Paola Bottelli, Il Sole 24 Ore 24/5/2012, 24 maggio 2012
«CON 643 MILIONI IN CASSA SONO SOLIDO E NON VENDO»
«Il futuro dell’Italia preoccupa tutti. Ho fiducia nelle azioni del Governo Monti e nella capacità degli italiani di agire e reinventarsi. Ma bisogna incentivare i giovani a esprimere la propria libera iniziativa». Giorgio Armani archivia «un ottimo 2011» con ricavi in crescita del 13,6% a 1,8 miliardi e l’Ebit a +23,2% a 282 milioni. In cassa ha 643 milioni: «Sono indipendente e solido. Dunque resisto alle lusinghe della cessione, che certo non mancano». • «Il futuro dell’Italia, e non solo, preoccupa tutti. Il momento è veramente delicato. Ho fiducia nelle azioni intraprese dal Governo Monti, e ancor di più ho fiducia nelle capacità degli italiani di agire e reinventarsi. Per natura preferisco l’azione: stare troppo ad analizzare rischia di paralizzarci. Per prima cosa bisogna incentivare i giovani a esprimere la propria libera iniziativa, inventare e inventarsi. Credo fortemente nell’imprenditoria giovanile e penso vada sostenuta».
Giorgio Armani, tradizionale T-shirt blu con pantaloni di tela in tinta, è seduto nella lounge dell’Armani Hotel di via Manzoni con vista sulle guglie del Duomo. E,mentre beve acqua naturale, parla a tutto campo con Il Sole 24 Ore del brillante bilancio 2011 e delle strategie.
Signor Armani, ricavi in crescita del 13,6% a 1,804 miliardi, Ebit +23,2% a 281,8 milioni, liquidità netta balzata addirittura a 643 milioni rispetto ai precedenti 604 dopo investimenti per 89...
Archiviamo un ottimo 2011, contraddistinto da risultati molto positivi e in ulteriore miglioramento rispetto ai già elevati livelli di crescita del 2010. Nel primo trimestre 2012, poi, i ricavi aumentano a doppia cifra sia nel wholesale sia nel retail. Il modello di business si basa sulla segmentazione e la diversificazione dei marchi: questo ci consente di rispondere il più rapidamente possibile alle evoluzioni del mercato e di riuscire a rivolgere la nostra attenzione a una clientela variegata, che si propone con diverse possibilità di acquisto.
Un lavoro impegnativo...
È una diversificazione costruita nel tempo, coerente: non si tratta semplicemente di cambiare un’etichetta su una serie di prodotti, bensì di dare un posizionamento di stile, immagine, qualità, distinto e appropriato a ognuna delle marche in portafoglio. Il nostro segreto risieda nella precisa visione estetica che si riflette con coerenza nei brand.
Nel 2011 siete cresciuti in tutti i mercati?
Sì, anche in Europa, nonostante le difficoltà della congiuntura anche per il lusso. Fortunatamente, grazie al solido modello di business e alla distribuzione qualificata, il mio gruppo è riuscito a reagire alle difficoltà che ne sono derivate: per questo i conti 2011 assumono un rilievo ancora maggiore.
La redditività è passata al 15,6% dei ricavi netti rispetto al precedente 14,4. Ci sono ulteriori spazi di miglioramento, anche se proprio la segmentazione dalle fasce più giovani al top di gamma può influenzare questo risultato rispetto alla media del settore lusso?
La crescita dei margini è frutto di una capacità creativa e di appeal del marchio, e non può prescindere da una strategia industriale chiara e consolidata, pianificata e realizzata grazie al contributo di tutti i processi decisionali, dalla produzione al marketing e alla comunicazione. L’obiettivo è interpretare efficacemente il cambiamento nei gusti di tutte le nostre fasce di clientela: se il cliente è soddisfatto, valore aggiunto e redditività aumentano. Però...
Però...
Mi lasci dire che la nostra missione non è semplicemente quella di "misurarci" rispetto alla media di settore per valutare i nostri risultati in un contesto sempre più competitivo e globalizzato. Quel che ci interessa è gestire in modo efficace l’intera filiera per migliorare sempre di più i contenuti creativi e qualitativi del prodotto, senza riversare il conseguente incremento di costi sul consumatore che è, giustamente, sempre più attento al rapporto qualità-prezzo.
Il cash è stratosferico. Se fosse quotato avrebbe sul collo il fiato degli azionisti per investire questa montagna di denaro: così è libero di fare come vuole. Sono tanti soldi...
Ho sempre associato una buona liquidità di cassa con indipendenza e solidità. Il vantaggio sta nel poter rimediare a situazioni impreviste, o nel poter cogliere opportunità importanti, senza chiedere niente a nessuno, senza condizionamenti. Il fatto che la liquidità netta si sia attestata a un livello record testimonia che la mia azienda possiede un’invidiabile solidità patrimoniale e finanziaria, oltre alla capacità di gestire con cura e attenzione il credito. E il tutto continuando a credere negli investimenti.
Infatti avete utilizzato 89 milioni in larga parte all’espansione del retail diretto, che l’anno scorso ha realizzato un aumento dei ricavi del 10%. Qual è il suo obiettivo in termini di numero di negozi nel mondo? Gli sviluppi maggiori saranno in Asia?
Continuerà il forte sviluppo nei mercati asiatici e in particolare in Cina, dove il ritorno in termini di crescita dei ricavi si è rivelato estremamente significativo: +45%. Ma stiamo per espandere la nostra presenza in Brasile senza dimenticare i mercati tradizionali, come gli Stati Uniti dove è prevista una forte spinta di Emporio Armani, oltre a quella degli accessori, con i brand Emporio e Giorgio, come del resto sta avvenendo in tutto il mondo.
La prossima settimana sfilerà per la prima volta a Pechino: quale obiettivo si pone?
Sono stato tra i primi o forse il primo designer occidentale a intuire il potenziale di questo mercato: ho aperto il primo negozio Giorgio Armani a Pechino nel 1998, ben prima del boom economico. I giovani hanno accolto con grande entusiasmo Emporio Armani, la nostra linea più giovane e di tendenza. Anche la linea Giorgio Armani però continua a dare ottimi risultati. Il mercato cinese è vasto e articolato, pronto a ricevere il messaggio Armani in tutte le declinazioni.
Scusi, la domanda finale è sempre la stessa: a luglio compirà 78 anni. Quale sarà il futuro dell’azienda? Anche lei finirà per cedere alle lusinghe di un colosso francese? Negli ultimi tempi si parla nuovamente de l’Oréal, suo partner nel lucroso business del beauty.
Il futuro di un’azienda dipende dalla capacità di rispondere alle esigenze di un mondo che cambia e il gruppo Armani ha questa capacità nel suo Dna. Oggi non opero da solo: ogni proposta continua a essere vagliata dal sottoscritto con l’ausilio di un ristretto nucleo di collaboratori, dopo di che le decisioni prese ritornano sul piano operativo ad altri collaboratori che ne garantiscono un corretto sviluppo. Sono coinvolto in prima persona quindi in tutte le decisioni, di stile e non.
Quindi?
Al momento, se è questo quel che vuole sapere, resisto alle lusinghe, che certo non mancano ma che non mi tentano.