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 2012  maggio 18 Venerdì calendario

Una Versailles per lo Zar Putin – «Grazie al nostro lavoro la Russia è risorta ed è tornata a essere una grande nazione», ha detto Vladimir Putin nel discorso d’insediamento per il suo terzo mandato al Cremlino

Una Versailles per lo Zar Putin – «Grazie al nostro lavoro la Russia è risorta ed è tornata a essere una grande nazione», ha detto Vladimir Putin nel discorso d’insediamento per il suo terzo mandato al Cremlino. E non ha molta rilevanza, in questa sede, verificare quanto il concetto corrisponda alla realtà e quanto sia wishful thinking. Più importante è cogliervi al volo un tratto essenziale della psicologia e della visione del leader russo. Sicuramente autoritario, teorico e pratico di una “democrazia controllata” e dunque limitata, ma soprattutto deciso e impegnato a fare, o rifare, della Russia un Paese forte e rispettato nel mondo. Facciamo un salto indietro di tre secoli. Una volta completata la più folle e magnifica ossessione mai concepita da un sovrano, la costruzione dal nulla di San Pietroburgo, Pietro il Grande si rese subito conto che la nuova capitale non era ancora la porta spalancata sull’Europa che lui agognava per la sua Russia. Inaccessibile alle grandi navi, l’immenso ed elegante monumento di granito sulla Neva non aveva un ingresso degno della sua studiata grandeur. Mercanzie e viaggiatori, dignitari e ambasciatori sbarcavano a Kronstadt e affrontavano poi i 50 chilometri di una tratta scomoda, paludosa e poco accogliente. Fedele alla sua megalomania, il sovrano ebbe l’idea di costruirsi una reggia estiva, una nuova Versailles, a metà strada tra l’approdo e San Pietroburgo. Da Pietro a Vladimir c’è una storia nazionale drammatica e apocalittica. Ma l’idea di un Paese in perenne ricerca della sua legittima grandezza è probabilmente il filo rosso che lega tra loro il grande e il piccolo Zar. Cosa c’entri questa lunga e forse ardita premessa con le splendide foto qui pubblicate, è presto detto. Fu proprio su Strelna, ridente località sul fiume omonimo tra Kronstadt e la città sulla Neva, che nel 1714 caddero gli occhi del Romanov per realizzare il suo chateau d’acqua estivo. E anche se poi rimase soltanto un simulacro (lo Zar cambiò località, scegliendo Peterfhof) e per un secolo fu solo un modesto padiglione di caccia, fu lui, Pietro I, a radicarvi il genius loci degli sfarzi futuri. Lo stesso genio che, dopo lunghi decenni di incurie e rovina, Putin è tornato a svegliare, per recitare lui questa volta nel ruolo del sovrano megalomane e visionario. Dai primi anni del Terzo Millennio, il Palazzo di Costantino è la residenza ufficiale, dove il governo della Federazione russa accoglie i capi di Stato e i dignitari stranieri, ospita vertici e riunioni dell’agenda internazionale, riceve grandi imprenditori e ospiti di riguardo. Fu qui, nel luglio del 2006, sotto presidenza russa, che i leader del G8 alternarono serrate discussioni sullo stato del mondo a lunghe passeggiate negli oltre 200 ettari del parco che lo circonda, intersecato da canali, abbellito da fontane, statue e giardini all’italiana. George W. Bush, Jacques Chirac, Tony Blair, il nostro Romano Prodi e le rispettive consorti furono accomodati nel cosiddetto villaggio degli ambasciatori, 20 imponenti palazzine neoclassiche tutte uguali, a due piani con la vista rivolta al mare, situate a diverse centinaia di metri dall’edificio principale. «Tutti i capi di Stato e di governo furono trattati allo stesso modo, questo fu il nostro concetto», spiega Valentina Tolmacheva, direttrice del complesso, che in tempi normali è un polo alberghiero a quattro stelle aperto al pubblico. La rinascita. E come Pietro il Grande per costruire San Pietroburgo aveva fatto ricorso al lavoro dei sudditi per non rovinare il bilancio statale, così Vladimir Vladimirovich per far rinascere il palazzo di Costantino ha chiesto agli oligarchi della nuova Russia, che lui ha fatto arricchire, di aprire i loro forzieri. «Sostanzialmente ha detto loro: fate una buona azione e partecipate al restauro del patrimonio nazionale», spiega la storica Marina Nikolaeva, che difende la scelta di aver fatto rinascere un “luogo vivo” invece di “restaurare un museo”. Una lunga costruzione. Museo in verità il palazzo di Strelna non lo è mai stato. Abbandonati prima da Pietro e poi anche da sua figlia Elisabetta i progetti originari di Jean Baptiste Le Blond, di Nicolò Michetti e di Bartolomeo Rastrelli, l’edificio rimase incompleto per quasi tutto il Settecento, quando poi venne assegnato al Granduca Constantin Pavlovich (secondo figlio dello Zar Paolo I) e a sua moglie, la Granduchessa Anna Fedorovna, zia della Regina Vittoria. Nonostante un grande incendio ne ritardasse i lavori di costruzione, il palazzo, a quel punto ribattezzato di Costantino, venne completato nel 1807 secondo i piani di due architetti, il russo Andrei Voronikhin e l’italiano Luigi Rusca. Il ramo Constantinovich dei Romanov ne ebbe la proprietà fino alla Rivoluzione d’Ottobre del 1917. Come per molti altri capolavori zaristi, gli anni sovietici furono quelli dell’uso sociale: comune di lavoro, pensionato della Scuola della Marina, Istituto degli Studi Artici. Venne occupato dai nazisti durante l’assedio di Leningrado e nel corso dell’operazione Barbarossa il canale servì perfino da attracco e rifugio per alcune unità della X Mas italiana. Dalla guerra, la reggia uscì quasi completamente distrutta per le bombe e gli incendi. E il restauro delle vecchie dimore aristocratiche non era certo nelle priorità del regime sovietico. Nel 1990, alla vigilia del crollo dell’Urss, del palazzo di Costantino non restavano che i muri. Dodici anni dopo, la porta sull’Europa sognata da Pietro il Grande è diventata la porta aperta sul mondo da Vladimir Putin, che a San Pietroburgo ha le sue radici, sia quelle personali sia quelle del suo potere. La frase pronunciata allora dal neo-presidente, appena succeduto a Boris Eltsin? «Il palazzo di Costantino è il simbolo della rinascita della Russia». Non si può negare a Putin una forte coerenza di visione. Le stanze del G8. La visita al palazzo, previ sistematici e accurati controlli di sicurezza, racconta di una ricostruzione sontuosa, a tratti pesante, spesso iniziata da zero, che in molte sale ha rispettato i piani originari di Le Blond. Altrove, le necessità della nuova funzione di centro per vertici, congressi e riunioni internazionali hanno imposto di modernizzare e attrezzare i luoghi con le più moderne tecnologie. C’è perfino un padiglione riservato per i negoziati, separato da un canale dall’edificio principale, dove si tengono le sedute più delicate: fu a quel tavolo, sormontato da una pesantissima rotonda sorretta da dieci colonne di malachite, che il G8 tenne le sue sessioni ristrette, quelle a cui partecipano solo i leader e i loro interpreti. Ma il vero gioiello custodito ed esposto nel palazzo di Costantino è la collezione di Mstislav Rostropovich e Galina Vishnevskaya, acquistata in blocco nel 2007 dall’oligarca uzbeko Alicher Usmanov e offerta allo Stato: novecento pezzi dell’arte russa dal Seicento al Novecento, una straordinaria cornucopia di disegni, incisioni, dipinti, vasi, gioielli e arazzi, raccolti amorevolmente dalla coppia di artisti esuli, che anche in questo modo placava la nostalgia della patria lontana. Ed è forse questo il miglior simbolo di una grandezza, quella della cultura russa, che nessuno può e vuole mettere in dubbio. Paolo Valentino