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 2012  maggio 24 Giovedì calendario

IL CASO DELL’AVVOCATO CHE SI CANDIDA ALL’A2A PER «MERITI» POLITICI - «E

chi se ne frega!» la meravigliosa rubrica di Cuore, che infilzava le notizie più insulse pubblicate dai giornali, dovrebbe tornare in vita per i curriculum presentati dagli aspiranti dirigenti di A2A, la mega-municipalizzata lombarda. Dove il candidato vicepresidente del consiglio di sorveglianza esordisce così: sono figlio di Tizio, nipote del famosissimo Caio, ho fatto politica nel partito di Sempronio.
Tanto per spiegarlo a chi lombardo non è, la A2A è una gigantesca azienda multiservizi nata dalla fusione nel 2008 tra la storica Azienda Elettrica Municipale milanese fondata nel lontano 1910 e l’ancora più anziana «sorella» bresciana ASM nata addirittura nel 1908. Un colosso quotato in borsa. Con un capitale sociale di 1 miliardo e 629 milioni di euro, un fatturato di 6 miliardi, un margine operativo lordo di 1.040 milioni e oltre 9 mila dipendenti.
Soldi pubblici. Soldi dei cittadini. Tanto è vero che la lista dei candidati al consiglio di sorveglianza della maxi-azienda in vista dell’assemblea societaria prevista per il 29 maggio, viene comunicata alla A2A su carta intestata dei Comuni di Milano e di Brescia, con tanto di timbri municipali e di firma dei due sindaci, Giuliano Pisapia e Adriano Paroli. Il primo di sinistra, il secondo di destra.
Bene, chi dovrebbero aspettarsi i cittadini di vedere alla testa dell’organo di controllo di un pachiderma che si occupa «della produzione, vendita e distribuzione di energia elettrica; della vendita e distribuzione del gas; della produzione, distribuzione e vendita di calore tramite reti di teleriscaldamento; della gestione dei rifiuti; della gestione del ciclo idrico integrato» e maneggia miliardi e miliardi di euro? Professionisti preparati, operativi, puliti e al di sopra delle parti, direte voi. Poi, certo, è giusto che le amministrazioni municipali delineino le loro strategie di fondo dando più peso a un aspetto o all’altro a seconda delle diverse sensibilità politiche. Ma il controllo deve essere in mano a persone quanto più possibile al di sopra delle parti. O come minimo che rispettino le forme, evitando l’arroganza partitica più sfacciata.
Presidente dell’organo di controllo, su indicazione milanese, sarà Pippo Ranci Ortigosa, a lungo docente universitario alla Cattolica, già presidente dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, direttore della Florence School of Regulation presso l’Istituto universitario europeo e mai, che si sappia, con una tessera di partito in tasca. Vicino al mondo cattolico di centrosinistra, certo. Ma niente di più. Tanto che il suo curriculum ricorda un mucchio di cose scientifiche, professionali e accademiche tranne le simpatie più o meno politiche.
Il curriculum di Fausto Di Mezza, candidato alla vice-presidenza su indicazione bresciana, come denuncia indignato il radicale Marco Cappato, resterà invece indimenticabile fin dall’incipit: «Nato a Brescia il 12/11/1971, figlio dell’avvocato Amilcare Di Mezza professionista e imprenditore bresciano e di Gnutti Giuliana figlia di Cesarino Gnutti, capostipite della notissima famiglia di imprenditori della valle Trompia». Testuale.
Seguono poche righe sugli studi, la laurea, la pratica forense e qualche incarico guadagnato qua e là prima ancora di superare l’esame da avvocato, poi il diluvio. E veniamo così a sapere che «nel dicembre 1993 fonda insieme al padre il "Club Progetto" di Forza Italia», il primo in territorio bresciano che con «una sede di 800 mq arriva in poche settimane ad avere 700 iscritti». Che l’anno dopo è eletto con Forza Italia in Comune, «terzo per numero di preferenze». Che nel ’95 «a seguito del primo congresso provinciale di Forza Italia viene eletto membro della direzione provinciale del partito». Che nel ’96 viene designato come «relatore delle proposte politiche sull’ordine pubblico dell’intero Polo delle libertà». Che nel ’98 «si ricandida nelle liste di Forza Italia ed ottiene un notevole successo personale, triplicando le preferenze ottenute nel 1994 e risultando il secondo consigliere eletto per numero di preferenze di tutte le liste in competizione». Che nel ’99 «viene eletto capogruppo di Forza Italia al Comune di Brescia».
In via così, di incarico in incarico. Non una pubblicazione scientifica. Non una citazione su una rivista straniera. Non una medaglia professionale. Niente di niente. Tutta roba di partito. E ad ogni tappa verrebbe da ripetere la battuta di Cuore: e chi se ne frega! Nel 2002 viene «nominato dalla segreteria regionale commissario cittadino del partito»? Chi se ne frega! Nel 2003 «si candida nelle liste di Forza Italia come capolista ottenendo un successo personale importante…»? Chi se ne frega! Nel 2004 è «eletto all’unanimità dal consiglio comunale di Brescia vicepresidente della commissione statuto del Comune». Chi se ne frega! Provi a presentarla in America, in Germania, in Francia, Gran Bretagna, una lista di «meriti» come questa.
Ma scusate, perché queste cose dovrebbero offrire ai cittadini, anche quelli che non lo hanno votato mai, qualche garanzia sul fatto che l’avvocato Di Mezza possa essere un buon vicepresidente dell’organo di controllo di una municipalizzata che muove miliardi? Perché dovrebbero questi «meriti» rasserenare gli azionisti di una società quotata in borsa? Vale per lui e varrebbe per chiunque presentasse un curriculum simile, comunista o missino, leghista o socialista, bianco, rosso, verde, giallo o blu.
E torniamo al tema sollevato più volte da questo giornale: basta con le nomine ai vertici delle società pubbliche di persone che vantano come unica «professionalità» l’appartenenza a questo o quel partito. Quale che sia. Basta. Li cerchino sul mercato, gli uomini che servono a far funzionare le aziende che appartengono ai cittadini e agli azionisti, con bandi pubblici europei. Gente che porti curriculum vitae di spessore. Che abbia studiato. Fatto esperienze all’estero. Gestito fabbriche e uffici.
O almeno, se vogliono continuare a fare le nomine così, abbiano il pudore di smetterla di chiedere curriculum di tale fatta.
Gian Antonio Stella