Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 17 Giovedì calendario

«BANCHE, 8MILA SPORTELLI DA CHIUDERE»

Le banche del futuro? Molto più snelle di oggi, con meno sportelli fisici sparsi sul territorio e più "consulenti" pronti a intercettare i bisogni dei clienti via web o telefono. È questa la direzione verso cui si potrebbe incanalare il modello distributivo bancario italiano per resistere a una progressiva contrazione dei ricavi, secondo uno studio di Boston Consulting.
I numeri della società di consulenza mostrano che, dopo un decennio – dal 1997 al 2007 – di sostanziale crescita, oggi il comparto è in forte sofferenza. Nell’ultimo quinquennio i proventi degli istituti del nostro paese sono scesi molto più rapidamente dei costi operativi. I ricavi del comparto sono calati dagli 83,9 miliardi del 2006 ai 70,9 miliardi del 2011 (dato atteso), con una flessione annua aggregata del 3,3%. Nello stesso periodo di tempo i costi operativi sono rimasti sostanzialmente immobili, dai 47,9 miliardi (dato 2006) ai 46,6 miliardi del 2011: il tasso di crescita annuale è negativo appena dello 0,5%. Insomma, i margini degli istituti si stanno assottigliando. E le prospettive non sono certo incoraggianti, anche alla luce di un’economia che stenta a ripartire. Come correggere quest’impasse? Per Ignazio Rocco di Torrepadula, senior partner di Boston Consulting Group e autore dello studio, la soluzione passa per due interventi. «Da un lato il superamento di modelli di segmentazione della clientela rigidi: efficaci quando erano nati, venti anni or sono, molto meno oggi. Dall’altro, un massiccio aumento di produttività da ottenere tramite una riduzione delle filiali del 25% circa, pari a circa 7-8mila agenzie nel giro di cinque anni o poco più». Un taglio shock. Che avrebbe certo il merito di rendere la rete di vendita più agile rispetto a quella attuale ma che avrebbe costi sociali elevatissimi. Per Rocco si tratta di mosse difficili ma «inevitabili» che possono essere «bilanciate sia tramite una conversione dei dipendenti sul versante commerciale, sia con la creazione e l’utilizzo di agenzie di collocamento interne agli stessi istituti per creare professionalità differenti, anche con il ricorso all’outplacement». Un’esperienza, questa, che «è stata seguita con successo anche in Germania negli anni scorsi».
Secondo i dati Bcg, l’Italia è appesantita da una concentrazione delle filiali che è tra le più elevate al mondo. Il nostro paese conta 570 sportelli per milioni di abitanti contro i 481 della Germania, i 430 della Francia, i 390 del Belgio, i 379 degli Stati Uniti. Senza contare che mentre gli istituti di mezza Europa alleggerivano la rete commerciale, negli ultimi dieci anni le banche italiane «ampliavano gli sportelli del 15%, peraltro in un contesto di stagnazione economica e diminuzione della competitività».
Ma come conciliare allora la chiusura degli sportelli con il mantenimento della quota di clientela? Bisogna ribaltare il modello tradizionale e puntare invece sulla multicanalità. Internet, mobile, call center «in altri paesi sono già il canale principale di interazione con il cliente». L’Italia ha buone potenzialità su questo fronte perché è «il primo mercato europeo per smartphone e già oggi il 25% degli utilizzatori accede ai servizi bancari online». Non solo: internet può essere la nuova frontiera «anche per fare educazione e consulenza» pensando di utilizzare la filiale «solo per concludere alcune tipologie di contratti». Il nuovo modello di fare banca permetterebbe di ridurre «del 35-40% i costi operativi nel giro di 5-10 anni moltiplicando nel frattempo la produttività commerciale». Il risparmio delle filiali, conclude il consulente, verrebbe invece utilizzato per investire sulle «competenze professionali e sui modelli operativi e tecnologici di nuova generazione». L’ultimo ingrediente riguarda però il management bancario. «Serve una discontinuità rispetto al passato: un cambio di mentalità per affrontare le sfide del cambiamento, come successo negli anni ’90, dopo le privatizzazioni».