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 2012  maggio 20 Domenica calendario

COME ELIMINARE LE TASSE

La società contemporanea ha messo in valore gli esperti, e la società mediatica ha conferito loro un ruolo enorme e non chiarissimo nel dibattito pubblico. Forse allora dovremmo in primo luogo chiarirci le idee su che cosa intendiamo per "spazio della discussione pubblica". Propendo per una visione ampia: "lo spazio della discussione pubblica" è quello in cui ogni cittadino può intervenire proponendo idee di cui tutti gli altri cittadini possono beneficiare. Ci sono senz’altro visioni più ristrette, e la sfilata televisiva degli esperti (talking heads, nel gergo televisivo statunitense) ne è un esempio: una mezza dozzina di titolati che intervengono sullo sfondo di un pubblico impreparato per scelta editoriale se non addirittura per definizione. Entro quest’ottica ristretta la figura dell’esperto ha il suo rovescio in quella, triste, del tuttologo, presentato come una specie di caricatura del superesperto che mai sarà. E le voci del pubblico saranno sempre marchiate a fuoco dal sospetto del dilettantismo.
E tuttavia non è peregrino porsi il problema: chi valuta il contributo degli esperti alla vita di tutti? Il campo dell’economia è forse quello oggi più interessante per parlarne. La deriva economicista del secondo Dopoguerra (messa a nudo nel lucidissimo Guasto è il mondo di Tony Judt), che ci impedisce quasi di pensare al di fuori delle categorie economiche, di immaginare progetti per il bene comune e per l’ambiente che osino contrastare la visione di un mercato supremo giudice delle cose del mondo, ha dato alla gilda degli economisti un ruolo enorme nel dibattito pubblico. Ruolo enorme, ma con quali responsabilità? Si è fatto gran caso della quasi totale sorpresa del mondo di fronte alla Grande Crisi del 2008. Ovvero, si è detto che gli economisti non erano stati in grado di prevederla (e quelli che l’avevano fatto erano probabilmente un incidente statistico: tra le tante previsioni, qualcuna doveva pure azzeccarci). Si sono poi viste autocritiche generalizzate, dimissioni in massa, promesse di risarcimento quantomeno morale? Non mi pare. Il modello che regge tutta l’ideologia economica – gli agenti come massimizzatori razionali di benefici in un sistema informazionalmente non distorto – non ha retto a quarant’anni di ricerche sulla razionalità limitata. Lo si è dunque estirpato dai curricula universitari, dagli algoritmi che gestiscono i prodotti finanziari, dai discorsi ministeriali sull’efficienza del mercato? Non ci risulta. Ma senza responsabilità e senza vera cognizione di causa, a quale titolo parlano gli esperti economici, condizionando la vita di tutti?
Forse le idee più interessanti circolano al di fuori dei ristretti ambiti disciplinari. Per restare in campo economico, come valutereste una proposta fiscale che venisse non da un economista ma, per fare un esempio, da un docente di Neuroscienze computazionali? La proposta in questione è semplice: dato che il gettito fiscale mondiale è un millesimo del volume globale delle transazioni finanziarie (fonte: bis.org), perché non sostituire tutte le tasse oggi esistenti, dall’Iva alla tassa sul reddito alle patrimoniali, con una semplicissima tassa sulle transazioni finanziarie? Una tassa flat dell’uno per mille su tutte le transazioni finanziarie abolirebbe tutte le altre tasse, e una flat all’uno per cento creerebbe un surplus fiscale immenso da cui attingere per progetti infrastrutturali o ambientali o sociali di grandissima portata. Naturalmente vedo molti traders aggrottare le sopracciglia di fronte alla diminuzione di introiti adesso possibili con lo High frequency trading, ma ci sono solo i traders a questo mondo, e lo Hft è un bene da non mettere assolutamente in discussione? E naturalmente esistono vari problemi tecnici e diplomatici da superare, ma perché privarsi del piacere di affrontarli? Qualche argomento sul tavolo. L’interesse della flat sulle transazioni finanziarie (che ha un illustre antecedente nella Tobin tax) è di riconoscere che l’economia si è globalizzata e smaterializzata: perché non adeguare i nostri mezzi di riscossione approfittando dell’elettronica? Perché lasciare che il Parlamento perda migliaia di ore a ritoccare le leggi sulle tasse – tipicamente al fine di esentare qualche categoria ben rappresentata – invece di dedicare il proprio tempo ad affrontare problemi veri? Perché nutrire categorie intere di Azzeccagarbugli ("ottimizzatori fiscali") invece di finanziare la ricerca o l’arte? Quale acquirente non sarebbe contento di vedere sparire l’Iva? E quale evasore se la sentirebbe di raccontarci che lui evade perché è strangolato da un’unica tassa all’uno per mille?
Ripeto, il caso dell’economia è forse il più eclatante e una proposta provocatoria serve solo a saggiare il terreno, a capire quanto di ciò che viene sottoposto a discussione pubblica lo è per via del suo merito intrinseco e non invece per via del fatto che abbiamo ormai delegato la produzione di idee e la loro discussione a una non meglio definita congerie di esperti. Resta il problema di come intercettare i contributi dei non esperti, come dar loro valore e voce. Edge.org ha fatto una bandiera del richiedere agli esperti l’invasione di campo in settori che non sono di loro competenza; ma si tratta di un esperimento ancora limitato e, per l’appunto, rivolto a esperti. La società dovrebbe investire di più sulla biodiversità intellettuale.