Gianliugi Nuzzi, Sette 18/5/2012, 18 maggio 2012
Inchiesta sui veleni della Santa Sede Le carte segrete sulla scrivania di papa Ratzinger Incontri riservatissimi, nuovi documenti sul caso Boffo, misteriosi report
Inchiesta sui veleni della Santa Sede Le carte segrete sulla scrivania di papa Ratzinger Incontri riservatissimi, nuovi documenti sul caso Boffo, misteriosi report. Il giornalista Gianluigi Nuzzi ha raccolto documenti che svelano trame e intrighi in Vaticano e pubblica tutto in un libro: anticipiamo alcuni tra i passaggi più importanti Le “note riservate” sul presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano per l’incontro privato di Benedetto XVI, le lettere di Dino Boffo al Papa nelle quali l’ex direttore di Avvenire indica i congiurati nell’operazione che lo costrinse alle dimissioni nell’estate del 2009, i consigli della segreteria di Stato al pontefice sul caso Emanuela Orlandi, il conto corrente del Santo Padre, n. 39887, aperto il 10 ottobre 2007 presso lo Ior, la banca del Vaticano. Trame, intrighi, segreti: dalla Curia romana alle diocesi in tutto il mondo, ricostruiti in un’inchiesta che si spinge fin dentro l’appartamento privato di papa Ratzinger. Sveglia alle 6.45, Messa privata e colazione, poi Joseph Ratzinger, con i suoi segretari Georg Gänswein e Alfred Xuereb, vaglia i problemi e le criticità che la Chiesa incontra in ogni angolo del pianeta. Un lavoro su centinaia di documenti riservati tra rapporti, lettere e messaggi cifrati che finiscono poi in archivio per essere segretamente custoditi. Queste carte sono il punto di partenza del nuovo libro di Gianluigi Nuzzi Sua Santità, le carte segrete di Benedetto XVI. Nuzzi non è nuovo a inchieste di questo tipo, era già entrato nella “cassaforte” della Curia con Vaticano SpA (tradotto in 12 lingue), ma oggi, grazie a informatori di cui svela le tecniche ma non i nomi, arriva nell’ufficio del Papa, svelando intrighi di Curia, scontri con la cancelliera Angela Merkel sui negazionisti della Shoah, la clamorosa confessione del segretario storico di padre Marcial Maciel, le coperture in Vaticano del fondatore dei legionari di Cristo, i report riservati al Papa di Ettore Gotti Tedeschi, presidente dello Ior, sull’ospedale San Raffaele di Milano dopo il confronto con Corrado Passera quando era ad di Banca Intesa. Due Paesi, Italia e Vaticano, i cui interessi s’intrecciano ogni giorno: dalle trattative sotterranee con il governo Berlusconi sull’Ici, ai report difensivi del Cavaliere durante il caso Ruby, sino alle raccomandazioni di Gianni Letta. Né mancano questioni ancor più delicate: il crac delle diocesi Usa dopo i risarcimenti per lo scandalo dei preti pedofili, gestito da quel monsignor Carlo Maria Viganò mandato come nunzio a Washington dopo essersi scontrato con il cardinal Tarcisio Bertone, i messaggi criptati dalle nunziature su omicidi a sfondo sessuale di sacerdoti, sino alle direttive del segretario di Stato sui rapporti con i terroristi baschi dell’Eta per il cessate il fuoco. Passando per le tante anime della famiglia cattolica: le incomprensioni tra Cl e la Diocesi di Milano, le mosse dell’inviato segreto di Bertone per conquistare l’Istituto Toniolo, cassaforte dell’Università Cattolica, la ragnatela della diplomazia per ricomporre lo scisma con i lefevbriani. Quello che emerge è un Vaticano pieno di chiaroscuri e un pontefice impegnato a tenere unite tante anime tra loro a dir poco contrapposte. Abbiamo chiesto a Nuzzi e alla casa editrice Chiarelettere di anticiparci, in esclusiva, alcuni tra i più importanti passaggi dell’inchiesta domani in libreria. Quella cena con Napolitano In Vaticano, fin dall’elezione del 2006, Giorgio Napolitano viene riconosciuto sempre più come interlocutore di prestigio e rilievo nelle relazioni con l’Italia. Capace di assumere un ruolo significativo in momenti cruciali, come puntualmente poi accadrà nell’autunno del 2011 con il lento passaggio del testimone da Berlusconi a Monti e la formazione di un primo governo tecnico. Così si è costruito, mese dopo mese, un rapporto solido tra Santa Sede e Quirinale, basato anche su incontri dei quali fino a oggi non si era saputo nulla. Dalle carte riservate emerge come diplomazia e cerimoniale, nei primissimi giorni del 2009, fossero in fermento per preparare un incontro rimasto segreto: una cena privata in Vaticano tra i coniugi Napolitano e Benedetto XVI per il 19 gennaio 2009. L’attività preparatoria nei Sacri palazzi è curata direttamente dal numero tre della segreteria di Stato, ovvero uno dei più stretti collaboratori del cardinal Bertone: monsignor Dominique Mamberti, sorta di ministro degli Esteri della Santa Sede. L’attenzione è rivolta non solo al rango dell’ospite ma anche ai delicati argomenti da sottoporgli, almeno da quanto emerge dall’articolata nota preparatoria indirizzata direttamente a Sua Santità. Il documento apre con una breve biografia privata di Napolitano, che ripercorre le tappe della sua carriera politica, per affrontare, nel secondo paragrafo, quelli che vengono indicati già nel titolo come «alcuni temi di interesse per la Santa Sede e la Chiesa in Italia». Il documento ben esprime la moral suasion sui politici italiani. I toni sono diretti, le indicazioni esplicite. Il primo argomento che si caldeggia è quello della tutela della famiglia fondata sul matrimonio rispetto alle unioni di fatto. C’è allarme. Il rapporto enfatizza e sottolinea i tentativi di porre le due unioni sullo stesso piano, visto che «due esponenti del governo (Renato Brunetta e Gianfranco Rotondi) – si legge nel documento – hanno purtroppo fatto annunci in tal senso». La linea è invece chiara e ferma: «Si devono evitare equiparazioni legislative o amministrative fra le famiglie fondate sul matrimonio e altri tipi di unione». In questa ottica, «potrebbe risultare utile un sistema di tassazione del reddito delle famiglie che tenga conto, accanto all’ammontare del reddito percepito, anche del numero dei componenti della famiglia e quindi delle spese per il mantenimento dei familiari». Si passa poi alle numerose questioni pendenti, dalla parità scolastica ai «temi eticamente sensibili », come l’eutanasia. L’interesse della Santa Sede per le iniziative legislative in Italia è pressante: «Riguardo all’ipotesi di un intervento legislativo in materia di cure di fine vita e di dichiarazioni anticipate di trattamento, si avverte anzitutto l’esigenza di una chiara riaffermazione del diritto alla vita, che è diritto fondamentale di ogni persona umana, indisponibile e inalienabile. Conseguentemente, si deve escludere qualsiasi forma di eutanasia, attiva e omissiva, diretta o indiretta, e ogni assolutizzazione del consenso. Occorre evitare sia l’accanimento terapeutico sia l’abbandono terapeutico». Quanto alla parità scolastica, si rammenta a Benedetto XVI che in Italia «il problema attende sempre una soluzione, pena la scomparsa di molte scuole paritarie, con aggravi sensibili per lo stesso bilancio dello Stato. Occorre trovare un accordo sulle modalità dell’intervento finanziario, anche al fine di superare recenti interventi giurisprudenziali che mettono in dubbio la legittimità dell’attuale situazione». Non è dato sapere in quali termini il pontefice abbia sottoposto gli argomenti a Napolitano, di certo l’agenda dei temi è ben diversa da quelle degli incontri ufficiali. «Santità, ecco i congiurati» La campagna stampa de Il Giornale nell’estate del 2009 su Dino Boffo, basata su un’ipotetica condanna per molestie e una falsa velina giudiziaria su una sua presunta omosessualità, portò alle dimissioni dell’allora direttore de L’Avvenire. Ma quella che finora è suonata soprattutto come una campagna mediatica contro chi criticava il Cavaliere (il famoso “metodo Boffo”) oggi sembra delinearsi più come una congiura consumata nei sacri palazzi. A sostenerlo è proprio Boffo: non pubblicamente ma scrivendo alcune lettere dopo mesi passati a capire chi aveva ordito l’attacco contro di lui e con quali fini. Una vera e propria indagine difensiva, analizzando la stampa, informandosi presso amici e conoscenti nel mondo dell’informazione e della politica, raccogliendo elementi che lo «sconvolgono». I risultati sono riassunti in tre lunghe missive riservate, due a monsignor Georg, segretario particolare di Benedetto XVI, e una al cardinale Angelo Bagnasco, segretario della Conferenza Episcopale Italiana. Boffo racconta quanto accaduto, ne spiega i motivi, indica con nomi e cognomi gli esecutori, ipotizza i mandanti e spiega i moventi della sua morte professionale. Così il 6 gennaio 2010, poco prima di cena, in un’orario in cui Gänswein si trova solo in ufficio, dalla sua casa di campagna a Oné di Fonte, vicino a Treviso, Boffo infila cinque fogli nella macchina del fax. La missiva è indirizzata direttamente a don Georg. Sul frontespizio la parola «riservatissima» annuncia il tenore dello scritto, un j’accuse che possiamo dividere in tre parti. Nella prima individua i responsabili. Nella seconda indica le motivazioni che avrebbero provocato la campagna contro di lui, nella terza cerca una via d’uscita, ricordando che è senza lavoro: «Reverendissimo Monsignore, […] sono venuto a conoscenza di un fondamentale retroscena, e cioè che a trasmettere a Feltri il documento falso sul mio conto è stato il direttore de L’Osservatore Romano, professar Gian Maria Vian. Il quale non ha solo materialmente passato il testo della lettera anonima […] ma ha dato ampie assicurazioni che il fatto giudiziario da cui quel foglio prendeva le mosse riguardava una vicenda certa di omosessualità, che mi avrebbe visto protagonista essendo io – secondo quell’odioso pettegolezzo – un omosessuale noto in vari ambienti, a cominciare da quello ecclesiastico, dove avrei goduto di colpevoli coperture per svolgere indisturbato il delicato ruolo di direttore responsabile di testate riconducibili alla Conferenza Episcopale italiana». Boffo cerca quindi di individuare e indicare anche un mandante, quantomeno morale, di quanto accaduto. Il nome che emerge, con un coinvolgimento dai toni più sfumati, meno diretto, ma comunque dirompente è quello di Tarcisio Bertone. A sostegno del coinvolgimento del segretario di Stato, stando almeno allo scritto, non prove inappuntabili ma deduzioni e indizi: «Non credo, per essere con Lei schietto fino in fondo, che il cardinale Bertone fosse informato fin nei dettagli sull’azione condotta da Vian, ma quest’ultimo forse poteva far conto, come già in altri frangenti, di interpretare la mens del suo Superiore: allontanato Boffo da quel ruolo, sarebbe venuto meno qualcuno che operava per la continuità tra la presidenza del cardinale Ruini e quella del cardinale Bagnasco […]». Don Georg riceve la lettera e si può ipotizzare che si sia confrontato con il Papa, visto che Boffo chiama in causa due strettissimi collaboratori del pontefice. Di sicuro l’11 gennaio, dopo qualche giorno, decide di rispondere. Non con una lettera, dando così ufficialità a una risposta, ma a voce, via filo. Gänswein alza la cornetta e telefona direttamente a Boffo esprimendo «carità sacerdotale» e chiedendo altri dettagli. Ne nasce un carteggio con altre lettere che l’ex direttore invia prima al segretario del Papa, il 12 gennaio, e poi, a settembre, a Bagnasco. Da parte sua Vian ha sempre taciuto, facendo riferimento alla nota della segreteria di Stato che nel dicembre 2009 smentisce qualsiasi voce su un coinvolgimento del direttore del foglio della Santa Sede. Allora, chi ha ragione, chi tace, chi mente? Arriviamo a settembre del 2010, quando Boffo chiede aiuto a Bagnasco. Vuole giustizia. Ma il segreto e la verità sembrano essersi ormai uniti a sigillo per inabissarsi. Poche settimane e in autunno Boffo è riabilitato. Torna direttore di Sat2000, la tv dei vescovi. Lo scandalo è ricomposto. Senza vittime, né colpevoli. Il delicato caso del tartufo di Alba Nei documenti ci sono anche fatti culinari e situazioni paradossali. È il caso di un maxi tartufo battuto all’asta di beneficenza di Alba per oltre centomila euro. Il benefattore, un industriale piemontese, vuole regalarlo a Benedetto XVI: offre garanzie di essere un buon cattolico e indica, come garante, il vescovo di Cuneo. Va bene insaporire le tagliatelle, ma quel tartufo è esagerato. Dall’appartamento privato parte il «nulla osta»: le scaglie devono essere destinate ai senzatetto della mensa della Caritas di Roma.