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 2012  maggio 21 Lunedì calendario

La Marcia su Roma? Servì a Mussolini per rassicurare l’Italia - Ma cosa sarebbe acca­duto se il Re avesse firmato lo stato d’as­sedio e avesse impe­dito la Marcia su Roma? Ci sareb­be stata la guerra civile, i rossi sa­rebbero accorsi a dar manforte ai militi che fino al giorno prima spu­tavano o si sarebbero alleati ai fa­scisti? Non ci sarebbe stato il fasci­smo? Domande di patafisica che mi ponevo l’altro giorno a Gori­zia, parlando della Marcia su Ro­ma novant’anni dopo, al Festival «èStoria»

La Marcia su Roma? Servì a Mussolini per rassicurare l’Italia - Ma cosa sarebbe acca­duto se il Re avesse firmato lo stato d’as­sedio e avesse impe­dito la Marcia su Roma? Ci sareb­be stata la guerra civile, i rossi sa­rebbero accorsi a dar manforte ai militi che fino al giorno prima spu­tavano o si sarebbero alleati ai fa­scisti? Non ci sarebbe stato il fasci­smo? Domande di patafisica che mi ponevo l’altro giorno a Gori­zia, parlando della Marcia su Ro­ma novant’anni dopo, al Festival «èStoria». Cosa fu la Marcia su Roma? Una controrivoluzione preventiva, co­me scrisse l’anarchico Luigi Rossi e dissero i comunisti? Un colpo di stato, come scrisse Missiroli? Una crisi parlamentare con salutare so­luzione extraparlamentare, come pensò Croce? Una rivoluzione in­dolore, senza vittime e senza ca­os, come poi disse il Re?Un’insur­rezione che poi diventò regime, come scrisse Mussolini? Una rivol­ta solo minacciata, una parata con prova simulata di rivoluzio­ne? Sul piano dei fatti la Marcia su Roma fu tutto questo. Ma nel suo significato politico la Marcia su Roma fu una «rivoluzione rassicu­rante ». Così fu concepita dal suo Capo. Fu una rivoluzione rassicu­rante perché volle rassicurare il Paese e il suo establishment,il po­polo e i “ palazzi”.Già dal 1921 il ri­voluzionario Mussolini aveva la­sciato i toni antisabaudi, anticleri­cali e antiborghesi. Con la Marcia rassicurò la Corona, lo Stato, le Istituzioni, le forze armate e i mili­ti, la Magistratura, la Chiesa, la Borghesia, il Capitale, e pure il Par­lamento, fece un governo di coali­zione. E rassicurò gli italiani che si sarebbe ripristinata la legalità, l’ordine pubblico, la vita norma­le, la sicurezza sociale. «Tutto funzionò in quei giorni ­disse sette anni dopo il Re- non ci furono vittime, le scuole restaro­no aperte, i tribunali, i magistrati fecero il loro dovere, gli operai an­darono ugualmente fiduciosi a la­vorare ». La rivoluzione, per il Re, riportò ordine nel «popolo più in­disciplinato della terra». In secondo luogo, la Marcia su Roma non fu la calata dei barbari sulla capitale.L’azione fascista na­sceva dal grembo della cultura ita­liana, dopo lunga incubazione. Non la sostennero solo gli agitato­ri dell’arte e della letteratura, del giornalismo e del pensiero, i futu­risti e i nazionalisti, Papini, Prez­zolini, Soffici, D’Annunzio,Mala­parte. Ma all’inizio anche fior di li­berali come Benedetto Croce e Giovanni Gentile, Vilfredo Pareto e Gaetano Mosca, Maffeo Pantale­oni e Luigi Einaudi, Alberto de’ Stefani, Luigi Albertini e Ugo Ojet­ti. E personalità come Giacomo Puccini e Guglielmo Marconi, Lui­gi Pirandello, Ada Negri e Giusep­pe Ungaretti, Umberto Saba e Giu­seppe Rensi, il duca d’Aosta e la Regina Margherita. Croce addirit­tura presiedette nel 1914 il Fascio d’ordine che auspicava l’alleanza tra liberali nazionali e cattolici e criticava la massoneria, il giudai­smo e il parlamentarismo. Poi pa­ragonò le squadre fasciste alle «or­de del cardinale Ruffo che aveva­no servito a scopi nazionali» e, da seguace di Sorel, disse a Giustino Fortunato che «la violenza è leva­trice della storia ». Alla Camera vo­tò la fiducia al Duce anche dopo il delitto Matteotti. Quando Lenin ricevette al Cremlino una delegazione della sinistra italiana guidata da Giacin­to Menotti Serrati, disse che in Ita­lia la rivoluzione potevano farla solo tre capi: D’Annunzio, Mari­netti e Mussolini. Però gli altri due erano poeti... Ma D’Annunzio a Fiume fornì il prototipo alla Mar­cia su Roma. Nel 1921 Mussolini siglò un pat­to di pacificazione con i socialisti, mentre nasceva il partito comuni­sta dalla costola rivoluzionaria del Psi che era stata più vicina a Mussolini ai tempi dell’interventi­smo rivoluzionario: da Gramsci e ad Angelo Tasca, dall’interventi­sta Peppino Di Vittorio a Nicola Bombacci, che poi finì fascista, uc­ciso insieme a Mussolini a Salò. Non a caso l’Italia fascista fu il pri­mo Paese a riconoscere l’Unione Sovietica pochi mesi dopo la Mar­cia su Roma. Per Soffici la differen­za tra la rivoluzione fascista e quel­la sovietica fu netta: «Mussolini è italiano, cioè appartenente a una civiltà superiore, a una razza di li­beri, di saggi, di generosi. Mussoli­ni non è un pazzo, un degenerato, un sanguinario cittadino di un pa­ese incivile, primitivo, brutale e malato come la Russia... il fine di Mussolini è la pacificazione sotto la bandiera italiana». Dove nasce la Marcia su Roma? Dalla Guerra vinta e sanguinante, frustrata e mutilata, i tanti caduti, l’esperienza del fronte con l’adre­nalina ancora in circolo, le sue feri­te aperte e le sue energie rimaste attive. Nasce poi dal caos del dopo­guerra, dagli scioperi e dalle vio­lenze del biennio rosso. E ancora: nasce dal cortocircuito tra deca­denza politico- civile ed esuberan­za giovanile- culturale. Infine dal­la forte personalità di un Capo che fu chiamato Duce (dicono che il primo ad appellarlo in quel modo fosse stato Pietro Nenni, già suo compagno di galera, ai tempi del­l’interventismo rivoluzionario). Il fascismo fu, come scrisse Nol­te, «il modello di una rivoluzione conservatrice e incruenta». Rivo­luzione- restaurazione. Eppure era imbevuta degli umori più rivo­luzionari: Marx, Nietzsche e il loro anello di congiunzione, Sorel, teo­rico della violenza. La stessa cosa avvenne con il totalitarismo: la pa­rola fu coniata per il fascismo, la ri­vendicarono Gentile e Mussolini, ma il fascismo non fu mai un regi­me totalitario compiuto: non ne ebbe i tratti delineati dalla Arendt e la ferocia, ma anche perché du­rante il regime Monarchia e Chie­sa, Capitale e Apparati dello Stato restarono in piedi, quasi indenni. Il fascismo fu un regime autorita­rio di massa, e poi una dittatura ce­sarista e nazionalpopolare. Nel ’21 Mussolini si fece monarchico e legalitario,fu il primo«ateo devo­to », ritenne la missione universa­le della Chiesa romana un orgo­glio per l’Italia. Impresse la svolta di regime, come egli stesso scrisse su Gerarchia , quando istituì il Gran Consiglio del Fascismo e la Milizia Volontaria per la sicurez­za nazionale, da un verso costitu­zionalizzando il fascismo ma dal­l’altro ponendo sotto tutela fasci­sta lo Stato. È curioso infine ricor­dare che nel ’ 21 nelle consultazio­ni al Quirinale l’allora deputato Mussolini suggerì al Re di nomina­re capo del governo il presidente della Camera di allora, Enrico De Nicola. Quando cadde il fascismo e poi la monarchia, il monarchico De Nicola fu il primo provvisorio presidente della Repubblica. Heri dicebamus , avrebbe detto Croce. La democrazia riprese laddove era stata interrotta, e seguì il consi­glio del Dittatore...