PAOLO MASTROLILLI, La Stampa 23/5/2012, 23 maggio 2012
I falsi “made in China” sbarcano al Pentagono - I prodotti cinesi «taroccati» sono così diffusi e ben fatti, che sono finiti anche negli aerei e in altri mezzi delle forze armate americane
I falsi “made in China” sbarcano al Pentagono - I prodotti cinesi «taroccati» sono così diffusi e ben fatti, che sono finiti anche negli aerei e in altri mezzi delle forze armate americane. Lo ha scoperto, con una certa vergogna, il Senate Committee on Armed Services, che magari adesso suggerirà un’alleanza planetaria con Disney, Gucci e Microsoft per debellare il fenomeno. La Commissione presieduta dai senatori Carl Levin e John McCain ha studiato per mesi il problema, ed è arrivata alla conclusione che ci sono stati almeno 1.800 casi in cui prodotti falsificati nella Repubblica Popolare sono arrivati nei magazzini militari americani. In totale si tratta di oltre un milione di componenti elettronici ad altissima tecnologia, che sono stati inavvertitamente montati anche sugli elicotteri delle forze speciali. Per capirsi, può darsi che gli strumenti per la visione notturna usati dai Seals nel raid contro Osama bin Laden fossero Made in China. Di sicuro, secondo il rapporto pubblicato dalla Commissione, piccole parti molto sofisticate che compongono radio, Gps, e altri strumenti fondamentali, sono state montate sugli elicotteri della US Navy SH-60B, sui cargo C-130J e C-27J, e sugli aerei P-8A Poseidon. Un fatto imbarazzante sul piano politico ed economico, ma anche pericoloso su quello della sicurezza, perché queste componenti sono essenziali per il buon funzionamento degli apparecchi, e un guasto potrebbe costare la vita a parecchi uomini, oltre a rovinare qualche missione. Immaginate solo se i Seals non avessero trovato la strada di Abbottabad, perché un pezzetto Made in China che era stato montato sulla loro strumentazione Gps aveva smesso di funzionare. Le ragioni di questo occhio nero sono principalmente due: l’enorme diffusione della contraffazione, e gli scarsi controlli compiuti dai contractors. Il fenomeno è rampante in Cina, ma esiste anche in altri paesi, tanto che Gran Bretagna e Canada sono risultati al secondo posto dopo la Repubblica Popolare come fornitori di parti «taroccate». I pezzi finti poi finiscono nelle armi americane perché i contractors, impegnati soprattutto a risparmiare, non fanno controlli adeguati, e il Pentagono non si preoccupa di andare a verificare fino in fondo la qualità dei materiali ricevuti. Lo stesso Senate Committee on Armed Services, del resto, ha chiesto varie volte a Pechino il permesso di fare un’inchiesta, ma è stato bloccato. Si tratta di un grande giro d’affari, stimato in circa 7,5 miliardi di dollari all’anno, che costa anche 11.000 posti di lavoro agli americani. Per anni le aziende più disparate, da quelle del lusso a quelle digitali, hanno cercato di combattere questo fenomeno: ora avranno anche il Pentagono dalla loro parte, per provare a fermarlo.