Sergio Rizzo, Corriere della Sera 22/05/2012, 22 maggio 2012
LA SOLIDARIETA’ NON E’ QUESTIONE DI POLIZZE
Si dice che gli italiani diano il meglio di sé nei momenti più tragici. Verissimo. Succede sempre in occasione delle calamità naturali e sta accadendo anche adesso dopo il terremoto che ha messo in ginocchio l’Emilia. Ma oggi la solidarietà è un valore che va ben oltre le pure necessità dell’emergenza. È il cemento di un Paese fiaccato dalla più terribile crisi economica del dopoguerra nel quale la classe politica tradizionale, incapace di dare risposte, si sta sgretolando. Uno dei pochi valori che ancora tiene. Se perdiamo anche quello, allora stiamo freschi.
Per questo non può non far discutere la norma infilata nel decreto sulla Protezione civile secondo cui, sintetizza il senatore dell’Italia dei Valori Stefano Pedica, «in caso di catastrofi naturali non sarà più lo Stato a pagare i danni ai cittadini, ma a ricostruire l’edificio crollato o danneggiato sarà lo stesso proprietario o l’assicurazione». Intendiamoci: il problema esiste, eccome. Non è un caso che da almeno dieci anni venga proposto, senza che tuttavia questa norma sia mai stata approvata, l’obbligo di assicurare gli immobili contro le calamità. E hanno ragione i senatori Ecodem Roberto Della Seta e Francesco Ferrante a chiedere che «si facciano scelte razionali e non demagogiche». Ma ogni ragionamento non può far venire meno il principio che quando un terremoto, com’è accaduto domenica, sconvolge un pezzo d’Italia, tutti noi ce ne dobbiamo fare carico: costi quel che costi. Naturalmente, se siamo convinti che questo sia un Paese e non un posto dove le persone si ritrovano casualmente una vicina all’altra e ognuno si fa i fatti propri. Perché quello è un problema nazionale e non soltanto di chi abita a Finale Emilia. E ridurlo a una semplice questione di polizze (che cosa capita a chi si ritrova la casa distrutta e non ha pagato la rata?) non è il modo giusto di risolverlo.
Sappiamo che anche quando paga lo Stato, purtroppo, non sempre le cose vanno lisce. Spesso lo slancio umano che si produce nelle fasi dell’emergenza finisce soffocato dagli squallidi appetiti affaristici oppure svanisce nell’indolenza della ricostruzione. La lezione del centro storico dell’Aquila, dove il tempo si è fermato alle 3 e 32 del 6 aprile 2009, si commenta da sé. Ma contro rischi del genere non esiste in commercio alcuna garanzia assicurativa.
Sergio Rizzo