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 2012  maggio 22 Martedì calendario

Un elettore su due non vota: ecco la vera rivolta anticasta - È un crepaccio nel ventre del po­tere

Un elettore su due non vota: ecco la vera rivolta anticasta - È un crepaccio nel ventre del po­tere. Quel cinquantuno e passa per cento di elettori che ha scelto il non voto non sono più un pugno di invi­sibili. Non sono menefreghisti, semplici disillusi, gente che è anda­ta al mare sfidando la pioggia. Non sono neppure qualunquisti, quelli di solito per rabbia o insofferenza ingrossano la massa di chi sbandie­ra l’antipolitica. Non è una zona grigia e non ser­ve scomodare Bartleby, lo scriva­no di Melville che a ogni richiesta ri­spondeva con un «preferirei di no». Quel cinquantuno per cento sta inviando un messaggio chiaro a tutta la classe politica italiana. Non ci rappresentate. È un urlo di dele­gittimazione. Molti sono di destra. Parecchi liberali. Alcuni di sinistra. Altri guardano simboli, nomi e vo­ci e semplicemente non si ricono­scono. E c’è chi da anni ha smesso di votare in attesa di meglio. Sotto­valutarli è miope. Sotto questo non voto non c’è un ripudio della politi­ca. È qualcosa di più sottile e intelli­gente. C’è l’idea che la politica da troppo tempo sta rinnegando il suo ruolo.Non piace l’orgia delle al­leanze tanto al chilo. Non si fidano di una classe dirigente che non sa immaginare un futuro. Non chie­dono una palla di vetro, ma che al­meno ci sia una strada, un proget­to, non solo queste chiacchiere sul­le riforme, che da oltre vent’anni so­no urgenti e necessarie ma aborti­scono puntualmente per il mal di pancia di una minoranza. Qui c’è la destra che sognava di uscire dal Novecento e la sinistra che è stanca di capi e capetti prigio­nieri di Vendola o di Di Pietro. È il le­ghista che piange per la debolezza di Bossi e non si fida di Maroni. È la rivolta bianca di chi non pensa che un «vaffa» ti cambi la vita. Qui ci so­no tutti quelli che considerano una fuga vigliacca affidare a un manipo­lo di t­ecnici la responsabilità politi­ca su come si esce dalla crisi. A che serve votare se i governi li sceglie Napolitano? È quello di cui Alfano sta prendendo atto. «Questi eletto­ri non hanno scelto e non sceglie­ranno la sinistra. Il loro messaggio è fortissimo: chiedono una nuova offerta politica». Solo che il tempo sta scadendo. Ne resta poco. Non lo sa Bersani, che dice: «L’astensione? Non mi preoccu­pa. È nella media Ue». Certo, solo che in Italia è una novità. E forse è da orbi non accorgersi che a Paler­mo (39,7% votanti) e a Genova (39,08%) il redivivo Orlando e il no­bile Doria sono i sindaci di una mi­noranza. Bersani tutto questo fin­ge di non saperlo. E come un bam­bino isterico batte i piedi, ripeten­do: «Abbiamo vinto. Vinto. E Grillo non ci ruberà la vittoria». No, non è Grillo il grande segnale. Non guar­date solo a Parma. È tutto intorno ai palazzi che qualcosa sta cam­biando. Ha ragione il cardinale Ba­gnasco, che ai vescovi dice: «Le astensioni, le schede bianche, le schede nulle sono un messaggio da prendere sul serio». Grillo brilla per assenza di concorrenti, ma molti italiani sospettano che sia un fuoco fatuo. La fiammella che se­gnala la morte e putrefazione di unaclassepolitica, economica, cul­turale che non sa più rinnovarsi. È come se le élite italiane si fossero chiuse per troppo tempo all’inter­no di una roccaforte, con porte e fi­nestre sbarrate. Nei sistemi che funzionano c’è uno scambio tra esterni e interni, tra chi sale e chi scende. Qui in Italia ha vinto l’im­mobilismo. Il risultato è che ad ar­rampicarsi sulle mura della citta­della sono arrivati i grillini, urlan­do con cappio e forconi. Ma non sa­ranno loro i veri protagonisti. Nep­pure Grillo sa parlare al futuro. Noi siamo qui, come nel roman­zo di Saramago, come in Saggio sul­la lucidità . Qui, in un Paese senza nome, in una città qualsiasi, duran­te normali elezioni amministrati­ve, accade qualcosa di inaspettato. Il 70 per cento degli elettori sceglie scheda bianca. È un atto senza scos­se, ma che fa cadere tutto, perché la risposta dei partiti è ottusa e reazio­naria. Intanto in questa terra senza nome dilaga un’epidemia di ceci­tà. Non chiamatela (ancora) Italia.