Federico De Rosa, Corriere della Sera 21/05/21012, 22 maggio 2012
FACEBOOK ORA SI TRASFORMA IN BORSA
La sfida alla Corporate America non l’ha ancora vinta. È vero che il posto nell’Olimpo dei supericchi è già un bel traguardo per Mark Zuckerberg. Ma quell’andare su e giù nel giorno del debutto sul listino ha dato un pretesto a chi guarda ancora Facebook dal basso in alto, ricordando i fasti, e le macerie, del 2000, quando la prima ondata degli enfant prodige della New Economy venne inghiottita dal buco nero della bolla, insieme a miliardi di dollari dei risparmiatori. Avranno tempo per ricredersi.
Intanto Zuckerberg è pronto a fare il bis con una nuova scommessa. Dopo aver fatto scoprire Facebook a Wall Street vuole fare il percorso inverso portando i 900 milioni di utenti del social network nel cuore del capitalismo. Tra poche settimane accanto al tasto «like» ce ne sarà un altro che con un semplice clic permetterà di comprare e vendere azioni delle società americane, le quali a loro volta potranno utilizzare la fanpage di Facebook per collocare i propri titoli in Ipo ai risparmiatori-utenti. Si chiama «Loyal3» ed è una piattaforma di trading che dall’inizio di giugno sarà incorporata nelle pagine del social network come una normale applicazione.
In mano a Zuckerberg può diventare un cavallo di Troia insidiosissimo. L’applicazione è pensata per chi di solito non investe in Borsa. Certo, visti i tempi, il debutto su Facebook magari non porterà a un’impennata degli utilizzatori. Però Loyal3 è senza dubbio una finestra su Wall Street che scatenerà grande curiosità. Una porta girevole — più che una finestra — in grado di portare gli utenti del social network a diretto contatto con le società più note come Coca Cola, Walt Disney, General Motors o Bank of America. Di farli dialogare direttamente con i manager utilizzando le finestre di Facebook o comprare azioni delle start-up più promettenti. Ma anche di scambiarsi tra «consoci» pareri, consigli e critiche sulle aziende, senza filtri e censure, usando Facebook come cassa di risonanza. All’inverso, i grandi brand della Corporate America potranno sbirciare nella vita dei propri azionisti-clienti per carpirne abitudini, tendenze, interessi.
Visto così sembra studiato più per gli addetti alla customer reputation delle aziende che per i risparmiatori. Ma la portata di democratizzazione del mercato, almeno quella potenziale, è indubbia se si considera che oggi almeno l’80% degli americani non ha mai comprato un’azione. Loyal3 guarda proprio in questa direzione. Si potranno addirittura comprare frazioni di azioni, se non si hanno abbastanza dollari per acquistarne una intera. Caso non raro se si pensa ai titoli dei brand più noti tra gli utenti dei social network. Un ragazzino di 16 o 17 anni potrebbe avere qualche difficoltà a spendere in un colpo solo 600 dollari per comprare un’azione di Google o più di 200 dollari per Amazon.
Ora con Zuckerberg potrà farlo investendo anche 10 o 20 dollari. Nessuno potrà però superare i 2.500 dollari al mese. E così la speculazione è tagliata fuori. Per tenere lontani gli avvoltoi a caccia di nascondigli sicuri da cui speculare, Loyal3 avrà dei precisi orari per negoziare: se l’ordine viene immesso dopo le 14.30 la compravendita avviene il giorno dopo, aumentando così il rischio sopratutto in tempi come questi in cui avventurarsi in Borsa è un po’ come salire sulle montagne russe. Ovviamente non si pagano fee, commissioni, e dunque anche investire 10 dollari è conveniente se si risparmia il costo del broker.
Parlare di concorrenza a Wall Street, tuttavia, sembra non solo prematuro ma anche azzardato, sebbene la storia insegna che nessuno può dormire sonni tranquilli se dal giorno alla notte due signori come Larry Page e Sergey Brin riescono a mettere su Google le più grandi biblioteche del mondo a disposizione di chiunque voglia dare uno sguardo. Il gusto di Internet è proprio disintermediare. E Facebook lo vuole fare con le azioni, tagliando fuori i broker. Resta tuttavia un dubbio: se Zuckerberg vuole davvero rendere più democratica Wall Street, perché mai ha preferito pagare oltre 170 milioni di dollari a Morgan Stanley, Jp Morgan e Goldman Sachs per collocare azioni Facebook sul mercato, quando aveva in casa 900 milioni di potenziali compratori e l’applicazione per vendergliele da solo a costo zero?
Federico De Rosa