Sergio Rizzo, Corriere della Sera 17/05/2012, 17 maggio 2012
DIARIO DI SETTE GIORNI AL SUD, TUTTI I NUMERI DEL DIVARIO —
Una settimana da incubo, quella che Enrico Quintavalle ha preparato a Giovanni, titolare di una piccola impresa alimentare familiare al Sud. Cominciando da un lunedì mattina qualunque, e da un giornale radio che annuncia come il debito pubblico abbia superato il 120% del Prodotto interno lordo in un Paese che ha smesso di crescere. Soprattutto nel Meridione, dove la ricchezza prodotta nel 2012 risulterà inferiore del 7,8% rispetto ai livelli del 2007, quando la crisi non c’era. Approfondendo ancora il divario con il Centro Nord, che avrà registrato un calo del 5,5%.
«Sette giorni a Sud» è un rapporto in forma di «diario di una piccola impresa nel Mezzogiorno d’Italia» nel quale l’ufficio studi della Confartigianato diretto da Quintavalle ha messo a confronto due Italie sempre più distanti. Una dimostrazione, per il presidente dell’organizzazione Giorgio Guerrini, «che tutte le politiche attuate finora hanno fallito» e che bisogna dire «basta con l’assistenzialismo e gli interventi calati dall’alto».
Giovanni e la sua impresa sono chiaramente frutto di fantasia. Ma non i problemi che giorno per giorno, in ogni settimana, lui e l’azienda devono affrontare.
Per esempio quello dell’occupazione: se si tratta, quel lunedì, di avviare una nuova linea di prodotti per la grande distribuzione. Un’occasione di lavoro per dieci dipendenti. Una goccia nel mare, ma preziosissima se si considera che la crisi ha fatto scendere l’occupazione al Sud del 3,1% fra il 2008 e il 2011: contro l’1,2% nel Centro Nord. Fra le 271 regioni europee quella con il minor tasso di occupazione è la Campania, dove ha un lavoro il 39,9% della popolazione attiva. Appena davanti ci sono Calabria (42,2%) e Sicilia (42,6%). Drammatico, poi, l’andamento della disoccupazione giovanile durante la crisi: nel 2011 ha raggiunto il 40,4%, otto punti più che nel 2007.
Complicatissima si presenta dunque martedì mattina la missione di Maria, la figlia di Giovanni appena laureata che ha un colloquio di lavoro. Anche perché sul fronte dell’occupazione femminile siamo messi anche peggio. Il colloquio comunque va male: purtroppo Maria è meno preparata dei suoi concorrenti. Non si poteva illudere. Basta dare un’occhiata alle statistiche Ocse-Pisa per scoprire come il livello delle competenze degli studenti al Sud sia dell’8,4% inferiore a quello dei loro colleghi al Centro Nord. Dato che pare strettamente correlato alle assenze dei docenti, nel Mezzogiorno superiori del 41,4% al resto d’Italia.
Martedì sera la moglie di Giovanni, Teresa, fa i conti. Le esportazioni tirano: non così le vendite nelle regioni meridionali, dove i poveri stanno aumentando. Fra il 2007 e il 2010, mentre al Centro Nord la povertà relativa è scesa, nel Sud è invece salita di mezzo punto, dal 22,5% al 23%. Al Nord, dice l’Istat, è al 4,9%. Nel Sud ci sono 863 mila uomini adulti fra i 25 e i 54 anni considerati «inattivi» nel mercato del lavoro. Nella sola Campania sono 284 mila, contro 339 mila nell’intero Nord.
Mercoledì mattina Giovanni fa poi un’altra scoperta, che in un paio di province le vendite sono addirittura crollate, a vantaggio di un concorrente che fa prezzi stracciati: si sospetta che usi il lavoro nero. Ma di che stupirsi? Nel Mezzogiorno i lavoratori irregolari sono un milione 222 mila, numero addirittura superiore a quello dei dipendenti pubblici (1.142.000).
Giovedì un grosso cliente del Nord chiede di accorciare i tempi di consegna. Problema serio, visto lo stato delle infrastrutture meridionali. La dotazione stradale del Sud è del 32,5% inferiore a quella del Centro, del 26,4% a quella del Nord Ovest e del 25,6% a quella del Nord Est. Il «diario» ci ricorda che «nel 2012 è passato più di mezzo secolo» dalla legge che nel 1961 ha istituito l’autostrada Salerno-Reggio Calabria. Ma rammenta pure che si sono ancora lavori non conclusi su 140,2 chilometri e che l’ammodernamento ci dovrebbe costare, secondo l’Anas, 10 miliardi 543 milioni: 27,4 milioni a chilometro.
Sempre giovedì la banca chiede il rientro di un fido. I finanziamenti alle imprese sono già al lumicino, e sempre più cari per chi sta al Sud. La Banca d’Italia a dicembre 2011 indicava un tasso medio a breve sui prestiti per cassa nel Mezzogiorno pari al 5,05%, a fronte del 4,13% nel Nord Ovest. I dati provinciali collocavano in testa Caltanissetta, con il 7,77% e un aumento di 249 punti base in un solo anno, seguita da Crotone (7,02%) e Agrigento (6,97%). Fra Caltanissetta e Bolzano lo spread era a quota 397.
Teresa decide di sollecitare quindi il pagamento di alcune fatture. I ritardi hanno raggiunto livelli insostenibili. L’Osservatorio Ispo-Confartigianato ha calcolato che nei primi 10 mesi del 2011 siano costati alle piccole imprese meridionali 874,8 milioni di euro. Drammatici soprattutto i rapporti con la Pubblica amministrazione. Ad aprile 2010 i tempi di pagamento delle aziende sanitarie locali si attestavano mediamente intorno ai 269 giorni: 193 al Centro Nord e 425 al Mezzogiorno. In Calabria, però, si arrivava a 793 giorni. Rispetto al 2007, in quella regione il ritardo medio si era allungato di 267 giorni.
Venerdì Giovanni va allora dall’avvocato, per capire se gli conviene fare causa a chi non paga. Riceve la spiegazione che se in Italia ci vogliono 1.108 giorni perché un tribunale definisca un procedimento, al Sud servono circa sei mesi e mezzo in più che nel Centro Nord. Esattamente, 1.207 giorni contro 1.009. E a Messina si può arrivare a 1.449.
Così Calabria, Campania, Sicilia e Puglia sono scivolate in fondo alla graduatoria della qualità della vita d’impresa della Confartigianato. La provincia con le condizioni peggiori è Caserta. Giovanni e il suo socio Antonio, che vorrebbero investire, ora stanno pensando di farlo all’estero.
La settimana lavorativa è finita. Ma sabato arriva un’altra tragica prova di quanto quel pensierino non sia campato in aria. Nella zona artigianale un capannone ha preso fuoco. I carabinieri sospettano una intimidazione mafiosa. La Fondazione Res stima che in dieci anni l’economia del Mezzogiorno abbia dovuto sopportare costi aggiuntivi per la criminalità pari a 96 miliardi e 402 milioni di euro. Come se ogni abitante avesse pagato un pizzo di 4.614 euro.
Sergio Rizzo