MAURIZIO MOLINARI, La Stampa 21/5/2012, 21 maggio 2012
Obama: via nel 2013 A Kabul ci sarà la pace - La Nato pianifica il dopoguerra afghano preparandosi a quella che Barack Obama definisce una «missione non combattente a sostegno della pace» ma il ritiro delle truppe è ostacolato dalla trattativa con il Pakistan che chiede un alto prezzo economico per far transitare i mezzi militari e le truppe in uscita
Obama: via nel 2013 A Kabul ci sarà la pace - La Nato pianifica il dopoguerra afghano preparandosi a quella che Barack Obama definisce una «missione non combattente a sostegno della pace» ma il ritiro delle truppe è ostacolato dalla trattativa con il Pakistan che chiede un alto prezzo economico per far transitare i mezzi militari e le truppe in uscita. Il summit dell’Alleanza a Chicago si apre con il presidente americano che parla delle fine della guerra e di ciò che avverrà dopo: «Entro il 2013 le truppe combattenti americane saranno ritirate, entro il 2014 l’attuale missione della Nato sarà finita e la guerra come noi la conosciamo avrà termine» dando inizio ad una «nuova fase di impegno della Nato a sostegno della pace e della partnership con l’Afghanistan». Da qui la richiesta di Washington agli oltre 60 Paesi impegnati nelle operazioni in Afghanistan di far coincidere il ritiro delle truppe con il simultaneo inizio di un impegno finanziario di lungo termine per addestrare e sostenere le forze di sicurezza afghane. E’ una fase di trasformazione della presenza della Nato in Afghanistan «non priva di rischi» sottolinea Obama. Il Segretario Generale della Nato Anders Fogh Rasmussen assicura che il «ritiro avverrà in maniera ordinata e non ci saranno fughe in avanti» ma la realtà è che l’annuncio del neopresidente francese Francois Hollande di anticipare a dicembre la fine della missione sta creando grattacapi ai comandi sul campo. «Lavoriamo ad un’intesa per trasformare l’impegno francese da combattente a non combattente» spiega Rasmussen, facendo capire di voler trovare una formula capace di consentire a Hollande di mantenere in Afghanistan la maggioranza degli oltre 3000 militari senza venir meno alle promesse elettorali. Ben più delicata, ai fini del ritiro, è la trattativa con il Pakistan perché Islamabad continua a tenere chiusi ai mezzi della Nato i confini con l’Afghanistan e senza la riapertura non esiste una agevole via terrestre per farne uscire una quantità imponente nei prossimi due anni. Il presidente pakistano Ali Zardari è in arrivo a Chicago per discuterne con Obama ma il contenzioso è complicato dal fatto che Islamabad chiede un milione di dollari al giorno per far passare i mezzi alleati e la Nato non è disposta ad accettare una somma considerata esorbitante. Senza un accordo sulla «tassa di passaggio» i tempi della fine della missione potrebbero allungarsi. «Non abbiamo bisogno delle rotte di terra pachistane per condurre le operazioni - assicura John Allen, il generale dei Marines che comanda le truppe in Afghanistan - ma ci servono per far uscire i soldati». Il leader di Kabul, Hamid Karzai, guarda comunque già oltre il ritiro, ringrazia Obama per «i soldi versati dai contribuenti americani in 10 anni a favore delle istituzioni del mio Paese» e parla di una «partnership fra nazioni sovrane». A pensarla diversamente sono i taleban che parlano di vittoria in vista e chiedono alla Nato di «prendere esempio dalla Francia e andarsene in fretta» lasciando intendere di considerare il ritiro alleato una vittoria militare, preparandosi a tornare al potere a Kabul. Sul fronte della difesa antimissile la prima giornata del summit si conclude con la decisione formale di attivarla su «alcune porzioni del territorio dell’Alleanza». E’ l’ambasciatore Usa alla Nato, Ivo Daalder, a far sapere che «da oggi disponiamo di una difesa anti-balistica grazie alle strutture messe a disposizione da Polonia, Spagna, Romania e Turchia». Sarà il comando alleato in Europa ad avere la responsabilità di gestire il nuovo sistema di protezione, il cui dispiegamento lungo il lato Sud lascia intendere che il pericolo da cui cui si difende è l’Iran e non la Federazione russa.