Giovanni Caprara, Sette 18/5/2012, 18 maggio 2012
Questa luce può lasciarci al buio – Chissà se è stato il cielo polare ad accendere la fantasia delle leggende nordiche
Questa luce può lasciarci al buio – Chissà se è stato il cielo polare ad accendere la fantasia delle leggende nordiche. Colori tenui e violenti solcano il buio notturno nel settentrione della Norvegia, della Svezia o della Finlandia. Accade in questi mesi e ancor di più in quelli che verranno perché lo spettacolo delle aurore boreali dipende dal Sole. Lunghe pennellate verde intenso, azzurre, rosse: sembrano giganteschi vessilli agitati da invisibili sbandieratori celesti. Solcano rapidi il buio e si imprimono nella memoria generando emozioni con le quali poche manifestazioni della natura riescono a rivaleggiare. Perché sono avvolte da un alone misterioso nonostante la scienza ci spieghi che cosa succede lassù scatenando le incredibili feste dei colori. Tutto dipende dal vento solare, un fiume di radiazioni e particelle atomiche (elettroni e protoni, soprattutto) scagliate dal Sole nel cosmo. È un flusso impetuoso che investe la Terra alla velocità di centinaia e migliaia di chilometri al secondo, a seconda dei momenti. E il fiume cosmico quando arriva nelle vicinanze del nostro pianeta lambisce quell’impercettibile (ai nostri occhi) scudo delle fasce di Van Allen, un doppio scudo magnetico che intrappola e blocca le particelle impedendo loro di raggiungere la superficie. Grazie a questa protezione naturale la Terra ha offerto un ambiente rigoglioso nel quale la vita potesse nascere e prosperare. Il vento solare con le sue radiazioni e le minuscole particelle sarebbe altrimenti dannoso, ma in questo modo il suo scorrere viene deviato nello spazio, lontano dai nostri orizzonti. Però sopra le zone polari, tanto a Nord come a Sud, le fasce che circondano il globo come due possenti cinture si assottigliano lungo le linee del campo magnetico diventando in quelle regioni più deboli e creando una sorta di imbuto. È qui che elettroni e protoni precipitano in un vortice continuo scontrandosi con gli atomi dell’alta atmosfera cedendo loro un po’ dell’energia che li anima. Ma se ne liberano presto perché l’eccitazione di conseguenza subita è innaturale e devono riconquistare la normale stabilità. Proprio dalla liberazione si sprigionano luce e colore; cioè le aurore boreali al Nord e australi al Sud, sopra l’Antartide. Il culmine sarà l’anno prossimo. Lo spettacolo è assicurato in questo periodo perché il Sole è sempre più “agitato” nei suoi cicli di attività che si ripetono ogni undici anni circa. Ora stiamo andando verso il momento di massima virulenza che si raggiungerà nella seconda metà dell’anno venturo. Poi, lentamente, comincerà ad acquietarsi. Siamo nel pieno del 24mo ciclo, da quando se ne tiene conto in maniera scientifica. Era iniziato in modo molto calmo, con un pizzico di ritardo sul previsto immaginato (che non si può prevedere) tanto da far gridare a qualche scienziato allarmista che il Sole si stava raffreddando. Appena ripresosi, qualche altra voce meno scientifica ne ha subito approfittato suggerendo che sarebbe stata proprio una violenta tempesta solare a materializzare la profezia Maya della fine del mondo entro l’anno. L’equilibrio è talvolta una conquista difficile. Comunque sia, quella fornace nucleare che è il Sole negli attuali periodi ribolle più intensamente. Sulla sua superficie appaiono più di frequente grandi macchie estese anche 50 mila chilometri, provocate da una variazione del campo magnetico e che appaiono più scure rispetto alle zone circostanti perché la loro temperatura è più bassa di circa 1.500 gradi. Il fenomeno è accompagnato da brillamenti, delle vere eruzioni solari che scagliano nello spazio quei fiumi di radiazioni e particelle di cui abbiamo appena raccontato. Cellulari e computer a rischio. Il guaio è che quando giungono sul nostro pianeta azzurro scatenano delle tempeste magnetiche in grado di creare diversi tipi di problemi. Assieme, inoltre, anche quando il vento è meno impetuoso e meno rischioso, riescono a innescare le straordinarie aurore. Se le eruzioni solari sono violente preoccupano sempre di più perché il nostro mondo ipertecnologico è diventato anche più vulnerabile. Nel marzo scorso proprio uno di questi fenomeni ha accecato i sensori della sonda spaziale VenusExpress dell’Esa europea intorno a Venere. E nelle ore seguenti, mentre le aurore nordiche si infittivano, si segnalavano anomalie in alcune zone dei continenti sia alle reti elettriche che alle trasmissioni radio. La tempesta magnetica aveva colpito. La questione è ormai diventata così seria da spingere il governo britannico a istituire una commissione di esperti per farsi suggerire i rimedi da adottare per evitare blackout ai sistemi informatici e alle reti di telecomunicazioni mobili causando danni economici che potrebbero essere rilevanti. Significativi interessi, inoltre, esprimono le assicurazioni, considerando opportunità prima inesistenti. Il fascino delle aurore boreali ha tracce lontane nella storia. Ne hanno raccontato vari secoli prima di Cristo persino Ippocrate e Aristotele che nel suo Meteorologica le battezza “capre saltanti”. Nel Medioevo, immancabilmente, si era diffusa in Europa la credenza che le aurore fossero messaggi di sventura e quando si dipingevano di rosso preannunciavano guerre sanguinose. I Lapponi per esorcizzare le “vendette” delle luci celesti cantavano: “L’aurora boreale tremola, tremola martello nella gamba, corteccia di betulla nella mano”. Il martello simboleggiava la vendetta degli angeli quando qualcuno mancava di rispetto a Dio mentre le cortecce servivano a incenerire i profanatori. Ma anche più di recente c’è stato chi ha associato al fenomeno persino lo scoppio della seconda guerra mondiale. Tuttavia, il segno più profondo per le cronache e gli scienziati lo ha lasciato la tempesta solare più tremenda mai registrata. Il 1° settembre 1859 l’astronomo britannico Richard Carrington osservava sulla superficie dell’astro macchie tanto grandi da essere viste a occhio nudo. Calato il buio, il cielo dell’emisfero Nord si accese di luci e colori così luminosi da poter leggere il giornale in piena notte. E le aurore si diffusero in spazi tanto estesi da essere viste fino a Panama. Oltre i ricordi, lo spettacolo continua. Giovanni Caprara