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 2012  maggio 17 Giovedì calendario

UNICA RIFORMA: LE MANETTE - I

cori di giubilo anche e soprattutto dentro la Lega Nord alla notizia di Bossi & his Family indagati per truffa allo Stato e appropriazione indebita dimostrano una volta di più che l’unica istituzione in grado di riformare la politica italiana non è né il governo, né il Parlamento, né i partiti, né le Authority, né i mass media: è la magistratura. Dopo vent’anni di esternazioni politiche, moniti quirinaleschi, saggi politologici e commenti cerchiobottisti/cerchiobattisti sull’invasione di campo delle toghe nel terreno della politica che si deve rigenerare dal suo interno con le grandi riforme per combattere l’antipolitica, possiamo tranquillamente concludere che l’unica riforma dei partiti esistente in natura è l’avviso di garanzia o, in alternativa, un bel paio di manette. Per una classe politica che vive a sua insaputa nell’eterna speranza di poter delinquere a nostra insaputa, il solo punto di rottura è l’arrivo dei carabinieri. Fino a quel giorno non si butta via niente, anche se tutti sanno tutto. Un giorno, forse, un autore di fantascienza riscriverà la storia d’Italia degli ultimi vent’anni al netto delle indagini giudiziarie: ci sarà da divertirsi. Quanto sarebbero durati Craxi, Andreotti e Forlani con la loro mastodontica corte di compari e complici, nani e ballerine, senza le Procure di Milano e di Palermo? Quel che è certo è che, senza indagini, avvisi di garanzia, intercettazioni, retate, i chirurghi-macellai della clinica Santa Rita seguiterebbero a scannare pazienti sani. Moggi e la sua fairy band continuerebbero a fare il bello e il cattivo tempo nel calcio. Fiorani, il banchiere-rapinatore, seguiterebbe a mettere le mani nei conti dei correntisti della Popolare di Lodi e pure di Antonveneta. Consorte avrebbe arraffato la Bnl così finalmente anche gli ex comunisti avrebbero una banca (la seconda: la prima, Montepaschi, s’è visto come l’han ridotta). Ricucci e gli altri furbetti si sarebbero impadroniti del Corriere. E lo sgovernatore a vita Fazio sarebbe ancora lì a trafficare. Bertolaso e i bertoladri sarebbero più che mai alla guida della Protezione civile, organizzando finti G8 tipo la Maddalena con opere faraoniche a prezzi doppi. Totò Cuffaro, anziché a Rebibbia, sarebbe ancora governatore di Sicilia. Bruno Contrada infesterebbe vieppiù i servizi segreti. Il nazibandito Mokbel continuerebbe a imperversare nel mondo Telecom. Guarguaglini e signora seguiterebbero a usare Finmeccanica come il cortile di casa, con Tarantini e Lavitola consulenti nel ramo import-escort. Lele Mora sarebbe ancora il padrone dei reality e di tutto l’indotto, in Rai come in Mediaset. Le nomine negli enti pubblici e parapubblici sarebbero gestite dai vari Bisignani e Milanese. Filippo Penati, braccio destro di Bersani, si appresterebbe a diventare vicepremier. Malinconico e Zoppini sarebbero più che mai sottosegretari del governo Monti, lisciati e riveriti come eccellenti “tecnici”. Lusi sarebbe ancora il tesoriere della fu Margherita, Belsito della Lega, Naro dell’Udc e nessuno si sognerebbe neppure di ipotizzare qualche taglietto ai cosiddetti “rimborsi elettorali”. Minzolingua sarebbe sempre direttore del Tg1 per aiutare gli italiani a focalizzare i veri problemi del Paese: “Charlie, la scimmia fumatrice dello zoo di Città del Capo”, la “dentiera smarrita in spiaggia da un bagnante distratto” e i grandi interrogativi esistenziali che agitano le notti degl’italiani, tipo: “Arriva l’estate e tornano i gelati: cono o coppetta?”. Naturalmente, senza le indagini, la Lega seguiterebbe di qui all’eternità a fingere di avere in Bossi il suo leader, mentre i vari Trota, trotoni e trotini incasserebbero la loro paghetta mensile da 5 mila euro a carico nostro. Non abbiamo parlato dei vari B., Minetti, Fede, Previti, Dell’Utri, Brancher, Verdini, Scajola e Formigoni boys, per ovvi motivi. Anche nel Pdl la selezione delle classi dirigenti la fanno i giudici, ma all’incontrario: lì i curricula sono i mattinali di questura.