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 2012  maggio 18 Venerdì calendario

GENOVA

Tutto incominciò con una testata al Peppermint, per questioni di donne. Giuse – perché allora, coda degli Anni 60, Beppe si chiamava ancora Giuse – era alto, massiccio, con la battuta sempre pronta: uno che piaceva. Nella discoteca prese a ronzare attorno ad una mora da urlo, che però era la donna del Luciano. Lo sapevano tutti, che Luciano entrava e usciva da Marassi. «Un giovane poco raccomandabile », si diceva allora. Giuse non lo conosceva e si prese una testata nei denti, da svenire. Infatti svenne e lo portarono al San Martino – sarà per risparmiare, ma a Genova tutto (carceri, ospedale) è chiamato con il nome del quartiere – e gli riattaccarono i due incisivi. Dritti: perché il maggior difetto di Giuse erano proprio i denti. Quel giorno morì Giuse (con i denti storti) e nacque Beppe (con i denti dritti). Giuseppe Grillo, al bar Cucciolo di piazza Martinez, nel popolare quartiere di San Fruttuoso, era per tutti il Giuse. Veramente, a 12 anni, quando lo portarono a fare un provino per una squadra di seconda categoria che aveva sulla maglia la scritta «Shell», lo chiamavano il Porcellino: per via del peso, anche se aveva un tocco di palla interessante. Lo scartarono, ma presero invece Orlando Portento: per un decennio abbondante, suo mentore. Uomo dalle mille vite, Portento: due settimane fa, era uno dei tredici candidati sindaco di Genova (è arrivato quart’ultimo, con uno 0,5 per cento dei voti), ma prima era riuscito a giocare nelle giovanili della Sampdoria (con lui Marcello Lippi e Roberto Vieri, il padre di Bobo) e dopo sarà il marito (e il general manager) della supermaggiorata Angela Cavagna, star del reality La Fattoria. Orlando Portento, però, a quei tempi era il vero boss di piazza Martinez e Giuse Grillo – non ancora Beppe – viveva alla sua ombra. Adesso che i due si odiano – Portento lo chiama «l’oracolo di Sant’Ilario» oppure il «vate» (quando non il «water») – vengono fuori, di allora, solo gli episodi più brutti: quelli dai particolari irriferibili. Come l’aneddoto secondo il quale Grillo avrebbe nascosto, sotto il letto dove portava le giovani amiche, un mangianastri per registrare gli amplessi. E si aggiunge anche che il giorno in cui la prima «signora Grillo» avrebbe ascoltato le registrazioni, non sarebbe stato il migliore nella vita del futuro comico... Attorno al Cucciolo di piazza Martinez, in quell’inizio degli Anni 60, ci girano in tanti: Roby Carletta e Orlando Portento da grandi faranno i cabarettisti, Donato Bilancia il serial killer (ma allora non doveva ancora far paura se, come soprannome, gli misero quello di belinetta), Vittorio De Scalzi inventerà i New Trolls e Marco Grasso scriverà una spaccato su quel gruppo di amici, autobiografia di una ge- nerazione, intitolato Lo Zippe. Bilancia, della famiglia Grillo, era anche vicino di ballatoio, in via Filippo Casoni 5. «Uno che insultava quelli che incontrava al tavolo da gioco in modo quasi religioso, come una litania» ricorda Grasso, che poi accompagnerà Grillo nei primi anni di militanza cabarettistica. Quando Beppe era ancora Giuse, invece, aveva problemi seri con la scuola. Dopo le stentate medie, lo iscrivono al Vivaldi, istituto privato per ragionieri, frequentato solo da rampolli di famiglie benestanti: la retta mensile è alquanto tosta. Il ragazzo passa più tempo al bar che sui libri, ma ottiene il diploma e si iscrive a Economia e Commercio. Il papà Enrico è il proprietario di una fabbrica di fiamme ossidriche, la Cannelli Grillo: Beppe prova a lavorarci qualche mese, ma il diploma di ragioneria non basta per far proprio il mestiere e il fratello maggiore Andreino – che poi diventerà amministratore dei beni dell’attore – consiglia alla famiglia di lasciar perdere. Così, i signori Grillo cedono l’azienda ai loro operai, comprano casa in corso Europa e si ritirano nella villa di Savignone (Genova), dove Beppe era nato il 21 luglio 1948. Savignone, «perla dell’Appennino ligure », luogo dove si mescolano i caratteri torvi dei genovesi di montagna e quelli chiusi dei piemontesi di confine, è terra che produce eccellenze atipiche: per dire, il calciatore Roberto Pruzzo, il telecronista Enrico Ameri, l’astronauta Franco Malerba e, appunto, Beppe Grillo. Che, fallita l’esperienza di ragioniere, si butta nel vestiario: piazzista di jeans per la Panfin. «Non è che vendesse molto»ı ricorda Piero Dello Strologo, allora suo datore di lavoro, poi inventore del circolo culturale Primo Levi «ma faceva morire tutti dal ridere ». Piaceva soprattutto alla donne: nella sua autobiografia Moana Pozzi lo cita tra i propri amanti. Intanto Grillo ha cominciato a fare le serate: al Mix in Glass di piazza Leopardi – cuore della Genova bene – e poi all’Instabile di via Trebisonda, alla Foce, creato da un gallerista, Pierluigi De Lucchi. «Lo vidi lì, la prima volta, e gli chiesi se avrebbe fatto qualche spettacolo per noi del Partito liberale» rievoca l’avvocato Gustavo Gamalero. «Gli davo 15 mila lire a serata, mi aveva giurato che in famiglia qualcuno votava Malagodi, ma francamente non era molto schierato. Però faceva ridere ». Diversa la versione del mentore Portento: «Era frivolo, cinico, gli interessavano solo i soldi. Non ha mai capito un tubo di politica, recitava per chi pagava». Episodio confermato – e finito su tutti i libri che parlano di Grillo – il 27 dicembre 1977: l’Instabile è pieno di gente trepidante, ma l’attore telefona che ha mal di pancia. De Lucchi, incavolatissimo, rimborsa fino all’ultimo biglietto salvo scoprire, il giorno dopo, che Grillo aveva recitato tutta la sera al P4 di Avegno, nell’entroterra: pagavano di più. Del resto, a confermare una tirchieria leggendaria, c’era quella tuta che si metteva tutti i giorni (il periodo è il Sessantotto): rigorosamente senza tasche. Nemmeno per le sigarette (le poche che comprava erano HB, pacchetto da dieci), che «scroccava a tutta piazza Martinez». E che Grillo abbia un rapporto pessimo con il denaro lo conferma anche la sua seconda moglie, Parvin Tadjk, che, nella villona di Sant’Ilario, vive con i due figli del suo primo matrimonio (era stata la compagna del calciatore Gaetano Scarnecchia) e con i due avuti da Beppe (i primi due dell’attore, invece, abitano a Rimini con la madre, Silvia Toni). Intervistata da Maurizio Crozza, Parvin ha ammesso che «Beppe controlla ogni singolo scontrino della spesa, una cosa davvero estenuante». Quando i due si sposarono, fu polemica (il testimone fu Fabrizio De André e il celebrante dovette garantire personalmente in Arcivescovado che le origini iraniane di Parvin non le impedivano di sposarsi in chiesa). Al banchetto, 21 dicembre 1996, Beppe commenterà: «Belin, è stata la serata in cui ho guadagnato di meno in tutta la mia vita...». E, qualche anno dopo, sui figli, aggiungerà: «L’altro giorno mia figlia piccola mi dice: voglio fare un provino a Saranno Famosi. Le ho risposto: piccola, ma perché non ti droghi, come tutti?». Era stata polemica furibonda anche anni prima quando, l’8 dicembre 1981, Grillo finì, alla guida del suo Chevrolet, in un ruscelletto ghiacciato, al Bec Rouge, sulle Alpi francesi: lui e il suo manager, Alberto Mambretti, riuscirono a buttarsi dalla vettura mentre, raccontano le cronache, «i coniugi Renzo e Rosanna Giberti e il loro figlio, Francesco, otto anni, finirono nell’abisso». Lui fu condannato a 1 anno e 3 mesi, con la condizionale, pena confermata in Cassazione, l’8 aprile 1988. Con un particolare: a difenderlo fu l’onorevole Alfredo Biondi (Pli), che venne poi inserito da Grillo nella lista dei deputati non più eleggibili, perché «macchiatisi di reati gravissimi ». «Strano» commenterà Biondi, «il mio reato era un errore nella dichiarazione dei redditi, subito depenalizzato. Al contrario, la condanna di Beppe, per le tre vittime, è definitiva». Per le regole di Grillo, Biondi potrebbe andare in Parlamento, Grillo no. Ma tutto questo, Giuse, quello con gli incisivi storti, non poteva saperlo.