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 2012  maggio 17 Giovedì calendario

Ecco la nuova mappa della fede Dio si è fermato nelle Filippine - Di solito i rapporti sulla reli­gione nel mondo si occu­pano­della diffusione del­le diverse confessioni su scala pla­netaria

Ecco la nuova mappa della fede Dio si è fermato nelle Filippine - Di solito i rapporti sulla reli­gione nel mondo si occu­pano­della diffusione del­le diverse confessioni su scala pla­netaria. Ci spie­gano pe­r esem­pio che il cattoli­cesimo è in de­clino in Europa e in Sudameri­ca ma sta cre­scendo in Asia e Africa, che in Sudamerica crescono i pro­testanti, men­tre l’Islam è in fase di stallo. E così via. Uno studio un po’ diverso è stato condotto per conto dell’ Università di Chicago dal so­ciologo Tom Smith. A un pri­mo sguardo po­trebbe sembra­re il classico uo­vo di Colombo, ma non lo è. Smith si è infat­ti occupato del­la fede nella sua accezione minimale, «Credi in Dio?», studian­do su un cam­pione di trenta paesi la varia­zione dei sì e dei no a questa do­manda nell’arco di quasi vent’an­ni, dal 1991 al 2008. I risultati sono in buona parte quelli che tutti noi potevamo pre­vedere con un po’ di buon senso. Il territorio che conta la maggior per­centuale di sedicenti atei ( 52,1%) è quello dell’ex-Germania Est, se­guito dalla Repubblica Ceca (39,9), dalla Francia (23,3% per la figlia primogenita della Chiesa Cattolica), dall’Olanda (19,7%) e dalla Svezia (19,3%). Viceversa, le Filippine sono in te­sta nella speciale classifica della fe­de (83,6% di credenti, con solo lo 0,7% di atei) mentre anche gli Usa non se la passano male (60,6% di credenti). Altri dati sono più contradditto­ri, per esempio nell’ex Germania Est la percentuale di non credenti è cresciuta rispetto a quando fu ab­battuto il Muro di Berlino, segno che il comunismo c’entra fino a un certo punto. Viceversa, negli altri paesi dell’ex-blocco comunista la fede è cresciuta. La conclusione, anch’essa atten­dibile, è che la fede cresce nei paesi poveri mentre conosce una sia pur lieve flessione in quelli più ricchi. La lettura di questi dati è molto difficile per diverse ragioni. Ne di­co due. La prima è che spesso quello che diciamo su questo argomento non coincide con la realtà dei fatti: conosco alti prelati che non si so­no mai sognati di credere nell’esi­stenza di Dio, e atei dichiarati che non sanno parlare d’altro. La seconda è che non è facile sta­bilire cosa ciascuno intenda con la parola «Dio»: se tutti faccia­mo i conti con questa doman­da, non tutti ­perlomeno nel nostro tempo­hanno ricevuto quel minimo di educazione ne­cessaria per af­frontare l’argo­mento. Tutto richie­de­studio e pre­parazione, spe­cialmente un tema ineludibile co­me questo. Invece, è quello che vie­ne eluso più facilmente. C’è, tuttavia, in questo studio an­che qualche dato attendibile. Uno specialmente mi colpisce: il fatto cioè che la fede risulti più salda nei paesi poveri, ma soprattutto nei paesi a bassa tecnologizzazione. Paesi, cioè, dove quello che un uo­mo fa, lo fa soprattutto con il corpo (lavoro manuale, e non solo). Più alto è il tasso di fisicità, più alto è il tasso di fede. Non a caso lo sport più diffuso nelle religiosissime Filippine è il pugilato. Il filosofo Fabrice Hadja­dj stabilisce un nesso tra le due co­se, quando dice che «alla filantro­pia bastano un assegno e una foto­grafia, mentre la carità esige la prossimità fino alla boxe». Dove, invece, prevale la mente, prevalgono gli strumenti inventati per coadiuvarla. La tecnologia pro­mette da sola, senza dover fare i conti con nessun dio, un suo para­diso. Tutto è qui, tutto è a portata di un clic, tutto si può sapere istanta­neamente, senza più dover fare la fatica di cercare, di reperire i dati. Ecco la grande promessa: la rispo­sta a tutte le domande, qui, ades­so. Nello spazio virtuale nessun dio è comparso, almeno finora. Per trovare Dio occorre alzarsi, muo­versi, compiere un percorso che non può essere solo spirituale (o mentale) ma anche fisico, perché è fatto di incontri, di legami molto concreti, di rapporti che nessun iPad può stabilire. La più grande nemica di Dio in­fatti- chiamatela gnosi, chiamate­lo relativismo, chiamatelo nichili­smo - è l’astrazione, l’interpreta­zione. E sono sicuro che un france­se «interpreta» molto più di un fi­lippino. Mentre Dio è sempre sta­to amico di chi soffriva, di chi viag­giava, di chi era esiliato o deporta­to, di chi affrontava il mare aperto. E dubito che abbia cambiato idea.