Morya Longo, Il Sole 24 Ore 23/5/2012, 23 maggio 2012
QUEL NODO GRECO CHE NESSUNO VUOLE SCIOGLIERE - I
vertici europei discutono (con fatica) degli Eurobond. Dibattono sui project-bond. Lavorano per creare un fondo europeo che garantisca i depositi bancari. E questo, in attesa del vertice di Bruxelles, fa respirare le Borse. Quello che però colpisce è che di affrontare il problema numero uno in Europa, cioè la Grecia, si parla sempre meno. Eppure, guardando i numeri del bilancio di Atene, si scopre che basterebbe un piccolo sacrificio comune per alleviare le sofferenze del popolo ellenico e per rendere l’emergenza europea un po’ meno pressante: basterebbe un sacrificio infinitesimale rispetto a quello da oltre 2mila miliardi di euro sopportato da tutti gli Stati europei quando hanno salvato le banche, per disinnescare la mina greca e lavorare con più tempo alle grandi riforme
dell’Unione europea.
Sono i numeri a dimostrarlo. La pesante austerità in Grecia ha infatti già migliorato in maniera significativa il bilancio dello Stato. Il deficit primario, cioè al netto della spesa per interessi, è sceso dal 9,3% al 2,4% nel 2011 (stima della Commissione Ue). Dunque è nettamente migliorato. Il problema, però, è la spesa per interessi, che grava sui conti di Atene per un ammontare pari al 6,9% del Pil. Insomma: il bilancio dello Stato si sarebbe rimesso in parte in carreggiata, se il fardello del debito non lo zavorrasse oltre ogni sostenibilità.
Qui veniamo al punto. Il debito pubblico della Grecia è attualmente pari a 329,7 miliardi di euro, equivalente al 162,6% del Pil (stima di Rbs sul 2012). Solo una minima parte di questo debito è ormai in mano a investitori privati, perché questi hanno già rinunciato al 70% dei loro crediti verso la Grecia. Il grosso del debito è invece nei confronti degli Stati europei, del Fondo Monetario e della Bce che detiene bond greci: in totale si tratta di 220,8 miliardi di euro sui 329,7 totali. Ebbene: basterebbe che il settore pubblico rinunciasse agli interessi (bassi quest’anno ma in crescita nei prossimi), per liberare in Grecia importanti risorse in grado di aiutare l’economia e di ridurre il collasso sociale. Se si rinunciasse anche a una piccola parte del capitale, l’alleggerimento sarebbe anche maggiore. La Germania ha investito ben 620 miliardi di euro per sostenere le sue banche negli ultimi anni, per cui il sacrificio greco sarebbe infinitesimale rispetto a questa cifra.
Eppure nessuno ha mai preso in considerazione questa ipotesi. Neanche ora che la Grecia è sull’orlo di un crack che causerebbe in Europa un’onda d’urto potenzialmente disastrosa (c’è chi stima in mille miliardi di euro i possibili danni). Non sarebbe il caso di rinunciare a qualcosa subito, per salvare mille miliardi in futuro? Nessuno ipotizza neppure un’eventualità del genere. La trattativa tra i vertici europei è sulla creazione di una corazza più forte in Europa: sugli Eurobond, sui project bond, sulla garanzia dei depositi, sui fondi salva-Stati. Le Borse sperano (vedremo nei prossimi giorni se a torto o ragione) che questa sia la volta buona. Ma qualche passo nella direzione di Atene, in attesa degli Eurobond, non guasterebbe certo.