Fausto Carioti, Libero 17/5/2012, 17 maggio 2012
FINI VUOLE STACCARE LA SPINA AL MORIBONDO FLI
Per una volta, nulla da eccepire sulla coerenza. Gianfranco Fini da anni si dice favorevole all’eutanasia e ora è pronto a praticarla sul proprio partito moribondo. Ieri si è riunito l’ufficio di presidenza di Futuro e Libertà: sei ore e passa di discussione animata, in molti tratti aspra, tra gli arroccati sul «boia chi molla» e i fautori di una cosa più grande e indefinita, il «movimento in movimento» teorizzato da Benedetto Della Vedova. Dovevano votare un documento, in vista dell’assemblea nazionale che il 16 giugno sarà chiamata a decidere cosa fare con Fli. Nella bozza era scritto chiaramente che doveva escludersi lo scioglimento del partito. Fini ha fatto sbianchettare la frase, della quale nel testo votato alla fine della riunione non c’è traccia. La chiusura di Fli adesso non è più esclusa nemmeno dal suo fondatore. Così, a meno di imprevedibili miracoli, il simbolo di Fli non apparirà sulle schede elettorali delle elezioni politiche che si voteranno da qui a un anno.
Gesto realistico, quello di Fini. Italo Bocchino e altri avrebbero preferito l’accanimento terapeutico a una morte ingloriosa. Ma il presidente della Camera ha preso atto che il colpo letale alla sua creatura lo aveva già inferto nei giorni scorsi Pier Ferdinando Casini, all’indomani del primo turno delle amministrative, con quel tweet maramaldo che aveva affossato l’esperimento neocentrista: «Il Terzo polo è stato importante per chiudere la stagione Berlusconi, non è in grado di rappresentare la richiesta di cambiamento e novità». Un saluto ai suoi improvvisati compagni di strada, Fini e Francesco Rutelli, e amici come prima. Come prima di incontrarsi, s’intende.
Abbandonato nel momento peggiore dal suo alleato più forte (il quale ha iniziato i primi passi della danza di accoppiamento col Pdl, in vista della possibile ricomposizione dei moderati all’interno di una confederazione di centrodestra), a capo di un partito che da solo, secondo tutti i sondaggi, non è grado di raggiungere la soglia del 4% necessaria a entrare in Parlamento, Fini non ha alcuna intenzione di indossare i panni di condottiero di Fli – si tiene stretta la poltrona di presidente della Camera, deludendo i compagni camerati che vorrebbero gettarlo nella pugna – e ha deciso che se lui e i suoi vogliono continuare a contare qualcosa debbono cambiare rotta ancora una volta. Verso cosa, non lo sanno nemmeno loro. E nel documento che hanno votato ieri questa incertezza appare evidente.
Preso atto del fallimento elettorale («Le elezioni amministrative hanno fatto registrare un evidente e significativo calo di consensi del Pdl e della Lega, ma questo consenso in uscita non ha trovato un’area contigua ed alternativa che avrebbe potuto trovare rappresentanza nel Terzo Polo»), ribadita l’accusa di tradimento a Casini («è un errore archiviare un percorso che ha dimostrato comunque di avere uno spazio politico ed elettorale notevole»), il futuro è un enorme punto interrogativo. Il documento votato dall’ufficio di presidenza tiene aperta la porta al proseguimento dell’avventura centrista, che in politichese futurista si scrive «rilancio dell’azione politica per la costruzione di un “Polo Nazionale” alternativo al vecchio bipolarismo». Manon esclude nemmeno il ritorno a destra, ovvero la «creazione di una proposta alternativa alla sinistra nel segno di una discontinuità rispetto al passato».
L’unica cosa chiara è che sperano in un angelo salvatore, qualcuno al quale accodarsi e che consenta a Fini un ruolo da spalla: come fu un tempo Silvio Berlusconi, come non ha voluto essere Casini. Quando nel documento invocano «l’ingresso in politica di autorevoli soggetti della società civile», laddove scrivono che il loro progetto deve essere «aperto al contributo di soggetti esterni alla politica e capace di intercettarne il consenso e il profondo desiderio degli elettori di rinnovamento della politica», dietro l’involuzione della prosa non è difficile vedere il profilo di Luca Cordero di Montezemolo. Il quale, però, farà il grande passo non per essere il candidato premier di un centro che non c’è più, ma per fare il condottiero unico di tutto il centrodestra e quindi con la benedizione di Silvio Berlusconi. In questo caso, per tanti finiani ci sarebbe forse un futuro: nella confederazione dei moderati che dovrebbe essere guidata dal presidente della Ferrari, e che ormai vede favorevole buona parte del Pdl, ci sarà posto, se non per tutti, di sicuro per molti.
Fausto Carioti