Fabrizio Numi, il Fatto Quotidiano 22/5/2012, 22 maggio 2012
TUTTA EUROPA APPESA A WOLFGANG SCHÄUBLE
Sarà Wolfgang Schäuble il nuovo “mistero euro”? Due anni dopo i problemi di salute che l’avevano bloccato a letto per settimane, sollevando a Berlino interrogativi sulla sua permanenza al governo, il ministro delle Finanze tedesco non è solo diventato il perno insostituibile di un esecutivo Merkel fin troppo rissoso, bensì potrebbe salire anche alla guida dell’Eurogruppo. Molto dipende dalla volontà di Jean-Claude Juncker di andarsene per davvero. Nonostante il suo addio già annunciato, infatti, il premier lussemburghese potrebbe ripensarci. Se così non fosse in pole position ci sarebbe proprio l’uomo che, nella sua carriera politica, iniziata nel 1972 con l’ingresso – a soli 30 anni – al Bundestag, ha alternato prestigiosi incarichi (è stato tra l’altro per due volte ministro degli Interni, capogruppo e poi presidente della Cdu), vertiginose cadute (lo scandalo dei fondi neri Cdu spazzò via anche lui, assieme a Kohl), tragici eventi (l’attentato del 1990 per mano di uno squilibrato che lo costrinse sulla sedia a rotelle) fino a brucianti sconfitte (nel 2004 era in lizza per diventare presidente della Repubblica ma la Merkel gli preferì Horst Köhler).
L’Europa è davanti a un dilemma. Sulla carta non sembrano esserci molte alternative al democristiano tedesco. Nel profilo ideale tracciato dalla Germania il presidente dell’Eurogruppo dovrebbe arrivare da un Paese con la tripla A. E sulla piazza non ce ne sono rimasti molti. Per di più Schäuble è l’europeista per eccellenza nel governo Merkel: la scorsa settimana gli è stato conferito ad Aquisgrana il prestigioso premio Carlo Magno per i suoi meriti europei, già assegnato in passato a personalità del calibro di Adenauer, Churchill, Monnet o Ciampi. Il problema: Schäuble incarna una politica basata in primo luogo sul rigore fiscale. E questo non da oggi: nel febbraio 2009, in un discorso tenuto alla London School of Economics quando era ancora ministro degli Interni, avvertì che il più grande rischio era che i bilanci statali potessero finire fuori controllo. Oggi tuttavia in Europa il fronte della ferrea disciplina di bilancio si sta sgretolando, come dimostra il caso dell’Olanda, e Schäuble viene visto come il portavoce di una linea che rischia di aggravare la recessione. I suoi tentativi di correggere la rotta sono evidenti. Nei giorni scorsi aveva riflettuto più volte ad alta voce su un’uscita di Atene dall’euro; “vogliamo che la Grecia resti nell’Eurozona” ha detto invece ieri, dopo un incontro a Berlino col suo omologo francese Pierre Moscovici, aprendo inoltre ai project bond (sugli eurobond, invece, resta secco il no di Berlino) e chiarendo che la Germania vuole contribuire a ridurre gli squilibri in Europa. Il suo nome, però, continua a incontrare resistenze a Parigi. È vero che Moscovici ha smentito le indiscrezioni dello Spiegel secondo cui Francois Hollande si sarebbe schierato contro un tedesco alla guida dell’Eurogruppo e si sarebbe detto pronto ad accettare Schäuble solo se lascerà l’incarico di ministro delle Finanze. Non c’è un veto personale contro Schäuble, ha detto Moscovici. Contro Schäuble no, ma contro un tedesco come “mister euro”?
Persino a Berlino c’è chi nutre dubbi sulla sua “promozione”. Il capo dell’Eurogruppo deve infatti trovare una sintesi tra posizioni diverse, per cui i tedeschi temono che alla fine Schäuble sarà costretto a perenni concessioni ai danni proprio degli interessi della Germania. Ma soprattutto: fino a che punto è in grado di mediare? Schäuble è ostinato, di una testardaggine che a volte può sfociare nella collera. Secondo lo Spie-gel a fine marzo, a margine di una riunione a Copenaghen, il commissario agli Affari economici e monetari Olli Rehn venne accolto da Schäuble con un “Sei pazzo?”, perché aveva proposto di rafforzare il fondo salva-Stati. Il ministro tedesco avrebbe criticato Rehn a tal punto che nello scontro si sarebbe inserito il presidente della Bce Mario Draghi: “Wolfgang, adesso è troppo”.