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 2012  maggio 21 Lunedì calendario

Margherita Hack “I miei primi novant’anni da splendida ribelle” L’autobiografia «Nove vite come i gatti» scritta con Federico Taddia è da pochi giorni in libreria Bologna

Margherita Hack “I miei primi novant’anni da splendida ribelle” L’autobiografia «Nove vite come i gatti» scritta con Federico Taddia è da pochi giorni in libreria Bologna. La mia amicizia con Margherita Hack nasce grazie a una telefonata di qualche anno fa, quando le proposi di fare insieme un libro per bambini. Temevo di avere un approccio troppo informale. Dall’altra parte della cornetta c’era invece una voce tranquilla, ben disposta, curiosa di buttarsi in una nuova avventura. Tempo una chiacchierata e il primo appuntamento era fissato. Il telefono che squilla è una costante della sua vita. Come lo è lei che risponde sempre. E che non dice mai di no: al giornalista, all’organizzatore di un festival, all’associazione benefica che cerca un testimonial o allo studente che vuole una dritta per la scelta della facoltà. Margherita cerca di capire. Segna sul calendario, fissa appuntamenti, immagina ipotetici itinerari e fantastica coincidenze tra treni e taxi. Spiega che è affaticata. Che per lei camminare non è più cosa da poco. Che il respiro è sempre più affannoso. Ma non dice mai di no. Perché, come ti confessa con i suoi occhi vivissimi, il suo corpo i 90 anni li sente tutti: ma la testa no, quella no. Ed è quello che racconta con forza e sincerità in «Nove vite come i gatti», il libro che abbiamo scritto insieme per i suoi 90 anni. Sono stato nella sua casa tutta libri e gatti decine di volte. Ho avuto la fortuna di parlare con lei di tutto e di ridere di tutto. Con lei ho girato l’Italia tra scuole, biblioteche e festival: Tshirt, un sacchetto di plastica dove mettere il cambio necessario per qualche giorno, il bastone per la voglia di muoversi sempre. Non vorrebbe fermarsi mai! Poi magari ti sussurra: «Sono un po’ stanca». Subito dopo però ti guarda e ti dice, dicendolo soprattutto a se stessa: «Ma non me ne frega niente». E quel «Non me ne frega niente» ritorna come risposta a mille domande: «Perché non ti emozioni guardando le stelle? », «Perché non hai mai cercato Dio? », «Perché non sei mai andata da una parrucchiera? ». Una scrollata di spalle è la risposta più diretta che dà alle domande che ritiene non degne di considerazione. Margherita ti sa continuamente spiazzare: a 90 anni guarda ancora il marito con amore, ancora lotta per i suoi ideali, ancora con pazienza spiega a un bambino per l’ennesima volta cos’è un buco nero. E capisci qual è il suo segreto per non aver paura di morire: non ha mai avuto paura di vivere. E non ha mai perso tempo a cercare i piaceri della vita perché da sempre porta con sé il piacere della vita. La religione Profondamente lontana dal credere C’ è stato un periodo in cui mi vergognavo di essere diversa dagli altri. Andavo al liceo, ed essere cresciuta aveva ingigantito differenze alle quali sapevo di non dover dare peso. Eppure sentivo qualcosa che mi distingueva dai miei compagni: il credo dei miei genitori, il fatto di essere esonerata dall’ora di religione e il non mangiar carne. Credevo che trovare un compromesso sulla religione avrebbe attenuato l’aspetto della mia «stranezza» che più di tutto mi faceva sentire vulnerabile. Ho fatto anche la prima comunione per sentirmi meno diversa dagli altri, giusto per fare il compitino, senza nessun tipo di fede. La scuola Rimandata di matematica Di quegli anni ho un ricordo meno piacevole. In seconda liceo avevo un professore sempre intento a squadrarci dalla testa ai piedi per beccare qualche attività sospetta. Una specie di guardia carceraria: io tenevo gli occhi bassi per il gusto di farlo imbufalire e mi divertivo a far finta di leggere sotto il banco. Alla mia ennesima provocazione mi si precipitò addosso come un falco per cogliermi sul fatto. Subito si rese conto che non stavo nascondendo nulla e per rimediare alla figuraccia mi tirò via la cartella da sotto il banco. La aprì e dentro ci trovò il giornale. Alla fine dell’anno ebbe la sua vendetta: mi rimandò a settembre in matematica. L’università Iscritta a Lettere per qualche mese Scelsi lettere perché gli unici laureati che i miei genitori conoscevano erano passati per lettere. Inoltre avevo sempre dimostrato una certa inclinazione per la scrittura: al liceo liquidavo in mezz’ora una traccia per cui avevo tre ore a disposizione e poi mi rintanavo al cesso a riposare. Mi iscrissi a lettere. La prima lezione fu l’unica che seguii. Le tenne un professorone che parlò per un’ora di «Pesci rossi», una raccolta di scritti di Emilio Cecchi. Mi annoiai a morte a capii subito di aver fatto un errore madornale. Mi precipitai in segreteria e decisi di cambiare facoltà. Stavolta tutto mi era chiaro: al liceo la mia materia preferita era la fisica. E fisica fu. I figli Non ho mai avuto la vocazione da madre Un mio collega di Merate mi diceva: «Sei un bestione tutto stupore e tutto senso». Mi ritrovo in quella definizione. Non ho mai avuto tormenti metafisici, ma a volte mi meraviglio guardando la vastità di quel che ci circonda. A 90 anni c’è chi mi chiede se ho rimpianti, ma non è un sentimento che mi appartiene. Altri, lo vedo nei loro occhi, vorrebbero sapere perché non ho figli. Credo che la risposta potrebbe lasciarli delusi: Aldo e io non li abbiamo voluti perché non avevamo quella vocazione. Non mi manca non essere stata una madre: non è una cosa che sentivo mia. Da sempre mi attirano di più gli animali che i bambini, non penso sia una colpa. La felicità Non desiderare ciò che non si può avere Sono felice perché non desidero quello che non posso avere. Una volta facevo lunghe camminate nel Carso, oppure nuotavo per ore. Adesso non posso più fare queste cose, ma non rimpiango quei momenti. Non li posso far tornare, quindi faccio altro. La felicità è essere contenti di quello che si ha. E io non posso proprio lamentarmi. Ho avuto tanto senza mai scendere a compromessi. Ho battagliato, certo, ma fa parte del gioco. Sono sempre stata una persona riservata, anche un po’ scorbutica. Eppure ancora oggi sono circondata da gente che mi vuole bene, compresi tanti perfetti sconosciuti che per strada mi salutano con affetto. La morte Una cosa a cui non penso proprio Ho 90 anni e anche se con il sentimento il pensiero della morte è lontano, la logica mi dice il contrario. Non voglio dire che vivo nell’angosciosa attesa di quel momento, anzi a dirla tutta non ci penso proprio. So di aver goduto gran parte del tempo a mia disposizione e quindi mi riesce difficile pensare troppo al futuro. Vivo alla giornata. Ormai la mia carriera l’ho fatta, sono in pensione da un bel pezzo, invecchio ogni giorno di più e faccio sempre più fatica a fare qualsiasi cosa. (Tratto da «Nove vite come i gatti», Margherita Hack con Federico Taddia, Rizzoli, 16 euro)