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 2012  maggio 17 Giovedì calendario

UN’ANIMA DA “DURO” PER HOLLANDE

E se questo Hollande, definito un «molle», soprannominato «budino» e come tale raccontato con un po’ troppa leggerezza prima della sfida con il «bulletto» Sarkozy, fosse in realtà un «duro»? La prima mossa non è stata tenera: trentaquattro ministri, 17 donne ma non la più importante: Martine Aubry, segretaria socialista e sua rabbiosa sfidante nelle primarie, non fa parte del governo.
Madame Aubry, a giudicare dalle acide dichiarazioni rilasciate ieri sera a Le Monde , non l’ha presa benissimo. Ha detto: si sapeva che avrebbe scelto tra i suoi fedelissimi, io ho fatto la numero due del governo (con Jospin, tra il ‘97 e il 2000) non mi metto certo a negoziare un posto qualunque da ministro. Ma intanto, racconta il sito del Nouvel Observateur , si sarebbe già vendicata silurando due candidati hollandisti alle prossime legislative.

L’esclusione di Martine Aubry non è però soltanto la manifestazione di una rivalità personale, è soprattutto uno scontro politico e diventa una specie di manifesto. Aubry (che è figlia naturale di Jacques Delors, il più illustre ex presidente della Commissione europea ed anche il più importante maestro di politica di Hollande) era ed è la sinistra della sinistra del Ps, ministra del Lavoro del governo Jospin e autrice della legge sulle 35 ore che hanno segnato un’epoca. Sconfitta alle primarie, ma leale supporter nella campagna elettorale, sembrava naturalmente destinata a Matignon come primo ministro, dove invece è andato Jean-Marc Ayrault, un super riformista, un «socialdemocratico», parola che nel Ps francese non è tuttora percepita senza qualche sussulto.

Trentasei ore non sono niente, ma François Hollande le ha a tal punto infarcite di parole, simboli e gesti da aver già rovesciato quella sua immagine caricaturale di «molle». È chiaro che il neo presidente ha studiato con attenzione ogni passaggio facendo tesoro del disastro di Sarkò che, al di là di altri meriti o demeriti, si è giocato il tono della sua presidenza nelle primissime ore all’Eliseo: la festa nel locale dei miliardari, la vacanza relax sullo yacht del finanziere amico, l’esibizione sguaiata di una vita famigliare esagerata, con una moglie che tutti sapevano che lo stava mollando e la passerella dei figli di primo, secondo e altrui letto. Il resto, la politica e le sue incertezze, sono venute dopo.

François Hollande ha fatto esattamente il contrario esibendo modestia e misura. Viaggia su un’auto normale ed ecologica, ha chiesto all’autista e alla scorta di rispettare i semafori nel tragitto che lo portava all’investitura al palazzo dell’Eliseo. Ma poi, qui, ha tirato fuori la grinta. Inappuntabile formalismo con il suo avversario che lasciava la carica sconfitto, ma niente di più: non lo ha accompagnato (come aveva fatto per esempio Chirac con Mitterrand) sul tappeto rosso fino all’auto. E poi, quando si è trattato di citare i predecessori, Hollande ha avuto una parola buona per tutti (compresi gli avversari Giscard e Chirac), per Sarkò invece semplicemente un gelido augurio per «la sua nuova vita».

E non si può dire che sia arrivato impreparato a quel discorso. Nel libretto pubblicato all’inizio di quest’anno («Changer de destin», editore Robert Laffont) si imparano un sacco di cose su François Hollande. Mentre giornalisti un po’ sbrigativi si chiedevano come avrebbe potuto affrontare, lui così «molle» il ciclone Sarkozy, il candidato presidente raccontava che nulla di casuale c’era in quell’appuntamento: «Tutta la mia vita mi ha preparato a questa scadenza... È stata una lunga strada, intrapresa molto tempo fa e che arriva oggi alla sua destinazione...».

Una determinazione e una sicurezza che si sono subito viste all’opera. Anche nell’omaggio a Jules Ferry, il «padre» della scuola pubblica e gratuita, ma anche controverso sostenitore del colonialismo. Hollande non l’ha nascosto, ma ha voluto ribadire che l’Éducation Nationale è uno degli obiettivi principali della sua presidenza.

Esclusa la Aubry, nel governo sono rappresentate le varie anime della sinistra, ma nei posti chiave ci sono i suoi fedelissimi, riformatori dichiarati. Ayrault primo ministro, Manuel Valls all’Interno, Michel Sapin al Lavoro, Pierre Moscovici (che era l’uomo di Strauss-Kahn) all’Economia, Laurent Fabius (ora il più anziano ma che fu il più giovane primo ministro della storia francese con Mitterrand) agli Esteri. Eta media dei ministri 52 anni.