ALBERTO MATTIOLI, La Stampa 20/5/2012, 20 maggio 2012
Francia inflessibile con i suoi terroristi - I cattivi maestri? Non possono insegnare. Almeno in Francia, dove ieri l’altro è passato dalla semilibertà alla libertà vigilata JeanMarc Rouillan, ex leader di Action Directe, le Brigate rosse francesi, il gruppo responsabile di più di ottanta fra attentati e assassini negli Anni Ottanta
Francia inflessibile con i suoi terroristi - I cattivi maestri? Non possono insegnare. Almeno in Francia, dove ieri l’altro è passato dalla semilibertà alla libertà vigilata JeanMarc Rouillan, ex leader di Action Directe, le Brigate rosse francesi, il gruppo responsabile di più di ottanta fra attentati e assassini negli Anni Ottanta. Molto ospitali con i terroristi altrui, i francesi sono durissimi con i loro. Il caso di Rouillan è tipico. Fu condannato all’ergastolo per un primo omicidio nel 1989 e per un altro cinque anni dopo. Ha passato in carcere venticinque anni, di cui sette e mezzo in isolamento. Nel 2007, finalmente, la semilibertà. Ma la legge francese vieta ai condannati di parlare dei fatti per cui lo sono stati. Nel 2008, Rouillan rispose a un giornalista dell’«Express» che lo intervistava su uno dei suo delitti, l’assassinio del presidente della Renault, Georges Besse: «Non ho il diritto di esprimermi su questo... Ma il fatto che io non mi esprima è una risposta. Perché è evidente che, se sputassi su tutto quello che abbiamo fatto, potrei parlare». Tanto bastò perché la Procura chiedesse di revocargli la semilibertà e il Tribunale le desse ragione. Per quella battuta, Rouillan è restato quattro anni di più in galera, mentre la vedova di Besse esponeva al «Figaro» le sue ragioni, che lette dall’altra parte delle Alpi appaiono tristemente familiari: «Rouillan non potrà mai pagare il suo debito. Bisogna assumersi la responsabilità delle proprie azioni e delle loro conseguenze. Non si è impunemente rivoluzionari e assassini». Venerdì, Rouillan, 59 anni, ormai l’ultimo terrorista rosso a dormire ancora in carcere, ha restituito il braccialetto elettronico alla prigione delle Baumettes di Marsiglia e poi, come prima cosa, è andato ad assistere a una manifestazione del Npa, il Nuovo partito anticapitalista, all’estrema sinistra della politica francese. «La vita continua», ha detto. In effetti, ha già un lavoro, presso un editore di Marsiglia. Ha scritto libri (l’ultimo s’intitola «Autopsia da fuori: giornale d’estate di un recluso sotto sorveglianza elettronica») e ne minaccia altri. Però non potrà andare in giro a pontificare. La legge lo obbliga a risiedere nel dipartimento delle Bouches-duRhône, quello di Marsiglia, ma non in città: «Mi hanno applicato una vecchissima legge dell’Ottocento che mi vieta il soggiorno in tutti i dipartimenti di frontiera e nelle grandi città», spiega. Per sei anni sarà sottoposto a stretti controlli, dovrà indennizzare le sue vittime al ritmo di 150 euro al mese e non può possedere armi. E, come si è visto, gli è vietato non solo di propagandare le sue idee rivoluzionarie, ma nemmeno di parlare delle sue imprese. Almeno potrà ritrovare la moglie, Nathalie Ménigon, che aveva sposato in carcere nel 1999 e che ne è uscita nel 2008 solo dopo aver avuto due ictus. Ma in realtà tutti gli ex terroristi di Action Directe sono usciti dalla galera soltanto dopo molti anni di reclusione, quando erano ormai ridotti dei rottami umani. E, in ogni caso, con la minaccia di tornarci se prendono la parola.