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 2012  maggio 21 Lunedì calendario

IMMIGRATI «SPINTI» AL RITORNO A CASA

L’immigrazione tira il freno. Dopo anni di escalation, code di stranieri in fila per giorni davanti alle poste e poi in gara davanti a un pc per conquistarsi con un click più veloce un permesso regolare nelle varie sanatorie, l’appeal dell’Italia perde un po’ di forza. E, in controtendenza rispetto all’allarme sbarchi dal Nordafrica lanciato in questi giorni, tra gli stranieri già qui fa capolino il reflusso e si affaccia l’idea del ritorno in Patria o la scelta di un altro Paese con più chance economiche.
Dieci immigrati su cento, interrogati dall’Ismu, dichiarano l’intenzione di trasferirsi dall’Italia entro 12 mesi e il campione-base è tanto più significativo perché riguarda la popolazione residente in Lombardia che è non solo la regione più ricca ma anche quella che - da sola - fa 1,2 milioni di stranieri, più di un quinto del totale. Un potenziale - certo, a livello di intenzioni - nazionale di rientri da 150mila persone.
Più uomini che donne (13 contro 8 su cento), spinti all’idea dalla scarsità di lavoro o di lavoro regolare: l’identikit di chi vuol andarsene delinea dipendenti in mobilità, persone con attività saltuarie, in cerca di lavoro e senza lavoro. Come si vede dal grafico qui a destra, tra le categorie spiccano gli operai agricoli e generici, gli edili, ma anche artigiani, addetti ai trasporti e le categorie dell’"aiuto in famiglia". E persino tra le prostitute si fa largo l’idea del controesodo.
È vero che nel tempo sia il numero complessivo sia il lavoro degli immigrati sono costantemente saliti, ma la crisi economica persistente mantiene quattro stranieri su dieci sotto il livello di povertà mentre i disoccupati sono aumentati (si veda «Il Sole 24 Ore» del 20 febbraio e del 9 gennaio), e così la cattiva congiuntura ha fermato di fatto l’emanazione dei decreti flussi.
L’ultimo è stato quello del 2010 per 100mila posti. Poi solo stagionali, ed è di giovedì scorso l’annuncio del ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, che anche nel 2012 sarà ben difficile andare oltre. «Un nuovo decreto flussi? – ha affermato – Per ora abbiamo pensato solo agli stagionali, perché la situazione occupazionale del Paese è drammatica».
La volontà di "abbandono" trova altri fronti di conferma in due fenomeni di grandi e piccoli numeri. Da un lato, i saldi migratori con l’estero degli ultimi anni segnano un calo costante perché la differenza tra iscritti e cancellati che era di 362mila persone nei primi 9 mesi del 2007 è scesa a 186mila nello stesso periodo del 2011, e questo nonostante l’incremento dei ricongiungimenti e gli sbarchi massicci dello scorso anno, "effetto collaterale" soprattutto della guerra in Libia e della primavera araba: ciò significa minori ingressi ma anche maggiori uscite.
Dall’altro lato, i piccolissimi numeri dei rimpatri volontari assistiti crescono nel tempo a ritmo costante. Secondo i dati del ministero dell’Interno, nei primi tre mesi del 2012 sono stati 231 gli stranieri che hanno scelto di beneficiare dei soldi messi a disposizione dal Fondo europeo rimpatri e dal Ministero; nel 2011, in 12 mesi, erano stati 479, nel 2010 solo 160 e nel 2009 162. Se il trend si mantenesse costante, alla fine di quest’anno anno si potrebbe arrivare quasi al migliaio.
I rimpatri volontari assistiti permettono agli stranieri di tornare nel proprio Paese con un aiuto logistico e finanziario per il viaggio e, una volta a casa, di reintegrarsi dal punto di vista sociale e soprattutto lavorativo. «Stanno diventando uno strumento sempre più importante - spiega Carla Olivieri, responsabile del progetto Nirva (il riferimento italiano per l’accesso alla misura) per conto di Aiccre, l’associazione italiana per il consiglio dei Comuni e Regioni d’Europa -. Basti pensare che nella prima annualità solo un quinto dei fondi sono stati utilizzati per i rimpatri volontari, contro i quattro quinti spesi per le espulsioni, mentre oggi la ripartizione è praticamente paritaria».
Il rimpatrio prevede una prima fase di valutazione del singolo caso. Una volta ottenuto l’ok, si passa all’organizzazione del viaggio: lo straniero viene assistito fino all’aeroporto e gli viene garantito il pagamento dell’indennità di prima sistemazione. Quel che spiega la crescita di domanda, legata anche al fattore-crisi economica, è però il fatto che oltre ai fondi iniziali - dai 200 ai 400 euro - possono essere stanziati contributi da utilizzare in patria per l’acquisto di beni e servizi (affitto di casa, beni per lavoro autonomo) oppure sono fornite consulenze tecniche personalizzate per l’elaborazione di progetti microimprenditoriali, con particolare attenzione alla sostenibilità degli stessi e alla ricaduta sociale nell’area di provenienza.
I possibili fruitori dei rimpatri? «I migranti di gruppi individuati come vulnerabili - spiega Olivieri - tra cui quelli che richiedono protezione internazionale, i rifugiati, le vittime di tratta, i disabili, le donne sole con bambini, gli anziani, le persone con problemi di salute o quelle senza fissa dimora; ma anche chi non soddisfa più le condizioni per il rinnovo del permesso di soggiorno». Perché, ad esempio, non lavora più o è rimasto irregolare. E a breve il rimpatrio assistito sarà esteso anche a chi ha ricevuto un decreto di espulsione, come previsto dalla direttiva europea: manca solo la circolare del ministero.