Francesco Borgonovo, Libero 18/5/2012, 18 maggio 2012
QUELLO CHE SAVIANO NON HA È LA DECENZA
Quello che non ha Roberto Saviano è la decenza. Quello che ha, di sicuro, è una bella faccia tosta. Per anni – su Repubblica, in televisione, nei comizi di Libertà e Giustizia – ha sproloquiato contro Silvio Berlusconi, reo di attentare alla libertà di stampa. Nella prima puntata di Quello che (non) ho (show conclusosi mercoledì su La7 con il 12,9% di share e 2 milioni e 800 mila spettatori) si è lamentato delle pressioni ricevute in Rai quando disse che la Lega interloquiva con la mafia. Bene, ieri abbiamo scoperto quanto davvero stia a cuore a Saviano la libertà d’espressione. L’autore di Gomorra pretende 4 milioni e 700 mila euro da alcune persone che hanno osato occuparsi di lui. Si tratta di Giorgio Fiore, presidente degli industriali campani ed editore del Corriere del Mezzogiorno; Gennaro Sangiuliano, vicedirettore del Tg1, e Marta Herling, nipote di Benedetto Croce e segretario generale dell’Istituto italiano per gli studi storici. Non solo: lo scrittore chiama in causa anche mamma Rai, i cui vertici (rumor di ieri) pare siano disponibili a riaccoglierlo a braccia aperte per eventuali future trasmissioni.
Per quale motivo Saviano pretende quasi 5 milioni di euro dalle persone di cui sopra? Lo ha spiegato ieri Marco Demarco, direttore dell’edizione napoletana del Corriere del Mezzogiorno. Con la complicità di testate giornalistiche come Libero, il Giornale e il defunto Riformista, avrebbero dato vita «a una vera e propria campagna diffamatoria con conseguente “pregiudizio” per la reputazione dell’“istante”». Insomma, Roberto sostiene di esser stato vittima di una Macchina del Fango.
LA PRETESA
Ma vediamo di raccontare su che cosa si basa la richiesta savianesca. L’8 marzo 2011 la nipote di Croce, Marta Herling, mandò una lettera al Corriere del Mezzogiorno. Contestava un’affermazione fatta da Saviano durante Vieni via con me, il programma andato in onda su Rai3 (da cui è stato tratto un libro pubblicato da Feltrinelli e appena uscito in edicola con Repubblica). Il romanziere aveva letto un monologo – Il terremoto all’Aquila – in cui raccontava questo episodio: «Nel luglio del 1883 il filosofo Benedetto Croce si trovava in vacanza con la famiglia a Casamicciola, a Ischia. Era un ragazzo di 17 anni. Era a tavola per la cena con la mamma, la sorella e il padre. A un tratto, come alleggerito, vide suo padre ondeggiare e subito sprofondare sul pavimento, mentre sua sorella schizzava in alto verso il tetto. Terrorizzato, cercò con lo sguardo la madre e la raggiunse sul balcone, da cui insieme precipitarono. Svenne e rimase sepolto fino al collo nelle macerie. Per molte ore il padre gli parlò, prima di spegnersi. Gli disse: “Offri centomila lire a chi ti salva”. Benedetto sarà l’unico superstite della sua famiglia massacrata dal terremoto».
MAZZETTE SEMPRE
Alla Herling questo brano non piacque: «Il messaggio che Saviano ci vuole comunicare è: “mazzette”allora per i terremoti, “mazzette”oggi, la storia si ripete e soprattutto si perpetuano i grandi mali del nostro Mezzogiorno (...)», scrisse la studiosa sul Corriere, «proprio perché non ne sarebbe stato immune, anche se inconsapevolmente per la necessità imposta dalla tragedia, uno dei loro più illustri figli».
Fin qui, le considerazioni personali della Herling. Ma c’è di più: l’episodio che Saviano citava – probabilmente – non è mai avvenuto. La nipote di Croce sostenne che Don Benedetto, nel libro Memorie della mia vita, raccontava la scena del terremoto in modo diversa. Dunque Roberto, aggiunse, aveva detto il falso.
In seguito alla denuncia della Herling, Libero cercò di scoprire da dove Saviano avesse tratto la citazione riguardante Casamicciola. Ci bastò andare su internet. Digitando su Google le parole «Benedetto Croce terremoto », come primo risultato apparve il sito www.cronologia.leonardo.it, una sorta di bigino telematico della storia italiana. L’episodio del terremoto veniva fatto risalire a un’intervista concessa da Croce a Ugo Pirro per il giornale Oggi del 13 aprile 1950. Ecco la citazione: «Benedetto era sepolto fino al collo nelle pietre, aveva però il capo fuori di esse. Il giovinetto fu estratto dalle rovine verso mezzogiorno, poco prima che il padre avesse cessato di parlare. Si racconta che con gran senso pratico dicesse al figlio “offri centomila lire a chi ti salva”». Lo stesso cronista di Oggi ammetteva di far riferimento a voci di popolo, al sentito dire. Tanto più che la cifra era abnorme. Il Papa, per le vittime del terremoto, stanziò ventimila lire.
SFILATA IN TV
Saviano, tuttavia, ci tenne a difendere la sua posizione in televisione. Come ricostruisce al telefono con Libero Marco Demarco, Roberto si è presentato una prima volta nello studio di Enrico Mentana, citando come fonte del suo monologo proprio il vecchio articolo di Oggi. Qualche tempo dopo, «ritornò in video», dice Demarco, «stavolta però da Lilli Gruber. E cambiò fonte. Fece riferimento a un libro di fine ’800 scritto da Carlo Del Balzo. Noi ci siamo procurati l’unica copia di quel libro, che si trova in una biblioteca di Avellino, e abbiamo notato che anche Del Balzo cita l’episodio delle centomila lire come una voce».
Come vedete, si tratta di una disputa storiografica, sull’uso delle fonti. Forse tutto si sarebbe potuto risolvere in poco tempo se Saviano si fosse chiarito con Marta Herling. La quale per altro è figlia del grande scrittore polacco Gustaw Herling, che Roberto ha più volte citato come influenza, tanto da scrivere nella prefazione a I Racconti della Kolyma di Varlam Salamov: «Mi fu consigliato di leggerlo da Gustaw Herling, autore di Un mondo a parte e reduce dai gulag, che il destino portò a vivere a Napoli». Però l’autore di Gomorra – come ogni volta che un suo scritto è stato contestato – ha preferito tirare dritto per la sua strada.
Con la differenza che in questo caso ha deciso di punire chi ha osato scrivere della vicenda con una esorbitante richiesta di denaro. Gennaro Sangiuliano, per esempio, è colpevole di aver intervistato la Herling in un servizio per il Tg1. Secondo Saviano, evidentemente, avrebbe dovuto ignorare la notizia (il vice del Tg1, a cui non manca lo spirito, ha a sua volta citato in giudizio il romanziere, chiedendo un risarcimento di 10 milioni da devolvere in beneficenza alle vittime della mafia). Il Corriere del Mezzogiorno ha la stessa colpa: ha pubblicato la lettera della Herling e ha scritto articoli sull’argomento. Tra i giornali infangatori c’è anche Libero, a cui fortunatamente non vengono chiesti denari. Che abbiamo fatto? Lo spiegazione sta nelle carte degli avvocati: «In data 10 marzo 2010 sul quotidiano Libero appare un’intervista a Marta Herling (...) a firma di Francesco Borgonovo, dal titolo L’erede di Croce accusa: “Saviano copia e male”, in cui l’illustre nipote rincara la dose di accuse e moniti contro Saviano». Ecco: abbiamo fatto il nostro mestiere raccontando un fatto di cronaca. Ma per lo scrittore campano, lo stesso che su La7 ha presentato un programma sull’importanza delle parole, i giornalisti avrebbero fatto meglio a tapparsi la bocca.
QUANDO C’ERA SILVIO
La pensava diversamente quando l’oggetto delle discussioni era Silvio Berlusconi.Ieri Marco Demarco ha citato una frase di Saviano, scritta a sostegno di un appello dei giuristi Zagrebelsky, Rodotà e Cordero «in difesa della libertà di stampa » e uscita su Repubblica. Eccola: «Spero che tutti gli elettori, anche coloro che hanno votato Berlusconi, abbiano il desiderio e la voglia di pretendere che nessuna domanda possa essere inevasa o peggio tacitata con un’azione giudiziaria». Ora però è lui a rivolgersi ai tribunali. Chissà, forse Roberto non ha nemmeno la memoria a breve termine.
Francesco Borgonovo