Annamaria Capparelli, Il Sole 24 Ore 18/5/2012, 18 maggio 2012
NON È UN PAESE PER GIOVANI
Il potere in Italia resta saldamente nelle mani degli over 60. In politica, nell’industria, nelle banche, nella Pubblica amministrazione e nella Chiesa i giovani sono tenuti lontani dalla stanza dei bottoni. Una classe dirigente super matura che con una media di 59 anni è la più vecchia dell’Europa.
Insomma l’Italia è sempre meno un paese per giovani. E non sembrano esserci, almeno a breve, segnali di un’inversione di rotta. Una situazione che sicuramente rallenta i cambiamenti e blocca quella svolta che solo un pizzico di spregiudicatezza tipico delle giovani leve può favorire. Ma il rischio di una presenza così pregnante di anziani in tutti i campi toglie anche le speranze a chi vuole investire sul suo futuro professionale e favorisce la fuga di cervelli.
La desolante fotografia è stata scattata da un report realizzato dalla Coldiretti, in collaborazione con l’Università della Calabria, presentato ieri all’assemblea dei giovani dell’organizzazione agricola.
All’estero la musica invece è diversa. Lo studio ricorda che in Gran Bretagna, per esempio, David Cameron è diventato primo ministro a 43 anni, Tony Blair a 44, John Major a 47 e Gordon Brown a poco più di 50.
E se è vero che nel nuovo governo francese, che ha giurato ieri, non ci sono enfant prodige, la presenza di ministri come Manuel Valls,49 anni, e Aurelie Filippetti, 38, abbassa comunque decisamente la media, dando così quel tocco di freschezza che in Italia manca.
L’età media del governo Monti è di 64 anni, e i ministri più giovani sono Renato Balduzzi e Filippo Patroni Griffi, 57 anni. Va un po’ meglio in Parlamento dove sicuramente c’è stato uno svecchiamento. Alla Camera la media è di 54 anni. Ma anche tra i parlamentari si potrebbe fare di più. L’indagine infatti rileva che nelle ultime tre legislature sono stati eletti solo due under 30, mentre il peso dei parlamentari compresi nella classe di età tra 25 e 29 anni è del 28% della popolazione eleggibile. Oggi solo un deputato sui 630 ha meno di 30 anni e 47 sono al di sotto dei 40, 157 invece gli over 60.
Ma non sono i politici i più attempati. Sono infatti le banche a conquistare la palma dei manager con i capelli bianchi. Età media - recita il rapporto - 67 anni. Lo stesso standard si ritrova solo nelle file dei vescovi della Chiesa, dove l’anzianità è un requisito.
E non va meglio nelle Università. I professori italiani infatti risultano i più maturi d’Europa. Nelle nostre facoltà un quarto dei docenti supera i 60 anni, in Francia e Spagna sono soltanto il 10 per cento e solo l’8 per cento in Gran Bretagna. La media italiana viaggia sui 63 anni e i giovani sono vere mosche bianche. L’indagine ne ha «scovati» solo 3 su 16mila al di sotto dei 35 anni e 78 under 40. Il peso specifico? Lo 0,5 per cento. Praticamente nullo per un Paese che dichiara di voler investire sull’innovazione. È vero che hi-tech non fa rima con gioventù, ma è indubbio che dagli under 40 ci si attende una motivazione molto più forte alla modernizzazione.
In linea anche i manager delle imprese partecipate dallo Stato che superano i 61 anni, mentre leggermente meno «maturi» sono i capitani dell’industria privata che scendono a 53 anni.
Abbondantemente over 50 i direttori generali della pubblica amministrazione (sarà un caso che la nostra è una burocrazia asfissiante con norme stratificate?) e le rappresentanze dell’industria e del commercio. Non sfuggono alla regola, in assoluta par condicio, anche i sindacati con una media di 57 anni, Raffaele Bonanni, leader della Cisl, per esempio, ne ha 56.
E invece la sorpresa spunta in agricoltura. Il settore più «antico» e legato alle tradizioni, quello con un turn over lentissimo (i giovani titolari di imprese non raggiungono il 3%) vanta invece una rappresentanza giovane. Almeno in casa Coldiretti dove l’età media dei presidenti regionali - sottolinea il report - è di 47 anni, la stessa del leader nazionale, Sergio Marini. Che ha commentato lo studio con parole durissime, denunciando accanto all’alto tasso di senilizzazione delle istituzioni anche un’altra pesante ipoteca sul futuro del paese «le idee vecchie con le quali si vuole affrontare la crisi, riproponendo modelli di sviluppo fondati sulla finanza e sulle economie di scala che hanno fallito altrove».