Gianpiero Dalla Zuanna, Corriere della Sera 18/05/2012, 18 maggio 2012
E I BIANCHI DIVENNERO MINORANZA
Salinas, cento miglia a sud di San Francisco, è la città dove John Steinbeck è nato e ha ambientato alcune delle sue più famose opere letterarie, come Uomini e topi. Salinas è chiamata «the Salad Bowl of America» (l’insalatiera d’America), perché il suo clima mite permette ogni anno otto raccolti d’insalata. A Salinas vive una mia amica medico. Benjamin, suo figlio diciassettenne, è uno dei due «bianchi» in una high school dove tutti gli altri studenti sono figli di messicani, sudamericani e asiatici immigrati, che lavorano nei campi di ortaggi. Benjamin — fieramente anglofono — a scuola si trova bene, ma ha difficoltà a comunicare con molti dei suoi compagni, perché lo spagnolo non viene nemmeno insegnato, essendo compreso e usato correntemente da tutti. Del resto, alcuni dei suoi compagni fra di loro non parlano lo spagnolo, ma i dialetti delle montagne interne messicane. Questa storia aiuta a capire il senso del dato pubblicato ieri dal New York Times: per la prima volta nella storia degli Usa, nel 2011 i neonati bianchi non ispanici sono stati meno della metà delle due milioni di nuove nascite. Le «minoranze» (ispanici, neri, asiatici e figli di coppie miste) sono diventate maggioranza, il 50,4%. L’Italia nel suo complesso è ancora lontana da questi numeri: nel 2010 i nati con entrambi i genitori stranieri sono stati «solo» il 14%, anche se il doppio rispetto al 2002. Ma in vaste zone del paese le cose sono ben diverse. Nel comune vicentino di Arzignano — nel distretto delle concerie, dove lavorano praticamente solo operai stranieri — nel 2010 le nascite con entrambi i genitori stranieri sono state il 45%. Il 50% registrato mediamente negli Usa viene oggi superato abbondantemente ad Arzignano se — come fanno gli statistici americani — i figli di coppie miste vengono inclusi nel calcolo.
Gli Usa e Arzignano configurano il futuro della popolazione italiana ed europea? Con la crisi, gli ingressi immigratori sono rallentati e i rientri in patria sono aumentati. Questa inversione di tendenza è stata particolarmente accentuata in alcune regioni europee — come in Catalogna, particolarmente colpita dal collasso della produzione edilizia. Anche i primi dati del censimento italiano del 2011 suggeriscono che — verosimilmente — una parte degli stranieri oggi ancora iscritta nelle anagrafi comunali in realtà ha fatto ritorno in patria. Tuttavia, nei prossimi anni è facile prevedere che in Italia il numero di stranieri stabilmente presenti aumenterà ancora, anche se la crisi continuerà. In Veneto nel 2011 le imprese hanno creato appena metà dei nuovi posti di lavoro creati nel 2008. Tuttavia, la proporzione di questi nuovi posti occupati da stranieri è rimasta invariata, quasi il 40%. Ciò significa che — da un lato — per alcune figure professionali gli imprenditori preferiscono rivolgersi a nuovi lavoratori stranieri, dall’altro che molti giovani italiani possono ancora permettersi di rifiutare posti di lavoro considerati, a torto o a ragione, non in linea con le aspettative loro (e dei loro genitori). Inoltre, nei prossimi anni — malgrado la riforma Fornero abbia drasticamente alzato l’età pensionabile — lasceranno progressivamente il lavoro i figli del baby boom, nati nel 1950-75, molto numerosi, con basso titolo di studio e in gran parte impegnati in attività manuali, mentre si affacceranno sul mercato del lavoro le striminzite generazioni nate dopo il 1975, in buona parte diplomati. Poiché i lavori manuali non spariranno certo di colpo, si aprono grandi opportunità per nuovi lavoratori che vengono da lontano. Infine, per i prossimi decenni in molti Paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina la demografia agisce in senso opposto: i nuovi aspiranti lavoratori saranno molto più numerosi dei nuovi pensionati, e anche se in molti di questi Paesi la crescita economica corre veloce, non tutti i giovani troveranno qualcosa da fare in patria, e molti di loro cercheranno fortuna in Occidente.
Quindi, l’Italia e l’Europa diventeranno sempre più simili agli Usa e ad Arzignano (e forse a Salinas). È bene affrontare questo straordinario mutamento, adeguando il nostro sistema sociale, scolastico, normativo e politico. Ma, prima di tutto, rinnovando le nostre mentalità.
Gianpiero Dalla Zuanna