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 2012  maggio 17 Giovedì calendario

GEMONIO

Raccontano che così non l´hanno mai visto. «A mezzogiorno l´ha chiamato uno dei triumviri ed è scoppiato a piangere... E´ distrutto». Il tono di voce del dirigente maroniano, uno di quelli già incasellati nell´organigramma della rifondazione leghista, si incrina nel descrivere lo stato psicologico di Bossi versione day after. Anche un segno di rispetto, oltre all´onore delle armi. «In venticinque anni l´Umberto non è mai stato così giù. E´ finito nell´angolo, ha intorno terra bruciata e, fuor di retorica, stavolta non so se e come riuscirà a reagire». La valanga che si è staccata e che sta trascinando a valle la famiglia di Gemonio si ingrossa ogni giorno, ogni ora. Sotto c´è lui, il druido padano tradito e ferito, il vecchio capo che adesso - sotto i colpi dall´inchiesta giudiziaria che si è abbattuta non più solo su cerchi e cerchietti ma anche su figli e famigli e sull´uomo simbolo - è talmente piegato da non sapere nemmeno come racimolare le forze per «trattare la resa» all´interno della Lega. Lo vorrebbero presidente. Così prevede il patto con Maroni - ma l´ex ministro ha chiarito ieri che non ci saranno candidati calati dall´alto, e che «chiunque potrà candidarsi ai congressi» - tuttavia il Bossi attuale non riesce a pensare al futuro. E´ sotto choc, e forse non solo lui. Ieri in pochi hanno avuto cuore e coraggio di affacciarsi nell´ufficio in via Bellerio, una specie di bunker. Qualcuno, però, lo ha raggiunto al telefono e ne ha raccolto lo sfogo da fine impero. «Basta, mi faccio da parte. Andate avanti voi...». Il Senatur non ha trattenuto la commozione quando uno dei triumviri ai quali ha affidato il traghettamento della Lega lo ha chiamato per sentire come stava. «Ciao Umberto... ». «Sto male, malissimo...», ha tagliato corto prima di esplodere in un pianto liberatorio. Nel pomeriggio si è lasciato andare anche con un amico che non sentiva da tempo e che lo ha trovato avvilito (lui ha usato un altro termine). Il Senatur, dunque, alza bandiera bianca? Resa, cessate il fuoco o fine delle ostilità? I legologhi più attenti dicono che a pensare che questa volta sia come tutte le altre, si commette un grave errore. In effetti basta ascoltare le parole di Matteo Salvini, pasdaran maroniano, per capire l´aria che tira nel Carroccio. «Bossi ci ha portato fino a qua, detto questo la Lega va avanti e prescinde dai nomi». Anche senza Bossi, insomma. Il quale a questo punto lo sa benissimo. Non è un caso che trentasei ore dopo l´arrivo dei nuovi avvisi di garanzia, il leader leghista non abbia ancora aperto bocca. Incapace persino di abbaiare alla luna, come aveva fatto quasi sempre. E i complotti, e Roma ladrona, e il centralismo che «ci odia», e la giustizia a orologeria, e i magistrati carogne, vecchio adagio berlusconiano. «Non può più farlo - ragiona ancora il dirigente padano - sarebbe un´uscita dissennata anche per uno imprevedibile come lui». Fino a ieri c´era la fila per incrociare Bossi in Bellerio; adesso parlamentari e dirigenti - al di là delle assemblee del consiglio federale - si tengono prudentemente alla larga. Il clima si misura anche dalle dichiarazioni. Sciroppose quelle a caldo dell´altro giorno. Tra affetto e solidarietà. Ma ieri a esternare sono stati solo i pochi bossiani ortodossi rimasti. Perché scompaginato il cerchio magico, il clan Bossi, quello dei famigli, può contare sostanzialmente soltanto sulla strenua resistenza di due "anelli": Manuela Marrone e Marco Reguzzoni. Oltre a una Rosy Mauro ridimensionata ma che continua a essere vicina alla famiglia caduta politicamente in disgrazia. Da quando ha dovuto lasciare il posto a Gianpaolo Dozzo, Reguzzoni, ex capogruppo alla Camera e un tempo "cocco" di casa Bossi, è praticamente scomparso dalla scena. In parlamento si vede sempre meno, idem alle iniziative sul territorio. I maligni dicono che si stia molto spendendo nel tentativo di convincere Bossi a non mollare, a resistere a tutto, anche alle sportellate giudiziarie. Reguzzoni e Manuela, i due consigliori che cercano di tenere in vita artificialmente il Bossi politico. Un´impresa sempre più ardua. Forse è l´ultimo atto della cruenta guerra tra bande che, prima e durante le inchieste della Procura, ha ridotto la Lega a un partito sull´orlo del precipizio.