PAOLO MASTROLILLI, La Stampa 24/5/2012, 24 maggio 2012
E negli Usa è boom dell’auto - Se l’economia americana andasse tutta come il settore dell’auto, la crisi sarebbe solo un lontano ricordo, e il presidente Obama viaggerebbe tranquillo verso la rielezione
E negli Usa è boom dell’auto - Se l’economia americana andasse tutta come il settore dell’auto, la crisi sarebbe solo un lontano ricordo, e il presidente Obama viaggerebbe tranquillo verso la rielezione. Questo si capisce leggendo la prima pagina del giornale «Usa Today», che ieri dedicava l’apertura al boom dell’industria di Detroit. Secondo i dati pubblicati da Ihs Automotive, la domanda sta tornando rapidamente ai livelli precedenti al collasso del 2008. L’anno scorso il settore ha venduto 12,8 milioni di macchine, ma secondo le stime per il 2012 il totale salirà a 14,3 milioni. Di questo passo, nei prossimi dodici mesi ci si può aspettare di tornare a sfiorare la quota di 16 milioni di veicoli, come negli anni di massima espansione. L’effetto è generalizzato, e si capisce dai provvedimenti che molte case stanno prendendo per fare fronte alla veloce ripresa della domanda. «Usa Today» cita la portavoce della Ford Marcey Evans, che dice: «Stiamo costruendo più macchine che possiamo. Abbiamo molte fabbriche che stanno lavorando alla massima capacità». La Chrysler sta pensando di ridurre l’abituale periodo di chiusura annuale, che in genere riguardava due settimane a luglio. La fabbrica di Detroit che costruisce le Jeep Gran Cherokee fa già lo straordinario cinque giorni alla settimana e parecchi sabati. «Questo spiega la portavoce Jodi Tinson - significa più soldi nelle tasche degli operai, ma anche più fatica». Perciò la Chrysler sta assumendo 1.100 persone per coprire un terzo turno di lavoro. L’azienda sta assumendo anche 1.800 lavoratori all’impianto di Belvidere, in Illinois, per fare la nuova Dodge Dart ed aggiungere il terzo turno. La Volkswagen ha preso 800 operai per la fabbrica di Chattanooga, in Tennessee, per tenerla aperta venti ore al giorno, sei giorni a settimana. La Toyota vuole assumere oltre 1.000 persone in cinque impianti, e la Hyundai ha aggiunto un terzo turno con 877 lavoratori a Montgomery, in Alabama. Le aziende, in sostanza, non vogliono ripetere gli errori del passato, aprendo nuovi stabilimenti che potrebbero diventare un peso insostenibile in caso di una riduzione della domanda. Perciò stanno aumentando la produzione in quelli esistenti, assumendo migliaia di operai. La ripresa nel settore dell’auto è stata favorita rispetto agli altri da un parco circolante vecchio: in media oltre 8 anni, che significano alti costi. Sul piano industriale, le ristrutturazioni compiute dalle aziende e gli aiuti offerti dallo stato hanno evitato la bancarotta, consentendo il rilancio. Ora il mercato premia queste mosse, a cui si sta aggiungendo l’uscita di nuovi modelli attraenti. La speranza è che l’industria aumobilistica stia facendo da apripista, per una ripresa della domanda che rilanci anche gli altri campi colpiti dalla crisi, a partire da quello edilizio. Visto che siamo in un anno elettorale, dietro c’è inevitabilmente un aspetto politico. Obama ha favorito gli aiuti che hanno evitato il fallimento delle compagnie di Detroit, e ora incassa i dividendi, nonostante Mitt Romney stia cercando di correggere il tiro e far dimenticare la sua opposizione a questi interventi statali. Alle elezioni di novembre il Michigan sembra destinato a restare nella colonna del presidente, che dovrebbe trarre vantaggi dalla ripresa dell’auto anche in Illinois e Ohio. Questo però potrebbe non bastare, per restare alla Casa Bianca. Obama ha bisogno che la ripresa e l’occupazione si rafforzino a livello nazionale, nonostante i guai dell’Europa, e forse sta già guardando alle lezioni dell’industria automobilistica applicabili al resto dell’economia.