Maurizio Ricci, la Repubblica 23/5/2012, 23 maggio 2012
Le capacità tecnologiche crescono in fretta. Per alcuni troppo. Fanno aumentare produzioni e benessere
Le capacità tecnologiche crescono in fretta. Per alcuni troppo. Fanno aumentare produzioni e benessere. Ma anche le disuguaglianze sociali – Stampanti a tre dimensioni, in grado di fabbricare oggetti su misura. Nanomateriali. Macchine che si aggiustano da sole. Migliaia di robot sulle catene di assemblaggio degli iPad. Tutto gestito da software sempre più sofisticati. La fabbrica del futuro è alle porte. Gli esperti dicono che è la terza rivoluzione industriale, paragonabile per importanza alla macchina a vapore, poi l´elettricità, infine la meccanizzazione dell´agricoltura. Dal fondo della crisi economica in cui ci troviamo, queste notizie epocali non sono quelle di cui sentiamo il bisogno. Tuttavia, di fronte all´alba di un´era nuova, può starci un brivido di eccitazione. Accompagnato, però, da una domanda inquietante: quando verrà il nuovo giorno, noi, esattamente, che lavoro faremo? «Una spettacolare prova del centravanti Lorenzo Dalpià ha portato la Moglianese ad una rotonda vittoria per 3 a 0 sulla Santantonio, in una partita cruciale per la promozione. Dalpià ha segnato due gol, uno con un potente sinistro, l´altro di testa nel primo tempo, mettendo a segno anche un rigore nella ripresa. La difesa della Moglianese ha barcollato a lungo sotto gli attacchi della Santantonio, ma il portiere Renzoni, in almeno cinque occasioni, ha impedito agli avversari di andare a segno. Al resto ha pensato Dalpià, regalando alla Moglianese una vittoria che mancava da tre domeniche». La prosa non è cristallina, ma raramente lo è, nelle pagine interne dei giornali sportivi. Il punto è che, a scriverlo, non è stato un annoiato, vecchio cronista e neanche un ragazzino alle prime armi. Il testo (o, meglio, il suo originale, riferito ad una intraducibile partita di baseball fra università) è stato redatto da un computer, sulla sola base delle statistiche della partita. Se, come è probabile, il futuro professionale di alcune migliaia di giornalisti interessa poco, si può andare, invece, sul sito online di H&M, una catena svedese di grandi magazzini. La ragazza che appare in foto ha spalle ben modellate, un sorriso intrigante, ventre piatto, cosce ben tornite e, nell´insieme, fa fare bella figura al bikini che reclamizza. Sarebbe bello sapere come si chiama e qual è il suo numero di telefono. Be´, è inutile chiederselo. La ragazza, non solo non rischia l´anoressia, ma non ha neanche un nome o un telefono. È una modella virtuale, disegnata al computer. Però, con una buona laurea, tanti saluti al computer, no? In realtà, dipende. Nel 1978, per una causa antitrust, uno studio legale americano esaminò 6 milioni di documenti, al costo di 2,2 milioni di dollari, come corrispettivo del lavoro di decine di avvocati. Nel 2010, in una causa analoga, la Blackstone Discovery ha esaminato 1,5 milioni di documenti, per un costo di 100 mila dollari. Via computer, naturalmente, e tanti saluti agli avvocati. Prima i robot hanno sostituito gli operai alle catene di montaggio, poi l´informatica ha eliminato commessi, fattorini, centraliniste, contabili. Adesso, la rivoluzione del computer sta risalendo, sempre più velocemente, la scala delle competenze. Brian Arthur, un guru della tecnologia, definisce la rete di rapporti fra macchine che sperimentiamo sempre di più ogni giorno - dal check-in in aeroporto al bancomat - la "seconda economia" e prevede che, prima di vent´anni, avrà dimensioni paragonabili all´economia reale. In realtà, dicono Eric Brynjolfsson e Anfrew McAfee, due ricercatori del Mit di Boston, rischia di mangiarsela. Nei primi dieci anni di questo secolo, l´economia americana non ha aggiunto neanche un posto di lavoro in più al numero totale già esistente: era successo solo dopo il 1929. La crisi del 2008, spiegano in un e-book, Race Against The Machine, ci aiuta a capire perché. La ripresa dell´occupazione dopo la recessione non è mai stata, nella storia recente americana, così lenta. Contemporaneamente, già nel 2010, gli investimenti delle aziende in macchinari erano tornati quasi ai livelli pre-crisi, la ripresa più rapida in una generazione. Le imprese, negli ultimi mesi, hanno smesso di licenziare, ma assumono poco. Prendono macchine, non persone. Dietro l´incancrenirsi della disoccupazione, in altre parole, secondo Brynjolfsson e McAfee, c´è, accanto alla componente ciclica della recessione, un elemento strutturale: troppa tecnologia, troppo in fretta. Le capacità e le potenzialità dell´informatica stanno crescendo, sotto i nostri occhi, a velocità supersonica e non smettono di accelerare, fino a superare, nel giro di mesi, barriere che sembravano, ancora cinque-sei anni fa, insormontabili. Nel 2004, nel deserto del Mojave, in California, fu organizzata una corsa per macchine senza guidatore. Obiettivo, percorrere 150 miglia attraverso un deserto desolato. La macchina vincitrice non arrivò a otto miglia e ci mise anche svariate ore. Solo sei anni dopo, nel 2010, Google poteva annunciare di aver fatto partire una pattuglia di Toyota Prius, che avevano percorso 1000 miglia, su strade normali, senza alcun intervento da parte del guidatore. Un´impresa resa possibile dall´analisi della montagna di dati di Google StreetView e di Google Maps e dal riscontro degli input da video e radar, tutto processato da un apposito software all´interno della vettura. Le macchine di Google, sottolineano i due ricercatori del Mit, dimostravano che il computer poteva superare la barriera del "riconoscimento degli schemi", ovvero era capace di reagire ad una situazione esterna in costante mutamento, come il traffico, e priva di regole prefissate. Anche un´altra barriera, quella della "comunicazione complessa" è stata superata. Geofluent è un software, realizzato in collaborazione con l´Ibm, che consente ai clienti, in una chat di supporto per prodotti dell´elettronica, di interagire con l´operatore, ognuno nella propria lingua. «Come faccio a far partire la stampante?» chiede, in cinese, il cliente cinese. «Così» gli risponde, in inglese, l´operatore dalla sua stanza di Boston. Geofluent traduce avanti e indietro. Quando l´avranno collegata anche al riconoscimento vocale potremo salutare perfino l´ultima ridotta dei disoccupati disperati: il call center. Sul suo blog, Econfuture, Martin Ford, un imprenditore di Silicon Valley, calcola che almeno 50 milioni di posti di lavoro, circa il 40 per cento del totale dell´impiego Usa, possano essere sostituiti, in un modo o nell´altro, dall´informatica. Brynjolfsson e McAfee ritengono che, in gran parte, questo avverrà nei prossimi dieci anni. Non è la prima volta che l´umanità affronta sconvolgimenti simili. La prima rivoluzione industriale gettò per la strada una massa di lavoratori tessili, sostituiti dalle macchine. Un secolo dopo, l´arrivo dei trattori fece la stessa cosa per milioni di braccianti e contadini. In tutt´e due i casi, l´aumento di produttività dovuto alla meccanizzazione rilanciò l´economia e i disoccupati trovarono nuovo lavoro altrove. Ma adesso? I luddisti - bande di lavoratori che sfasciavano le macchine che stavano togliendo loro il salario - sono da sempre oggetto di scherno, da parte degli economisti. Ora, però, anche un giornale ultraliberale come l´Economist, ha dei dubbi. «I luddisti avevano torto perché le macchine erano strumenti che aumentavano la produttività e gran parte dei lavoratori poteva passare a gestire proprio quelle macchine. Ma che succede se le macchine stesse diventano i lavoratori? A questo punto, l´errore luddita sembra molto meno errato». Il boom dell´informatizzazione favorirà i settori industriali direttamente coinvolti (un elemento di qualche interesse per l´Italia, che ha una buona industria di robotica). Ma la massa dei lavoratori normali, che non né la vocazione, né la possibilità, di trasformarsi in ingegnere informatico? Brynjolfsson e McAfee sottolineano che l´aumento di produttività della terza rivoluzione industriale aumenterà i beni prodotti e il benessere complessivo della società. Ma nessuna legge economica, osservano, prevede che questi benefici siano equamente ripartiti. Il processo in corso favorirà sproporzionatamente i detentori di capitale (cioè delle macchine) ai danni della (ex) forza lavoro, cioè i salariati, innescando un drammatico aggravamento delle diseguaglianze, che, probabilmente, è già in corso. Con un paradosso, indica Ford. La produttività aumenta vertiginosamente, ma i consumi molto più lentamente. Anzi, si ridurranno, se i salariati si ritroveranno senza salario. Chi consumerà tutti questi beni, prodotti in misura sempre maggiore e in modo sempre più efficiente? La terza rivoluzione industriale, secondo gli autori di Race Against The Machine, sta arrivando troppo in fretta, perché la società abbia il tempo di adeguarsi e riorganizzarsi. I braccianti, cacciati nel primo ‘900, dai trattori, andarono a lavorare nelle fabbriche. Ma le fabbriche della terza rivoluzione industriale sono occupate da robot e computer e lo sono, anche, gran parte degli uffici. L´ex contabile, la mancata modella, il giornalista o l´avvocato silurato non possono andare tutti, in massa, a programmare Google Maps o a disegnare nuovi chip. «Sarebbe - dice Ford - come pensare che tutti i braccianti potessero essere riassunti a guidare trattori. Non funziona».