Massimo Gaggi, Corriere della Sera 20/05/2012, 20 maggio 2012
L’IMPEGNO DEL G8: «LA GRECIA RESTERA’ NELLA MONETA UNICA» —
Il pendolo delle politiche economiche proposte dall’Occidente si sposta dal rigore alla crescita, ma il vertice del G8 è servito ai leader che si sono incontrati tra i boschi di Camp David soprattutto per conoscersi, capirsi meglio e impostare l’agenda di un’emergenza europea che non si risolverà tanto presto, più che a definire interventi concreti. Negli incontri bilaterali si è parlato anche delle misure straordinarie per stabilizzare l’euro e ridare fiato al sistema bancario della Ue, ma i segni dei progressi fatti — ammesso che ce ne siano stati — si vedranno solo nel vertice europeo della prossima settimana e, più probabilmente, in quelli di fine giugno, dopo le nuove elezioni greche e il G20 messicano di Los Cabos.
Con uno strappo alla regola che prevede dichiarazioni di indirizzo generale, il comunicato finale del summit si sofferma sul destino di un piccolo Paese, la Grecia, auspicando con parole vibranti la sua permanenza nell’euro e il rispetto degli impegni, da parte di Atene. Un modo per sottolineare il timore dei Grandi che il collasso greco determini una reazione a catena difficile da controllare.
Un timore diffuso in Europa, ma anche negli Stati Uniti, sempre più reattivi su questo tema: l’America vive ormai come un incubo quel rischio-contagio del quale il ministro del Tesoro Tim Geithner parla da mesi con accenti sempre più preoccupati. Barack Obama sa che il problema dell’Europa lo possono risolvere solo gli europei e quindi nelle dichiarazioni pubbliche si è limitato a ripetere i suoi auspici, concentrandosi poi sugli altri temi: la sicurezza energetica, la necessità di evitare altre impennate dei prezzi petroliferi anche facendo ricorso alle riserve nazionali, le sanzioni all’Iran, la questione siriana, la Corea del Nord.
Ma da alcuni accenni fatti anche dal neopresidente francese François Hollande — «esordiente» al G8 come Mario Monti — è evidente che si è entrati anche in aspetti specifici della crisi europea, a cominciare da quella delle banche che dalla Spagna rischia di espandersi al resto del continente prosciugando di nuovo l’erogazione del credito all’economia. Qui l’interlocutore principale rimane Angela Merkel, leader del Paese chiamato a sopportare l’onere maggiore di ogni strategia di salvataggio dell’euro e del sistema bancario. Senza la Germania la Bce non può decidere quel «salto di qualità» necessario per mettere al sicuro istituti di credito e risparmiatori.
La Merkel si è trovata isolata nella sua posizione rigorista: isolamento testimoniato da un comunicato finale che sposa, molto più che in passato, la filosofia della crescita. Barack Obama è stato, però, attento a non chiudere in un angolo la cancelliera: guidando al mattino, con le maniche della camicia rimboccate, la discussione sulla crisi europea, ha sollecitato la messa a punto di una forte agenda della crescita, «ma sempre in un quadro di disciplina fiscale ed evitando azioni di stimolo artificiali». Le richieste più pressanti, i tentativi di convincere la leader tedesca che una situazione ormai al punto di rottura impone al Paese guida dell’Europa un cambiamento di rotta fatto di spirito di sacrificio e pragmatismo, li ha riservati al colloquio privato che ha avuto con la Merkel dopo la conclusione dei lavori del G8. «I singoli Paesi e la Ue nel suo insieme — ha poi dichiarato il presidente Usa in partenza per Chicago, dove stamattina si aprirà il summit Nato — hanno intrapreso importanti riforme che miglioreranno le prospettive di crescita a lungo termine».
Per il resto Obama ha concentrato l’attenzione sulla necessità di applicare con determinazione l’embargo per bloccare i progetti nucleari dell’Iran (campo nel quale c’è stato di recente qualche segnale diplomatico positivo) e sull’esigenza di evitare aumenti dei prezzi petroliferi che potrebbero frenare ulteriormente le economie occidentali e illudere Teheran circa un prossimo allentamento delle sanzioni. Si è deciso che in futuro i Grandi faranno ricorso ad altri strumenti, in caso di nuova crisi energetica: oggi i prezzi sono di nuovo in calo e il meccanismo non scatterà subito, ma se ci saranno nuove impennate si farà ricorso alla valvola di sicurezza delle «riserve energetiche», a cominciare da quella Usa.
Nel pranzo conclusivo anche quest’anno la discussione — centrata sul problema della sicurezza alimentare e i prezzi dei prodotti agricoli essenziali — è stata aperta alla partecipazione di una decina di capi di Stato di Paesi del Terzo Mondo, soprattutto africani.
Massimo Gaggi