PAOLO MASTROLILLI, La Stampa 18/5/2012, 18 maggio 2012
Obama, battaglia in sette Stati per riconquistare la Casa Bianca - Non siamo ancora al panico, perché gli uomini più vicini al presidente Obama restano convinti che a novembre vincerà
Obama, battaglia in sette Stati per riconquistare la Casa Bianca - Non siamo ancora al panico, perché gli uomini più vicini al presidente Obama restano convinti che a novembre vincerà. Però la sfida contro Romney si è complicata nelle ultime settimane, diventando più serrata. Una fonte interna alla campagna di rielezione ammette: «Le distanze si sono accorciate, e la corsa è sempre più difficile». Gli operativi del Partito democratico si aspettavano questo sviluppo, perché sapevano dai sondaggi riservati che l’entusiasmo è calato fra i gruppi di elettori decisivi nel 2008, e davano per scontato un rimbalzo di popolarità per Romney dopo la conquista della nomination. Però la frenata dell’economia, il raffreddamento dell’occupazione, e le circostanze in cui il capo della Casa Bianca ha annunciato il suo appoggio per i matrimoni gay non lo hanno aiutato. I sondaggi danno i due candidati praticamente alla pari: in qualcuno è avanti Mitt, in altri Barack. Il problema però comincia a toccare i singoli Stati chiave, dove finora Obama aveva un vantaggio confortante. La lista degli Stati in bilico, un tempo erano una dozzina, si è ridotta quasi alla metà. L’Indiana viene dato per perso e si sono ridotte le speranza di conservare Virginia e North Carolina, nonostante i democratici abbiano in programma qui la loro Convention a settembre. Troppo tardi per spostarla, ma la questione dei matrimoni gay sembra aver chiuso il discorso a favore del Gop. Il presidente dovrebbe conservare il Michigan, dove il salvataggio dell’industria dell’auto lo mette al sicuro da sorprese, ma difficilmente sarà competitivo in Arizona. La Casa Bianca si giocherà tra Ohio, Florida Pennsylvania, Colorado, Nevada, New Hampshire e forse Wisconsin. Il problema è che si tratta di Stati vinti da Obama nel 2008, e quindi la sua diventa una campagna difensiva. Il manager Jim Messina ha indicato sei strade che possono riportare Barack alla Casa Bianca, conquistando i fatidici 270 voti elettorali, ma c’è il rischio di doversi asserragliare sulla «linea del Piave», che sarebbe vincere tutti gli Stati conquistati da Kerry nel 2004, più uno tra Ohio e Florida. Secondo fonti interne alla campagna, il tema dei matrimoni gay è neutro: rafforza la base democratica e quella repubblicana. Il presidente ha deciso di consolidare prima di tutto i suoi sostenitori, recuperando consensi ed entusiasmo nei gruppi determinanti del 2008, come donne, giovani, gay, latinos. Invece i repubblicani conservano un vantaggio forte tra gli elettori uomini. Anche una parte degli afro-americani sarebbe a rischio per Obama, soprattutto dopo la decisione sui gay. I soldi stanno tornando nelle casse dei democratici, ma da Hollywood, Silicon Valley e dai liberal di New York. Non da Wall Street, che resta freddina. Ad aprile la campagna ha ricevuto 43 milioni di dollari (appena 3 milioni più di Romney), vantandosi del fatto che il 98% delle donazioni erano sotto i 250 dollari. Ciò conferma che ha una forte presa tra la gente comune, ma è debole ai vertici della scala sociale. La chiave ora sta in chi riesce a definire prima l’avversario, e così si spiegano i duri spot televisivi di questi giorni. La strategia repubblicana è chiara: dipingere Obama come un incompetente che non ha risanato l’economia e la farà peggiorare nei prossimi quattro anni. I democratici punteranno sul fatto che Romney è ricco e lontano dalle necessità dell’americano medio, ma devono ancora mettere in campo i temi portanti della loro strategia. In questo quadro il caso JP Morgan è stato una manna inaspettata dal cielo, perché gioca perfettamente a favore della loro linea, confermando la necessità di regolare meglio l’attività delle banche e contenere l’avidità dell’1% di cittadini che dominano l’economia nazionale. L’Europa invece fa paura, perché il suo collasso paralizzerebbe la timida ripresa. «Le distanze - spiega la fonte - sono così ravvicinate, che qualunque sorpresa potrà cambiare l’esito fino all’ultimo».