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 2012  maggio 24 Giovedì calendario

IRAN, ULTIME CHANCE PER UN’INTESA

Prima del vertice sul nucleare iraniano una tempesta di sabbia evocativa ha avvolto Baghdad con un velo impenetrabile dai toni gialli e arancione che ricordavano l’attacco atomico di "The Day After", un fenomeno naturale raro nella capitale irachena che ospita il negoziato tra la Repubblica islamica e il Cinque più Uno (il Consiglio di Sicurezza Onu più la Germania). Le trattative, che si concludono oggi, sono forse una delle ultime chance per allontanare la minaccia di un attacco di Israele a Teheran: il fatto che avvengano a Baghdad è altamente simbolico degli eventi fatali che hanno sconvolto il Medio Oriente e che in futuro potrebbero investire la regione.
L’Aiea, l’Agenzia atomica internazionale, soddisfatta di avere appena ottenuto dall’Iran l’accesso ai siti sospettati di attività nucleari segrete, ha mostrato un certo ottimismo. Più prudenti i protagonisti del negoziato. Il Cinque più Uno chiede che l’Iran sospenda l’arricchimento dell’uranio, anche a scopo civile, fino al 20% e l’attuazione di precise misure di controllo in cambio di un alleggerimento di alcune sanzioni sull’export di petrolio. Una proposta già criticata ieri dai mass media iraniani.
Secondo l’Unione europea, che bloccherà tutte le importazioni di greggio iraniano dal 1° luglio, l’embargo ha indotto Teheran a fare sul serio. Di concreto ci sono il calo della produzione (tre milioni di barili al giorno), le difficoltà dell’Iran ad assicurare le petroliere dirette sui mercati asiatici e per il momento ancorate nel Golfo, oltre al blocco delle transazioni finanziarie per l’espulsione dei suoi istituti di credito dalla Swift, la società delle telecomunicazioni interbancarie mondiali.
Teheran replica al Cinque più Uno con una contro-proposta in cinque punti. Di questo piano si può anticipare che l’Iran ha tracciato la sua "linea rossa": non rinuncia al diritto, anche nominale, di arricchire l’uranio sul suo territorio, come previsto dal Trattato di non proliferazione (Tnp). Potrebbe accettare una limitazione al 3% invece che al 20%, soglia più vicina all’atomica. Un nodo assai complicato da sciogliere: gli ayatollah hanno fatto del nucleare una bandiera dell’orgoglio nazionale trasversale agli schieramenti interni, e intendono comunque salvare la faccia.
Scomoda anche la posizione degli Stati Uniti. L’amministrazione di Barack Obama è accusata dal rivale elettorale Mitt Romney di non essere abbastanza dura con Teheran, ma soprattutto deve contenere Israele che pretende dall’Iran una rinuncia totale al nucleare, di qualunque tipo. Dalla mobilitazione anti-iraniana il premier Benjamin Netanyahu ha già ottenuto un dividendo politico, imbarcando nel Governo il partito Kadima, e un altro a livello diplomatico non trascurabile: la questione degli insediamenti dei coloni in Cisgiordania e il negoziato con i palestinesi sono stati quasi completamente oscurati nell’agenda internazionale.
In questo vertice anche i simboli sono interessanti, quasi quanto il negoziato. È stato l’Iran a chiedere ospitalità a Baghdad, che in aprile aveva organizzato il vertice della Lega Araba. L’Iraq oggi fa parte di quella mezzaluna sciita, dall’Iran al Libano, che si contrappone all’arco sunnita predominante.
Per gli Stati Uniti, dopo il ritiro dei marines, questo summit presenta aspetti carichi di significato. Invasero l’Iraq nel 2003 alla ricerca di armi di distruzione di massa che non trovarono mai, e proprio qui tentano di bloccare un’atomica per il momento soltanto virtuale. A Baghdad, dove i conflitti settari sono tutt’altro che finiti, si decide della pace e della guerra, degli equilibri in Medio Oriente: quasi un paradosso per quella che un tempo era la capitale di Saddam, la più isolata e "perduta" del mondo arabo.