Glauco Maggi, Libero 17/5/2012, 17 maggio 2012
OBAMA ANTI-WALL STREET COL MILIONE DA JP MORGAN
«Povero» Obama! È costretto a fare le capriole ogni giorno sulla strada accidentata verso il bis di novembre, ha perso la faccia del messia e gli sta sempre più venendo quella del furbetto. Tutti ricordano, perché è una litania ai suoi comizi, che Barack spara a zero sui finanzieri strizzando l’occhio agli squatters di Occupy Wall Street per fare la parte marxista del difensore delle masse oppresse. Giorni fa, alla notizia che la maggior banca americana, la JP Morgan Chase, aveva perso oltre 2 miliardi di dollari in sventurate operazioni di trading sui derivati, s’era affrettato a sfruttare politicamente il caso dicendo «ecco perché è necessario regolare di più Wall Street».
In verità la legge di riforma finanziaria “Frank-Dodd”, che lui aveva preteso e ottenuto dal Congresso, è già quasi interamente in vigore, e anche se fosse già passata la parte che manca (la “Regola di Volker” per la separazione delle attività di deposito con quella di investimento) tutti ammettono che la JP Morgan avrebbe potuto fare legittimamente ciò che ha combinato: un pasticcio operativo che ha danneggiato i suoi clienti, ma (stavolta) non i contribuenti. Obama aveva anche commentato, e uno si chiedeva il perché di tanto trasporto, che «la banca del Ceo Jamie Dimon, la JP Morgan, è una delle migliori sulla piazza». Ieri s’è capito, è la sua banca. Per legge, chi ha un incarico pubblico deve elencare in dettaglio il patrimonio, e ieri è uscito il “tesoretto di Obama e Michelle”. Dove spicca la bella somma di un milione di dollari in un conto corrente della chiacchieratissima JP Morgan. La legge permette di indicare una forchetta per ogni voce della ricchezza personale, per salvaguardare una certa privacy: gli Obama, così, hanno denunciato «un investimento tra 500 mila e 1 milione», ma siccome non si può pensare che un presidente a caccia dei voti dei poveri si faccia bello gonfiando le proprie sostanze, è ovvio che la cifra vera è sicuramente più vicina al massimo riportato, che non al minimo. Ma i soldi nella JP Morgan non sono tutto: altri 50 mila dollari (tra 15 mila e 50 mila recita l’autodichiarazione) sono depositati in una banca di Chicago, e un milione è investito nei titoli pubblici Usa, cioè nel debito che la sua presidenza ha gonfiato in tre anni da 10 mila a 15,6 mila miliardi.
In totale, la proiezione massima dei suoi asset, casa compresa su cui ha un mutuo da 1 milione, arriva a sfiorare i 10 milioni (9,9 è la soglia massima indicata, con la minima a “soli” 2,6 milioni). Sono i diritti sulle sue autobiografie a costituire ancora oggi la fonte del benessere di Obama: fino a un milione ognuno gli hanno reso sia il libro dedicato al papà africano che lo abbandonò poco dopo la nascita sia quello scritto sotto forma di lettera alle due figlie. “L’audacia della speranza”, il primo pubblicato, rende fino a 100 mila dollari all’anno.
Quando si tratta di soldi & politica, Obama è una miniera di contraddizioni. Nello stesso giorno in cui uno spot della sua campagna attaccava Romney perché la sua vecchia società di private equity, la Bain, aveva chiuso una fabbrica licenziando 750 operai, lui era a Manhattan a raccogliere fondi tra finanzieri del private equity «buoni», essendo suoi sostenitori, come il presidente del Blackstone Group. Ma c’è di più: la fabbrica citata era finita in bancarotta quando Romney aveva lasciato la Bain da due anni e l’ironia vuole che chi era in quel periodo incaricato della operazione di chiusura, Jonathan Levine, sia oggi tra i maggiori sostenitori di Obama, avendo raccolto fino a 200 mila dollari per lui quest’anno.
Glauco Maggi