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 2012  maggio 17 Giovedì calendario

Un altro tesoro di Gheddafi sequestrato a Pantelleria - Il leader libico Muam­mar Gheddafi aveva possedimen­ti anche a Pantelleria, l’isola più vicina all’Africa rispetto all’Italia che gli arabi chiamano «Bent el Riah», la figlia del vento

Un altro tesoro di Gheddafi sequestrato a Pantelleria - Il leader libico Muam­mar Gheddafi aveva possedimen­ti anche a Pantelleria, l’isola più vicina all’Africa rispetto all’Italia che gli arabi chiamano «Bent el Riah», la figlia del vento. Poca «ro­ba », appena una ventina di milio­ni di euro, rispetto all’ingente pa­trimonio, per un valore comples­sivo di oltre 1,3 miliardi di euro, che il Rais aveva messo in cassa­forte con investimenti nel Belpae­se durante la sua dittatura. E così dopo le partecipazioni azionarie in Unicredit, Eni, Finmeccanica, Fiat, Fiat Industrial e Juventus fi­niscono nelle casse dello Stato pure un complesso alberghiero e dei terreni in una località forse tra le più belle e suggestive del’isola siciliana. A decidere il sequestro dei beni sono stati i giudici della Corte d’appello di Roma al termine di un delicato lavoro di ricerca su tutto il territorio italiano, af­fi­dato ai militari del nu­cleo di polizia tribu­taria della Guar­dia di finanza del­la Capitale. E co­sì sono saltati fuori l’albergo e i terreni: il com­plesso alberghie­ro che si affaccia a strapiombo sul mare di «Punta Tre Pietre», molto conosciuto sull’isola è di proprie­tà­di una società maltese ricondu­cibile al rais defunto, guarda l’Africa e stona di fronte alle in­contaminate coste pantesche. Fu ristrutturato infinite volte, ma è chiuso dagli anni Ottanta per vo­lontà della proprietà. Dalle terrazze altissime a stra­piombo sul mare, quando il tem­po è buono e c’è discreta visibili­tà, è possibile scor­gere le coste libiche, scrutare in lontananza le cale da dove quasi per un tragico paradosso partono i bar­coni carichi di immigrati che spesso si incagliano poco distan­te da quello che, tutti sull’isola, chiamano «l’albergo di Ghedda­fi ». L’attività delle Fiamme gialle che è sfociata nel sequestro milio­nario si inserisce nella rogatoria internazionale richiesta dal tribu­nale penale internazionale de L’Aia nell’ambito del procedi­mento per crimini contro l’uma­nità nei confronti di Gheddafi, del figlio Saif Al Islam e dell’ex ca­po dei servizi segreti Abdullah Al Senussi, finalizzata a cautelare il patrimonio degli imputati, ma so­prattutto per garantire un equo ri­sarcimento delle vittime del regi­me libico. L’azione del Tribunale de L’Aja, a sua volta, si basa su de­cisioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e su regola­menti del Consiglio dell’Unione Europea, con cui i due organi­smi, di fronte al precipitare della situazione politica in Libia, ave­vano richiesto alla comunità in­ternazionale di procedere al con­gelamento di tutti i beni ricondu­cibili alla famiglia di Muammar Gheddafi. Meno di due mesi fa le Fiamme Gialle avevano sequestrato il te­soro di Ghed­dafi in Italia ov­vero beni ed immobili, quo­te societarie e conti correnti riconducibili alla famiglia dell’ex leader li­bico e a mem­bri del suo en­tourage per un valore com­plessivo di ol­tre un miliardo e trecento mi­lioni di euro. Fra gli asset pa­trimoniali se­questrati vi era­no partecipa­zioni aziona­rie in Unicre­dit, Eni, Finmeccani­ca, Fiat, Fiat In­dustrial, Juven­tus, nonché un immobile in Roma, 150 150 ettari di bosco suell’isola di Pantelleria e due motoveicoli, fra cui una fiammante Harley Davidson.