Antonio Carioti, Corriere della Sera 21/05/2012, 21 maggio 2012
E IN TV RISPUNTA LA PROFEZIA MAYA: «AVEVANO PREVISTO TUTTO»
Ci mancava solo la profezia dei Maya. Ne ha parlato al Tg1 Red Ronnie, noto presentatore residente non lontano dall’epicentro del terremoto che ha colpito l’Emilia. Sembra che eventi cosmici di grande rilievo siano fissati al 20 maggio 2012 nella mitologia del popolo più misterioso dell’America precolombiana. E che dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, ma anche da noi, qualcuno ricolleghi quella profezia al sisma che ha messo a soqquadro una fetta di Pianura padana. Anche a voler considerare rilevanti le leggende dei Maya, la questione appare piuttosto oscura. Red Ronnie, nella sua sortita, ha parlato di complessi fattori astrali dei quali peraltro precisa di non essere esperto. Altrove si legge che per i Maya «il 20 maggio 2012 è la data del ritorno nella Piramide di Chichen Itza del Quetzalcoatl», il «serpente piumato» che era la principale divinità di molti culti precolombiani, in particolare degli Aztechi: i Maya invece lo chiamavano Kukulkàn. Pare anche che gli stessi Maya parlassero del 20 maggio 2012 come della data del «Ritorno degli Dei». Difficile capire come queste rispettabili leggende di popoli lontani possano essere collegate a un evento sismico. Di certo la passione che molti mostrano per tali tematiche esotiche appare il sintomo di un clima dominato dalla paura e dall’incertezza, peraltro comprensibilissime, nel quale qualsiasi diceria acquista facilmente credibilità. Si è parlato fino alla nausea del grande cambiamento, forse addirittura la fine del mondo, che dovrebbe realizzarsi il 21 dicembre 2012, secondo un’altra presunta profezia dei soliti Maya. E non importa che gli studiosi di quella civiltà del Centro America ne smentiscano l’autenticità. Ormai la voce ha preso piede e qualsiasi avvenimento negativo che si verifichi quest’anno — anche un terremoto tragico, ma perfettamente spiegabile senza ricorrere a influenze magiche — finisce per apparire come l’antipasto dell’apocalisse imminente (mancherebbero solo sette mesi). Forse è inevitabile che una società sprofondata nel tunnel della crisi, da cui al momento non s’intravede una via d’uscita, divenga particolarmente incline a ogni tipo di superstizione o di credenza paranormale. Tanto più quando ai problemi economici si sommano i disastri naturali, senza contare il ritorno della violenza più cieca. Ma è significativo che, oggi come oggi, a furoreggiare non siano tanto le profezie di matrice europea (tipo le sentenze sui Papi di san Malachia di Armagh o le quartine di Nostradamus), ma quelle più arcane provenienti dalle civiltà indigene dell’America Centrale. Anche questo, in fondo, è un portato della globalizzazione.
Antonio Carioti