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 2012  maggio 18 Venerdì calendario

NASCE L’EDITORE CHE PUBBLICA MENSOLE


Al Salone del Libro di Torino quest’anno c’era uno stand che di libri veri ne vendeva solo uno. Per il resto solo mensole a forma di libro, magliette inventate da loro, parole magnetiche, borsine, poster, tutto fatto in casa, tutto assolutamente impossibile da sfogliare. Eppure la Tic Edizioni è una casa editrice, niente da dire, l’intento comune è quello di promuovere la buona vecchia carta stampata esattamente come le altre case editrici di questo mondo.
E come per le case editrici standard la strategia di marketing è quella di presentare i loro prodotti in una sorta di ranking promozionale: abbiamo un libro (Mi faccio vivo io di Andrea Falegnami, pp. 160, euro 10), lo pubblichiamo perché ci è piaciuto, ma non possiamo promuovere solo quello, si deve trovare dell’altro. A questo punto una Feltrinelli qualsiasi si sarebbe rivolta a una serie di titoli placebo, messi in seconda fila per fare numero e nient’altro, consci del fatto che il loro potenziale è inesorabilmente pari a zero. Un semplice supporto di carta.
I ragazzi che a dicembre hanno fondato la Tic Edizioni sono Alessandro Alessandroni, Andrea Falegnami ed Emanuele Kraushaar e hanno portato avanti lo stesso ragionamento, le leggi del mercato valgono per tutti e adeguarsi alla logica dominante di solito è una carta vincente. Con la differenza che se è vero che l’opera di Falegnami – e quelle che verranno in futuro – è il prodotto da sponsorizzare, bisogna rassegnarsi all’idea che di libri soprammobili ce ne sono fin troppi in giro. Tanto vale farli finti.
Detto e fatto. Tra le vie di Trastevere i tre ragazzi si incontrano per una birra che porti consiglio, e sfornano idee, inventano progetti, cercano cose che non esistono. Il libro finto che diventa una mensola è un libro come gli altri, come quelli comparabili per utilità al souvenir preso in una bancarella di Venezia, coinquilini polverosi nelle case degli italiani annoiati e stressati dalla moda di dover leggere a tutti i costi e di tutto.
I libri mensola tanto finti non sono. Hanno un’identità, un titolo, un autore famoso e anche no, una bella copertina colorata e il logo Tic in basso con tanto di nome della collana: «I classici sospesi». Edgar Lee Masters ha scritto l’Antologia di Spoon River ma per i Classici sospesi è edito il suo I fornetti laggiù a Spoon River. Sì, non esiste, ma chi lo dice? Quando si entra nella stanza balzano agli occhi le parole Spoon River e il nome dell’autore. Basta quello, è più che sufficiente per costruirsi una perfetta opinione di sé.
Ancora meglio se è Honoré de Balzac a fare bella presenza tra le pile di libri mai aperti, con il (non) suo Discrezioni in copertina nera elegante, degna imitazione delle edizioni chic sul comodino della camera da letto. Anche un manuale di ingegneria edile ha un suo fascino, non si sa mai.
Può essere esagerato o semplice provocazione, può essere una spregiudicata mossa commerciale, di certo l’opera di Andrea Falegnami ne esce valorizzata se confrontata con parole magnetiche buttate a caso dentro una scatola di latta stile Andy Warhol. Come a dire: tutto molto divertente, ma ora parliamo di cose serie.
Eppure la realtà del mercato editoriale non è tanto in vena di scherzi. Anche se per il Salone del Libro di quest’anno è stato dichiarato un aumento delle vendite – un dato che assumiamo per vero – al di fuori della fiera torinese l’Aie (Associazioni Italiana Editori) ha registrato per il 2011 un calo del 2,7 per cento rispetto al 2010. Causa della crisi o conseguenza di un mercato non solo saturo ma in piena esplosione, se combiamo le due variabili vedremo che la strategia del proporre volumi anonimi per fare numero inizia ad accusare qualche acciacco.
La pulce che Tic ha messo nell’orecchio è semplice: se ci sono pochi soldi si compra di meno e la qualità è la sola conditio sine qua non. Meglio quindi pubblicare quello che si vuole far leggere e per il resto non limitarsi ai libri. Ogni idea, anche la più folle, ha comunque maggiori possibilità dei libri pubblicati con l’intento di non essere letti ma vederli segregati in disparte in uno scaffale di dubbia utilità.

Elisa Adelgardi