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 2012  maggio 18 Venerdì calendario

Le confessioni di don Rebora all’amico editore Scheiwiller - Vanni Scheiwiller (1934-1999) non ha compiuto i diciott’an­ni quando subentra a Giovanni, suo padre, nella con­duzione della piccola casa editri­ce milanese che si fregia dell’in­segna del Pesce d’Oro ed è, fin dall’anteguerra,un approdo pri­vile­giato per alcuni tra i nuovi po­eti italiani

Le confessioni di don Rebora all’amico editore Scheiwiller - Vanni Scheiwiller (1934-1999) non ha compiuto i diciott’an­ni quando subentra a Giovanni, suo padre, nella con­duzione della piccola casa editri­ce milanese che si fregia dell’in­segna del Pesce d’Oro ed è, fin dall’anteguerra,un approdo pri­vile­giato per alcuni tra i nuovi po­eti italiani. Libriccini leggeri, i lo­ro; a volte addirittura tascabili. Sinisgalli, Scipione sono tra i pri­mi nomi nel catalogo. Più tardi il raggio si am­plia, Vanni procede per simpatie e, spesso, per re­stituire eviden­za ad autori, se non proprio obliati, relega­ti in penom­bra. Due alme­no è d’obbligo citarli: Camil­lo Sbarbaro, del quale Scheiwiller di­venterà il vero e legittimo edi­tore; e Clemen­te Rebora, poe­ta di spicco del primo Nove­cento ( Fram­menti lirici , 1913) ma estra­niatosi dal mondo letterario dopo la profon­da crisi che l’aveva condotto al­l’ordinazione sacerdotale (1936) a coronamento del quin­quennio vissuto nella congrega­zione dei rosminiani. Don Clemente Maria Rebora è a Stresa, in salute già molto pre­caria, quando Vanni lo cerca per coinvolgerlo (settembre 1954) in un Omaggio a Rimbaud nel centenario della nascita del poe­ta della Saison en enfer . La rispo­sta è pronta e positiva, malgrado i dubbî di Rebora sulla pertinen­za del suo contributo allo spirito del progettato Omaggio . Il tono è quieto ma rimane, ferma pre­messa, il divario non più colma­bile tra colui che Clemente era stato in gioventù e quello che da tempo, con l’«entrata in Religio­ne », ha - quasi con gioia - accan­tonato la poesia. Il carteggio tra lo studente Van­ni e il poeta ch’egli ammira da sempre si pubblica oggi in una ottima edizione: Clemente Re­bora Vanni Scheiwiller, Passio­ne e poesia. Lettere (1954-1957) , Interlinea, pagg. 137, euro 20. Ne è curatore Gianni Mussini, un filologo che di Rebora aveva anche allestito nel 1988, insie­me allo stesso Vanni, il volume delle Poesie 1913-1957 (una coe­dizione Scheiwiller-Garzanti). Il giorno di Ognissanti del ’57 il poeta muore, settantaduenne.Il rapporto epistolare termina con la lettera n. 58; ma, oltre che nell’ultima, in molte altre alla mano del mittente si è sostituitaquella di Enzo Gritti, caritatevo­le confratello nella Casa di Stre­sa. Don Clemente è inabile alla scrittura; e spesso anche alla pa­rola. Col puntuale sostegno del­le note, ripercorriamo un trien­nio di scambi di idee e di proposi­ti, intervallato anche da qualche visita: alle emozioni del ragazzo editore il poeta corrisponde con un tenero affetto paterno. Vanni è uno che pungola e non molla finché non raggiunge lo scopo. Dopo l’invito per la mi­scellanea Rimbaud, eccolo in­durre il poeta sacerdote a spedir­gli un testo ( sarà l’inno Il gran gri­do ) che accompagni la stampa delle sculture di unaVia Crucisdi Francesco Messina. Volente o nolente, Rebo­ra viene richia­matoalle cose della poesia: interpreto in questa chiave la (pur non en­t usiastica) adesione ch’egli dà alla battaglia di Vanni per la riabilitazione di Ezra Pound, tuttora - per il suo intemera­to filofasci­smo e assurdo antiamericani­smo - detenu­to in un mani­comio degli Stati Uniti. Ma il mag­gior successo dell’editore è nell’accaparrarsi, di Rebora, ilCurriculum vitae ,una straordi­naria autobiografia - in lasse per lo più endecasillabiche-che dal­l’errore conduce, per grazia, alla Verità. AlCurriculum ,pubblicato nel 1955, seguiranno iCanti dell’in­fermità (1956).Mentre la penosa «infermità», di cui è grato a Dio, allontana Re­bora ogni giorno di più dal cer­chio delle beghe umane, la sua opera torna, con l’impeto di una risurrezione, al centro del qua­dro della nostra poesia. Vanni saluta in Rebora «l’uni­co vero poeta religioso italiano vivente»; ben altro da quel «trombettiere di Cristo» che è Pa­dre David Maria Turoldo! Certo, in Rebora la poesia,un’esperien­za data per conclusa da decennî, se riprende voce cosìin extremislo fa per dichiarare - irresistibil­mente - la propria sudditanza a un Vero e per glorificarlo in asso­luta umiltà. E allora i normali criterî di giu­dizio, nel caso dell’ultimo Rebo­ra, si applicano con difficoltà.