Andrea Scarpa, Vanity Fair 30/5/2012, 30 maggio 2012
Forse sarà perché da un «americano» come lui – ha lavorato 20 anni alla Cnn – ci si aspettava un giornalismo più incalzante e meno «gentile», o forse perché – da perfetto sconosciuto – nel 2009 ha avuto la spregiudicatezza di prendere il posto di Enrico Mentana
Forse sarà perché da un «americano» come lui – ha lavorato 20 anni alla Cnn – ci si aspettava un giornalismo più incalzante e meno «gentile», o forse perché – da perfetto sconosciuto – nel 2009 ha avuto la spregiudicatezza di prendere il posto di Enrico Mentana. Forse. Di sicuro c’è che Alessio Vinci, da quando guida Matrix – il trisettimanale di approfondimento giornalistico di Canale 5 –, è spesso bersaglio di critiche, anche se i risultati, in termini di ascolto, alla fine gli danno (quasi) sempre ragione. Il 30 maggio chiude l’edizione 2011/2012 del suo programma. Per parlarne l’abbiamo incontrato a Roma, a pranzo, in un albergo del centro. Alto, sorridente, (un po’) sospettoso, Vinci a tavola si trattiene, ma si capisce da come si guarda intorno che se il video non ingrassasse già di suo, mangerebbe per tre. Gira la voce che a Salvo Sottile, reduce dal successo di Quarto grado su Rete 4, piacerebbe tanto fare Matrix... «Ho sentito anch’io. Ma sono tranquillo: si dicono cose del genere da quando sono arrivato, tre anni e mezzo fa, e da allora sono sempre al mio posto. Sto già organizzando la prossima stagione, puntando sull’interazione con il Web». Quindi l’azienda l’ha riconfermata? «Certo. Mediaset vuole Matrix così come lo faccio io. Anche quest’anno, nonostante il calo generale, gli ascolti sono andati bene. Riguardo a Salvo, io e lui siamo diversi per carattere ed esperienza, credo che potrebbe fare Matrix soltanto se l’azienda decidesse di cambiare indirizzo editoriale. Cosa che, al momento, non mi sembra in discussione». Per Mediaset lei è un professionista fedele o leale? «Credo leale. E c’è sicuramente chi mi vuole più bene e chi meno». Chi le vuole meno bene? «Lavorando a Roma, e non facendo vita aziendale, con tante persone non ho rapporti. Non ho clan né padrini. Dell’azienda all’inizio sentivo spesso Mauro Crippa (direttore di tutta l’informazione Mediaset, ndr), adesso solo un paio di volte al mese. Non c’è più necessità, credo». Evidentemente si fida. «Mi chiede solo chi sono gli ospiti politici. Quando c’è stato Formigoni mi ha detto: “Mi raccomando”. Niente più». Marco Travaglio la chiama «Alecco Vinci», Dagospia «Cat-Alessio», altri dicono che lei è moscio e servile: perché? «Sono arrivato a Mediaset, al posto di Mentana, senza essere conosciuto, in un momento caldissimo della guerra fra berlusconiani e antiberlusconiani. Forse qualcuno si aspettava che mandassi a quel paese Pier Silvio, ma non credo che ribellarsi al proprio editore sia il modo migliore di essere un giornalista libero. Io provo a esserlo con il mio lavoro, sempre. Anche se so di aver fatto una cazzata». Provo a indovinare: quando ha detto che Berlusconi portava la luce nella notte più buia degli ultimi 400 anni? «Sì. Nel presentarlo mi sono espresso male. Ho fatto circa 400 puntate di Matrix senza errori e se devo passare per servile perché ho fatto un’introduzione sbagliata, non ci sto. E non voglio nemmeno giustificarmi. Non volevo dire quello che ho detto, stop (era la puntata del 21 dicembre. Le parole esatte furono: «Pensate che oggi è stato il giorno più buio degli ultimi 400 anni. Una strana coincidenza astrale fra il solstizio d’inverno e un’eclissi di Luna ha fatto sì che oggi era il giorno più buio. A portare un po’ di luce qua, nello studio di Matrix, una persona che è capace di attirare però la luce dei riflettori e non solo quelli televisivi, quindi soprattutto della politica: Silvio Berlusconi», ndr). E poi, ogni volta che ho detto qualcosa che poteva essere interpretato a favore di Berlusconi, in azienda sono stato molto criticato. Io dovevo, e devo, essere quello fuori dai soliti giochi». Appunto. Ci si aspettava un giornalista ex Cnn meno «sensibile» con i politici. «Da Milosevic al ceceno Basayev ho intervistato chiunque, sempre con rispetto. Io faccio domande, non giudico, non ho preconcetti. Anche con un folle come Hitler avrei fatto così. Il mio modo di fare giornalismo, che può anche non piacere, è questo. Non lo cambio». È vero che non parla con Mentana da quando è arrivato a Matrix? «Sì. Noi eravamo amici più che colleghi, e in questi anni siamo stati entrambi molto impegnati ad avere successo nei rispettivi campi. Sono sicuro che riparleremo». Se Pier Silvio le chiedesse di guidare il Tg4 che cosa farebbe? Giovanni Toti, che ha preso il posto di Fede all’improvviso, dirige anche Studio Aperto. «Mi dispiacerebbe lasciare Matrix, che con me deve ancora esprimere tutto il suo potenziale. Per capirci, vorrei fare ancora tante puntate con Mario Monti che dice che il posto fisso è noioso». A proposito, il contratto con Mediaset fino a quando la farà divertire? «Ho un contratto da vicedirettore a tempo indeterminato». Vuol dire che ha un «noioso posto fisso»? «Credo che l’azienda me l’abbia fatto per motivi pratici. Comunque non ho paura del mercato: sono stato per vent’anni con contratti che scadevano ogni due anni». In America non è un problema dirlo: quanto guadagna? «Molto bene, ma non dico quanto. In America chi ha successo viene visto bene, qui non tanto». Per caso ha raccomandato la sua compagna, Juliet Linley, madre dei suoi due figli, per farle avere il blog sul Corriere della Sera? «No. L’ha fatto Beppe Severgnini, che conosco da tempo». Non avete litigato? «L’ha fatto prima. Nel gennaio 2011, durante una puntata sulla libertà di stampa, se n’è andato senza motivo. Ci sono rimasto male. Avrebbe potuto dire qualsiasi cosa, ha preferito il gesto plateale». Se Mediaset le offrisse di contrastare L’Arena di Massimo Giletti, in onda domenica pomeriggio su Raiuno? «Per convincermi a lasciare Matrix dovrebbero insistere tanto, ma le offerte di lavoro si valutano tutte. Non sarei qui se non lo pensassi. Certo, la domenica in famiglia per me è sacra». Se si facessero vivi da La7? «Sarebbe divertente trovarsi a lavorare con Mentana, non credo che metterebbe un veto su di me». Si definirebbe più coraggioso o incosciente? «Totalmente incosciente. Adoro i salti nel buio. Mio padre (Enrico Vinci, ex segretario generale del Parlamento Europeo di Strasburgo, ndr) in Europa poteva farmi fare qualsiasi cosa perché era molto potente, eppure me ne sono andato in America. Poi a Mosca, senza conoscere il russo, a Berlino, Belgrado. E adesso a Roma, non avendo mai vissuto in Italia». È più difficile muoversi in uno scenario di guerra, in giro per il mondo, o in Italia? «Qui, senza dubbio. In una zona di guerra dopo aver preso una decisione si vede subito quello che succede, in Italia può tornarti addosso qualsiasi cosa, da qualsiasi parte. È tutto più imprevedibile». Quando ha fatto la puntata sui giovani e l’alcol è andato in onda dopo aver bevuto mezza bottiglia di vino. Quando l’ha fatta sullo sballo, si è fatto una canna? «Mai fumato una sigaretta in vita mia. E non mi sono mai drogato, tranne una volta a Mosca, dove anni fa provai un po’ di lsd, ma non mi fece effetto». E quando ha fatto la puntata sulle escort, come si è regolato? «Con le donne sono sempre stato fortunato. Non ho mai speso un soldo». Va a votare? «No. In Italia l’ho fatto soltanto una volta per mio padre, che si presentò per l’Ulivo e non fu eletto. Non mi sento rappresentato da nessuno». Se Berlusconi padre le chiedesse di scendere in campo? «Amo troppo il mio mestiere, non se ne parla. E poi, per fare politica, ci vuole buona stampa. Io, finora, non l’ho avuta».