Paolo Berizzi, la Repubblica 17/5/2012, 17 maggio 2012
La fatwa di Manuela "Se ora ce ne andiamo noi finisce anche la Lega" – GEMONIO - «Se ce ne andiamo noi, finisce anche la Lega»
La fatwa di Manuela "Se ora ce ne andiamo noi finisce anche la Lega" – GEMONIO - «Se ce ne andiamo noi, finisce anche la Lega». Un grido di dolore che suona come un avvertimento, o forse è solo l´inizio della resa. Un ultimo, disperato tentativo di sopravvivere alla tempesta, a se stessi, ai danni causati da una metastasi chiamata family. Adesso che il giocattolo si è scassato, nel castelletto di Gemonio il clima è da ultimi giorni di Pompei, e pazienza se la citazione non è proprio padana, ma questo è. Quando deflagra il nuovo terremoto degli avvisi di garanzia - sono appena passate le 13 - , in casa ci sono solo Manuela Marrone e Eridano Sirio, il più piccolo dei Bossi. Renzo - che vive da solo a San Donato milanese - è in vacanza in Marocco con la fidanzata ballerina, Silvia Baldo, e con i «miei amici», l´ex assessore regionale Monica Rizzi e il compagno («ho organizzato il viaggio mesi fa», dice a sera il Trota per spazzare via allusioni e cattivi pensieri). Manuela, di umor nero, è rientrata dalla scuola Bosina, sede accanto allo stadio di Varese e cioè a ventidue minuti di utilitaria dal cancelletto della villa dei Bossi, da quel terrazzo battente bandiera col Sole delle Alpi che affaccia sul paese e che - secondo i carabinieri del Noe - sarebbe stato ristrutturato coi soldi della Lega. Il Senatùr è già a Milano, nella sede del Carroccio. L´hanno visto uscire da casa che erano le undici e quando le agenzie battono la notizia è chiuso nel suo ufficio in via Bellerio. È lì che gli notificano l´avviso di garanzia per truffa ai danni dello Stato. È lì che, al telefono, la moglie lo raggiunge per ripetergli le parole pronunciate come un mantra negli ultimi giorni, mentre l´inchiesta puntava dritta sul "clan Bossi". «Tu hai inventato la Lega, tu e la tua famiglia che ti è sempre stata accanto. Se adesso ce ne andiamo noi - è il ragionamento - finisce anche la Lega». Un suggerimento? Una minaccia della serie "muoia Sansone con tutti i Filistei" e chi ha orecchie intenda? Già, ma intenda cosa, arrivati a questo punto? L´Umberto di ieri è un uomo sfiancato. Chi gli ha parlato lo descrive così, «sfiduciato», «triste». «Ma reagirà», dice Maroni, l´epuratore candidato unico alla segreteria federale. Che dalla Procura sarebbe arrivata la mazzata sulla family, Bossi se lo aspettava. Lo aveva pronosticato anche l´altra notte mentre l´Audi si arrampicava sull´ultimo tornante prima di arrivare in via Verbano dopo il caffè al bar di Laveno. «Adesso andranno avanti, colpiranno me e i miei figli... E maledetto il giorno in cui li ho messi nella Lega». Anche da qui la decisione di mollare la presa sul partito e lasciare campo aperto alla candidatura di Maroni, alla "Lega 2.0". Via Bellerio e via Verbano, dunque. La giornata più lunga della Lega di Famiglia corre sull´asse che unisce i due topos per eccellenza della cupola leghista. È a Gemonio che dal 2004, dopo la malattia di Bossi, si è trasferito stabilmente il ponte di comando della balena verde. È qui che, come già accaduto a Pasqua quando il Senatùr affrontò a muso duro Renzo obbligandolo a dimettersi da consigliere regionale dopo le rivelazioni dell´inchiesta («ti ho dato un´occasione e l´hai buttata nel cesso»), è qui che si entra di nuovo nella fase dello showdown familiare. Nelle ore che hanno preceduto i nuovi avvisi di garanzia, Umberto ha fatto di nuovo mea culpa sulla sciagurata scelta di fare entrare il Trota nell´agone politico. Una decisione a lungo caldeggiata da Manuela, e forse, dicono, un po´ subita dal Senatùr. Il quale adesso, su questo punto, non vuole più sentire ragioni. «Ho fatto una cazzata che ha fatto male alla Lega», si è sfogato. A nulla sono valsi gli argomenti della moglie, la maestra siciliana sposata nel ‘95, la co-fondatrice che per puntellare il giocattolo di famiglia ha tanto premuto affinché «un Bossi» scendesse in campo per tenere salda la golden share sul Carroccio dopo la malattia del marito. Ora che la Procura ha tolto la maschera alla Lega Padrona, ora che vengono fuori le «paghette» da 5mila euro che il tesoriere Francesco Belsito allungava - «Bossi al corrente» - a Renzo e Riccardo per spese personali, auto, affitti, avvocati, nel castelletto di Gemonio riesplode il dramma di un clan che si trova con tre persone indagate per truffa ai danni dello Stato e appropriazione indebita. E´ l´atto finale, il più drammatico di una nemesi che va avanti da mesi. «Renzo deve rientrare subito, deve venire qua», ha tuonato il Senatùr al quale - riferiscono - nella lacerazione devastante ha dato parecchio fastidio il fatto che uno dei due rampolli di casa, il Trota appunto, si trovi, è solo una casualità, in vacanza. Bossi resta trincerato nel fortino di via Bellerio per tutto il giorno: rinuncia alle solite invettive complottiste, al vittimismo da «giustizia a orologeria». Se ne va venti minuti dopo le 20. Talmente «amareggiato» che non gli ha fatto effetto nemmeno il diluvio di dichiarazioni sulla sua «onestà» e «generosità», sullo stile di vita frugale, la passione per la politica e la dedizione alla Lega politica e non a quella «contabile». Tante parole di stima e solidarietà e qualche abbraccio del serpente. È di nuovo la family, adesso, il tormento di Bossi. Entro domani il capo padano ha convocato a Gemonio tutti i figli. Andrà in scena un vertice ristretto, senza più cerchi magici. Perché dietro l´apparente unione dei Bossi si sarebbe scatenato - in realtà - una sorta di redde rationem, un tutti contro tutti le cui conseguenze non sono per ora valutabili. È questo, adesso, che lo stesso Senatùr e i leghisti temono di più.