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 2012  maggio 17 Giovedì calendario

ANCHE MADRID CHIEDE AIUTO DRAGHI PRONTO A SALVARLA


Con la Grecia quasi fallita, ora sta per toccare alla Spagna. La bufera finanziaria colpisce ancora. E da Madrid, ieri, è stato lanciato un vero e proprio sos. Il primo ministro spagnolo è stato chiaro: «Rischiamo di non avere più accesso ai mercati» ha detto Mariano Rajoy. Un’altro pezzo del Vecchio continente barcolla. Sono le inevitabili ripercussioni delle tensioni internazionali, rese ancor più pericolose dalle riflessioni di Atene sull’uscita dall’euro. Il pericolo, adesso, è l’effetto domino. Dopo Grecia e Spagna, la terza pedina che potrebbe cadere, inutile dirlo, è l’Italia. A torto o a ragione considerata a rischio.
Si spiega sulla base di questo scenario drammatico il tentativo di calmare le acque da parte del presidente della Bce. Mario Draghi ha detto che «la Banca centrale europea vuole che la Grecia resti nell’euro, ma non spetta a noi deciderlo». Secondo l’inquilino dell’Eurotower, il debito pubblico della Grecia ha ormai raggiunto il suo picco massimo anche se i tentativi di riforma del paese spesso non sono stati sufficientemente riconosciuti. Un elogio un po’ tardivo, quello di Draghi, che ha l’evidente obiettivo di mantenere a galla la Spagna e gli altri paesi che potrebbero affondare. Parole, quelle del numero uno di Francoforte, da controbilanciare ad alcune indiscrezioni di stampa secondo cui la stessa Bce avrebbe tagliato i fondi agli istituti ellenici, accelerando la crisi. Un quadro pieno di ombre. Di «rischi politici» cagionati da un’eventuale fuga della Grecia dalla moneta unica ha parlato anche l’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti per una volta in sintonia con l’ex governatore della Banca d’Italia.
Tuttavia, Rajoy resta preoccupato. «Tutte le misure che stiamo prendendo sono necessarie per uscire dal tunnel», ha sottolineato il premier iberico. L’appello è arrivato con lo spread Madrid-Berlino al record storico di 507 punti base e con il rendimento dei bonos al 6,49%. A marzo i titoli decennali iberici pagavano meno del 5%.
Le preoccupazioni di Rajoy si fondano sulla paura di un ulteriore avvitamento della crisi greca. In queste ore infatti i greci stanno correndo agli sportelli delle banche per ritirare i loro depositi in vista di una possibile svalutazione della moneta. Il governatore della Banca centrale greca George Provopoulos infatti ha fatto sapere al presidente della Repubblica Karolos Papoulias che lunedì sono stati ritirati 700 milioni di euro e, secondo fonti bancarie, martedì si sarebbe raggiunta una somma analoga. Intanto, dopo che il voto del 6 maggio scorso non è riuscito a produrre nessun accordo di governo tra i partiti, sono state indette nuove elezioni per il 17 giugno. La Grecia va verso questo appuntamento elettorale in un clima di grande polarizzazione e pieno di incognite. Dalle prime dichiarazioni dei leader politici si capisce che alle urne lo scontro sarà fra due fronti: quello di centro-destra, nettamente a favore della permanenza della Grecia nell’Ue e nell’eurozona, e quello di sinistra, con posizioni non molto chiare che rischiano di mettere in forse il futuro europeo del Paese. Nel bel mezzo della mischia, incapace di reagire, si troverà il socialista Pasok, il grande sconfitto al voto del 6 maggio.
Nel frattempo la Commissione europea si è detta «pronta a lavorare con Atene», ma sul rispetto degli impegni «non ci possono essere passi indietro». Quasi nelle stesse ore, però, il rendimento dei titoli decennali greci ha sfondato per la prima volta la soglia del 30% e il tasso sul decennale ellenico è schizzato al 30,23% con il divario di rendimento Atene-Berlino a 2.878 punti base. Un aiuto tardivo, insomma, quello della Bce e dell’Unione europea. Arrivato fuori tempo massimo.

Francesco De Dominicis