Massimo Mucchetti, Corriere della Sera 24/05/2012; Richard Nixon, ib.; Gianluigi Gabetti, ib., 24 maggio 2012
3 articoli - E NIXON CHIESE A «MR. GABETTI» CONSIGLI PER LA LOTTA ALL’INFLAZIONE - Gianluigi Gabetti va verso gli 88 anni
3 articoli - E NIXON CHIESE A «MR. GABETTI» CONSIGLI PER LA LOTTA ALL’INFLAZIONE - Gianluigi Gabetti va verso gli 88 anni. È presidente d’onore dell’Exor, la holding che controlla la Fiat, e presidente della Giovanni Agnelli & C., che controlla l’Exor. Ma la sua carica più bella è quella di life trustee del Moma, il Museo d’arte moderna di New York, alla cui vita partecipa dagli anni 60, su invito di David Rockefeller. L’America è il suo amore intellettuale più grande, e infine deludente. Proprio nella Grande Mela, Gabetti ricevette dall’Avvocato l’incarico di dirigere le finanziarie della dinastia torinese. Correva l’anno 1971, anno nel quale gli Usa revocarono la convertibilità aurea del dollaro, avviando la divaricazione tra economia reale ed economia virtuale fino al crac Lehman, 37 anni dopo. Per quanto sospeso fin dagli anni 30, il diritto di chiedere oro in cambio di dollari era stato formalmente ribadito nel 1944 con gli accordi di Bretton Woods che indicavano nella divisa americana la moneta di riserva internazionale. E tuttavia la fine della parità aurea non tolse al dollaro il suo status mondiale. Agli Usa fu quindi possibile aumentare ad libitum la massa monetaria aggregata fino a quando, nel 2006, la Federal Reserve cessò addirittura di darne notizia ai mercati. A quella svolta l’America di Richard Nixon arrivò dopo aver tentato un’azione di contrasto all’inflazione, che dall’1% degli anni 50 e 60 era risalita velocemente al 6%. Da un anno alla Casa Bianca, Nixon chiese consiglio ai capi di un certo numero di grandi imprese. Tra questi c’era Gabetti. La lettera di Nixon è datata 18 ottobre 1969, la risposta dell’allora presidente della Olivetti Underwood Corporation, 18 novembre. Il carteggio viene oggi pubblicato in un’interessante raccolta di saggi dell’Archivio storico Amma (Aziende meccaniche meccatroniche associate), curata da Pier Luigi Bassignana e intitolata La metalmeccanica torinese: continuità e trasformazione. Nixon attribuisce il caro vita all’aumento della spesa pubblica voluto dal predecessore democratico, Lyndon Johnson. Ma non cita la guerra del Vietnam, che pure pesava. Fedele al vangelo repubblicano, promette avanzo primario e politiche monetarie restrittive. Con ritiro dal Vietnam, in effetti, l’incidenza del debito pubblico detenuto dal mercato scenderà al 24-25% del Pil. Salvo poi tornare a crescere senza più posa assieme al debito delle famiglie e delle imprese, ai petrodollari e agli eurodollari. Gabetti dà una risposta che parla all’oggi: credito d’imposta a chi investe in automazione; revisione costante dei settori protetti. Incentivi fiscali dunque, ma non generici: l’automazione stabilizza i costi, aumenta la produttività, contiene i prezzi delle merci e così calmiera i salari. L’oneroso welfare aziendale, frutto delle politiche rooseveltiane che avevano unito il Paese nella Seconda guerra mondiale e nella Guerra fredda, non viene messo in discussione. Il protezionismo, non contrastato tout court, va gestito in modo dinamico per impedire che, cristallizzandosi, generi rendite di posizione. Ma il giovane manager italiano sconsiglia al potente interlocutore la scorciatoia delle politiche monetarie. Niente eccessi di zelo, sembra dire con un occhio rivolto alla società della middle class. Il Gabetti d’oggi rimpiange la logica di Bretton Woods e delle leggi bancarie degli anni 30, riscoperte da Obama: di quell’America imperiale, ma non furbastra, dove la finanza serviva l’impresa e non viceversa com’è, invece, accaduto quando gli avidi apprendisti stregoni di Wall Street hanno catturato la Casa Bianca e dintorni. Massimo Mucchetti «COSI’ NOI INCOMINCIAMO A RIDURRE LE SPESE FEDERALI» - Egregio Sig. Gabetti, a motivo delle gravi preoccupazioni riguardanti l’aumento del costo della vita, vorrei manifestarLe in dettaglio le mie idee su quanto si sta facendo e quanto si debba fare per tenere a freno l’inflazione. Il pericolo dell’inflazione è reale e la cura prescrive l’utilizzo di una medicina sgradevole, oltre che pazienza da parte di tutti e autodisciplina da parte di governo, mondo imprenditoriale e lavoratori. Il nostro governo è deciso a riportare sotto controllo l’inflazione senza imporre vincoli all’economia. Sono quattro le grandi forze che costituiscono il libero mercato: governo, impresa, forza lavoro e consumatori. Un governo gravato da un ingente debito pubblico non può scaricare le colpe per i disastri causati dall’inflazione sugli altri attori del mercato. La responsabilità dell’inflazione è da imputare alle precedenti scelte politiche del governo. Per questo motivo mi rifiuto di individuare un capro espiatorio per lenire le ansie della nazione riguardo il crescente costo della vita. Per questo motivo, inoltre, ho insistito affinché il governo metta ordine negli affari economici prima d’arruolare le altre forze del mercato nella lotta all’inflazione. Abbiamo preso decisioni difficili per imporre una tassazione aggiuntiva; per tagliare la spesa federale di oltre sette miliardi di dollari l’anno; per ridurre drasticamente gli impegni del governo federale nella costruzione di opere pubbliche; per abbinare un forte surplus di bilancio a una politica monetaria restrittiva. La politica economica si costruisce su fatti concreti, non su chiacchiere, e le nostre decisioni vanno in quella direzione. Abbiamo adottato misure impopolari per ristabilire la credibilità del governo in materia fiscale, e i nostri interventi hanno dimostrato che sappiamo mettere in pratica ciò che sosteniamo per raffreddare l’inflazione. Grazie alle nostre azioni, è palese a tutti che il nostro governo continuerà a fare ciò che è necessario in futuro per tenere a freno il costo della vita. Secondo, insisteremo su un sistema impositivo capace di generare le risorse necessarie a coprire la spesa pubblica. Non sono disposto a tollerare, per esempio, una legge fiscale che produca un bilancio irresponsabile. Terzo, contiamo di far leva sulla forza della ragione e della moderazione nel settore economico privato, in modo tale da rendere raramente necessario l’intervento del governo. Non vogliamo che il popolo americano debba mai più patire le conseguenze drammatiche di un’inflazione incontrollata — la crisi che ne consegue, con tutte le sofferenze associate a un’altissima disoccupazione. Invece, prenderemo ogni misura necessaria per costruire una solida prosperità, per quanto impopolari queste restrizioni possano apparire a breve termine. Vorrei conoscere la Sua opinione su come il settore privato e il governo possano collaborare per raffreddare l’aumento dei prezzi. In nome di questa causa — difficile da spiegare, difficile da realizzare, ma fondamentale per l’economia del nostro Paese e il progresso del nostro popolo — mi auguro di poter contare sul Suo sostegno. Richard Nixon (traduzione di Rita Baldassarre) «AUTOMAZIONE, PRODUTTIVITA’ E PROTEZIONISMO PERO’ OCULATO» - Caro Presidente, La ringrazio del privilegio che mi concede nel chiedere la mia opinione. Indubbiamente il pericolo dell’inflazione è reale, e richiede uno sforzo congiunto da parte di governo, impresa e lavoratori. Apprezzo l’interesse manifestato dal governo in questo senso, e posso assicurarLe che la Olivetti Underwood è pronta ad accollarsi le sue responsabilità come partner del governo in questo sforzo. Esistono notevoli differenze tra i fattori economici che vanno a colpire le diverse industrie. La nostra azienda, per esempio, fa parte di un’industria la quale, a causa della forte concorrenza interna, sia in patria che all’estero, sta sopportando, e non generando, crescenti costi. In altre parole, noi dobbiamo affrontare aumenti costanti del costo del lavoro, sia nel reparto manufatturiero che in quello delle vendite e dei servizi, aggravati dai diffusi aumenti nel costo delle materie prime e degli elevati interessi sui prestiti bancari. Di conseguenza, il costo dei nostri prodotti è in costante aumento, mentre i nostri prezzi alla vendita sono rimasti pressoché invariati, se non addirittura diminuiti. Pertanto ci siamo comportati da «cuscinetto», tra i costi operativi che ci vengono imposti da circostanze esterne e le esigenze dei mercati che serviamo, a scapito dei nostri margini di profitto. Non è questa una posizione che possiamo sopportare a lungo, perché un profitto ragionevole è essenziale a qualunque libera impresa. Né sarebbe auspicabile che le grandi aziende riducessero drasticamente i loro profitti, perché ciò andrebbe a erodere il loro contributo fiscale, oltre a costringerle a tagliare i programmi sociali e assistenziali che in molti casi esse hanno avviato. Nell’immediato, il primo passo da intraprendere per contrastare l’attuale calo dei profitti è quello di migliorare efficienza e produttività. Nel lungo raggio, mi sembra che l’aumento del costo del lavoro, dovuto in gran parte a una carenza di forza lavoro, ci spingerà a migliorare il nostro programma di automazione. Grazie alla produzione aggiuntiva ottenuta tramite l’incremento dell’automazione, potremmo venire incontro all’aumento di domanda, e imporre un tetto ai prezzi e, probabilmente, anche ai salari. Mi sembra inoltre auspicabile introdurre agevolazioni fiscali agli investimenti per stimolare le imprese in quella direzione. Un altro fattore entra in gioco nella nostra economia, la protezione introdotta in alcuni settori contro le importazioni estere. Sono del parere che l’elenco di tali settori dovrebbe essere costantemente aggiornato, nell’intento di favorire l’afflusso di materie prime verso gli Stati Uniti, dove andrebbe a raffreddare un’area notevolissima di prezzi inflazionati che coinvolgono un vasto ventaglio di industrie. Queste sono le aree in cui occorre intervenire da subito per ridurre l’inflazione. Tuttavia si rischia di provocare gravi danni se le misure per combattere l’inflazione dovessero rivelarsi eccessive e trascinare l’intera economia in una grave recessione. Se un’inflazione diffusa venisse improvvisamente fermata, ciò potrebbe causare problemi ben più tragici di quelli provocati da un’inflazione in atto. Raccomando estrema cautela e interventi oculati nell’introduzione di misure restrittive oltre a quelle qui menzionate, quali la politica monetaria e altri importanti strumenti di cui dispone il governo. Gianluigi Gabetti (traduzione di Rita Balsassarre)