MASSIMO GRAMELLINI, La Stampa 18/5/2012, 18 maggio 2012
Riabilitazione postuma - La notizia della morte di Donna Summer mi ha riportato alla mente il giorno in cui pensai di essere morto io
Riabilitazione postuma - La notizia della morte di Donna Summer mi ha riportato alla mente il giorno in cui pensai di essere morto io. Accadde quando una ragazza impegnata, che corteggiavo in modo inconcludente accompagnandola a vedere film d’avanguardia turchi sottotitolati in tedesco, scoprì nel vano della mia utilitaria la cassetta dei grandi successi di Donna Summer: «I feel love» e «I love to love you baby», 17 minuti di mugolii interrotti dalla sua voce che ripeteva «I love to love you baby». Qualcuno l’aveva messa lì a mia insaputa. All’epoca ascoltavo solo rock duro, cantautori impegnati e Baglioni, ma in bagno e con le cuffie per ragioni di privacy. La ragazza impegnata la prese malissimo. Forse nessuno le aveva mai detto «I love to love you baby», e per 17 minuti di fila. Avrei dovuto inserire la cassetta nell’autoradio e alzare il volume a palla. Invece le dissi la verità, ma con un tale senso di vergogna che a lei sembrò una bugia. Liberato della sua presenza, annegai il dolore nelle discoteche che cominciavano a prendere il posto delle assemblee studentesche come luogo di aggregazione sociale, rimbecillendomi coi suoni ipnotici di Donna Summer. Mi esibivo nel classico ballo ipnotico di Donna Summer: piedino destro avanti in diagonale, piedino destro indietro, piedino sinistro avanti in diagonale, piedino sinistro indietro. Per 17 minuti. Ora che Donna non c’è più, risento a piè fermo «I love to love you baby». Sembra bella. O comunque migliorata. Dovrei imparare a vergognarmi meno del presente, perché prima o poi diventerà un passato da rimpiangere.