statura di gigante del firmamento letterario appare inequivocabile. «Con in più aggiunge lo studioso le cose venute alla luce nel frattempo: epistolari, interviste, testimonianze. Inoltre, dal momento della morte, la critica non ha mai cessato di interessarsi a questo poeta. Per lui la poesia non è mai stata una professione, ma un testimonianza del disagio dell’artista contemporaneo nell’epoca dell’imporsi delle grandi ideologie, oltre che dei miti derivati della scienza e della storia». Del resto Montale è stato un grande innovatore: ha avuto il coraggio di rifiutare le pseudo-novità che fiorivano attorno a lui nel primo Novecento. Spiega Gioanola: «Non gli interessavano le proposte delle diverse avanguardie nate col nuovo secolo (la poesia pura, il crepuscolarismo, il futurismo), a cui pure avevano dato il loro tributo poeti come Apollinaire, Ungaretti, Pound e tanti altri. In esse egli sentiva troppa deferenza al ribellismo di facciata, ansia di sperimentazione ad ogni costo, artificio. Fin dall’inizio c’è in lui volontà nuda di testimonianza della condizione interiore, da esprimere “torcendo il collo alla retorica” e quindi col massimo rigore espressivo». Da qui la sua devozione all’oggetto, e non certo per nostalgie realistiche. Alla base di tutto c’è la sofferenza profonda data da ciò che dopo di lui si chiamerà proverbialmente «male di vivere».