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 2012  maggio 18 Venerdì calendario

Il «Porta a porta» egiziano accende la corsa elettorale - Acinque giorni dalle presi­denziali, gli egiziani si ap­passionano al porta a por­ta, non soltanto quello della cam­pagna elettorale, dei volantini con­segnati da entusiasti attivisti in ogni quartiere, quello dei comizi elettorali ovunque in Egitto

Il «Porta a porta» egiziano accende la corsa elettorale - Acinque giorni dalle presi­denziali, gli egiziani si ap­passionano al porta a por­ta, non soltanto quello della cam­pagna elettorale, dei volantini con­segnati da entusiasti attivisti in ogni quartiere, quello dei comizi elettorali ovunque in Egitto. Gli egiziani sono da sempre abituati a vivere di notte, appoggiati ai tavoli dei caffè popolari, seduti sui loro balconi, indaffarati in polverosi uf­fici anche a orari improbabili, in­collati agli schermi televisivi a guardare l’ultima partita di calcio. Ora il pallone, passione naziona­le, ha lasciato il posto a una nuova frenesia politica post-rivoluziona­ria, che ha trasformato anche il cit­tadin­o meno interessato in un ana­lista politico, avido di notturni pro­grammi elettorali. Per la prima volta nella millena­ria storia dell’Egitto, la popolazio­ne assapora in queste ore una vera campagna elettorale, che dalla strada finisce sugli schermi tv. È certo una campagna imperfetta, problematica, segnata da brogli e violenze e da minacce di posticipa­re il voto. La rivoluzione di febbra­io sembra lontana, la transizione democratica incredibilmente dif­ficile. Ma l’inedita lotta tra i rivali candidati alla presidenza sfoggia impensabili dibattiti televisivi tra i candidati, una scelta variegata di tribune ed eventi elettorali, pagi­nate di programmi, manifesti e una serie di talk show serali che si concludono soltanto a tarda not­te. Se «Porta a Porta» si trasferisse in Egitto nell’era delle elezioni, si chiamerebbe «Masr Tantakhib Al Raìs» - «L’Egitto vota il presiden­te » - il programma televisivo in on­da ogni sera alle nove sul canale privato Cbc dall’inizio della cam­pagna elettorale. Il canale è nato dopo la rivoluzione, finanziato da un uomo d’affari legato all’ex regi­me. Per due puntate consecutive ogni candidato - in tutto sono 13 ­si presenta ai telespettatori e ri­sponde alle domande di giornali­sti ed esperti. Si tratta di una prima assoluta in un Paese in cui l’antica sacralità del faraone si è tradotta nei secoli nella granitica inviolabilità dei se­greti de raìs- politici, familiari, eco­nomici e di salute. Nel moderno studio di «Masr Tantakhib Al Rais», il candidato siede con due giornalisti - non sempre gli stessi ­attorno a un tavolo rotondo. Poco più in là, come professori in catte­dra a un esame di università, tre esperti- analisti politici, professo­ri di diritto, politilogi, economisti. Dopo una scheda di presentazio­ne del candidato e tre minuti dili­gentemente cronometrati di intro­duzione da parte del protagoni­sta, i due giornalisti torchiano l’aspirante presidente con una se­rie di domande, tra gli applausi del pubblico in sala. Poi, è il turno de­gli esperti, più pignoli, in cerca del dettaglio. «Non abbiamo mai visto qualco­sa di simile, per noi è una novità ascoltare i politici rispondere a tut­te queste domande, parlare di que­stioni finora tabù, come i loro sol­di, le loro ville, la loro salute, gli af­fari delle mogli», spiega Amira, una giovane egiziana che ha soste­nuto la rivoluzione di febbraio e che ora, dice, se avesse tempo non smetterebbe di guardare i talk show politici. La settimana scorsa, il primo di­battito elettorale della storia del Paese ha fermato l’Egitto per ore. Davanti alle telecamere, il mode­ratore ha chiesto ai due rivali di parlare del proprio stato di salute. La domanda non è ovvia in Egitto. Ibrahim Eissa, direttore del giorna­le Al Dustour , fu condannato a due anni di prigione dai giudici per un articolo del 2007 sulla salute del raìs Hosni Mubarak, le cui condi­zioni mediche sono sempre rima­ste segrete. In tv, il candidato Abul Futouh ha addirittura mostrato ai telespettatori la sua cartella clini­ca. Al tavolo di «Masr Tantakhib Al Raìs»si parla di tutto,dai program­mi politici alle famiglie dei candi­dati (le schede iniziali mostrano anche le fotografie di moglie e fi­gli). La novità piace agli egiziani. I talk show esistono da tempo nel Paese, soprattutto sulle tv private, cui in passato era spesso negata la licenza di trasmettere telegionar­li. Per parlare di politica, le emit­tenti hanno introdotto negli anni la formula del dibattito. I program­mi più seguiti sono tra gli altri «Ba­ladna bel Masry», «Il nostro Paese in egiziano», su On Tv , e la trasmis­sione di Mona Al Shazly, su Dream Tv . La rivoluzione e gli appunta­menti elettorali hanno trasforma­to la scena dei mass media, più li­beri di prima, anche se non total­mente, spiega Rasha Abdulla, do­cente di Comunicazione di Massa all’American University del Cairo. «I talk show sono diventati il passa­tempo nazionale e il luogo princi­pale dove gli egiziani traggono in­formazioni sui candidati. Non tut­ti leggono i programmi elettorali dei candidati, ma molti guardano la tv. Per questo le performance te­levisive de­gli sfidanti possono real­mente avere un impatto sul voto».