Nello Scavo, Avvenire 16/05/2012, 16 maggio 2012
ANARCHIA, NEL COVO DELL’EVERSIONE GRECA
L’appuntamento è in Plateia Kiriakou, nel perimetro militarizzato di Exarchia, il quartiere ribelle. Armati di bandiere che nascondono lunghi bastoni, a centinaia invadono la piazza. Nessuno, ormai, abbandona i tavolini dei bar aspettandosi il peggio. «Alla gente di Atene – avverte Sophia – noi anarchici stiamo simpatici, i giornalisti stranieri no». Sono greci, spagnoli, francesi, tedeschi, italiani, britannici e canadesi. Studenti, in gran parte. Ma anche vecchi arnesi sopravvissuti a un’esistenza campale. L’ultimo ordigno ha interrotto, nella notte tra domenica e lunedì, il già tormentato sonno dei cittadini ellenici. «Abbiamo fatto – preconizza Angelos Anastopoulos – quello che presto accadrà con la vostra Equitalia. E Adinolfi è stato solo il primo». Nessuna meraviglia che gli universitari pestiferi del Politecnico conoscano per nome i guai di casa nostra. Più che preveggenza, quella di Anastopoulos è una minaccia. Qualche ora prima, infatti, un ordigno artigianale era esploso davanti all’odiata agenzia delle tasse nel quartiere semicentrale di Maroussi. Gli artificieri hanno recuperato i resti di una bombola di gas, archiviati nel sovraccarico scaffale dei reperti esplosivi di cui gli anarchici rivendicano la paternità. Non è difficile rintracciare il covo dei sovversivi. È un palazzo imbrattato e malconcio di via Patision, di fronte al museo archeologico nazionale e al Politecnico. I più radicali tra gli anarchici sono futuri ingegneri e aspiranti architetti. Del resto il loro anziano mentore sostiene che un ribelle deve essere «munito di un progetto ». Nella terra di Socrate ed Erodoto, da qualche tempo va di moda uno strano tipo di intellettuale d’importazione. È il 75enne Alfredo Bonanno, uno che con la sola fedina penale potrebbe seppellirci l’Acropoli. Rilasciato circa un anno fa dopo essere stato arrestato e processato ad Atene per complicità in una rapina a scopo di autofinanziamento, il catanese Bonanno è considerato il massimo teorico dell’anarco-insurrezionalismo europeo. Nel quartier generale di Patision, tra nuvole di fumo e teorie intransigenti, dicono di custodire «come una bibbia» le enunciazioni anarcoidi dell’irriducibile sovversivo. Autore di testi inequivocabili fin dal titolo, quali “Gioia armata” e “Anarchismo insurrezionalista”, i suoi libri tradotti in greco hanno avuto maggior fortuna che in Italia.
I ragazzi di via Patision applicano alla lettera la metodologia rivoluzionaria di Bonanno che propone, riassume d’un fiato un militante francese, «l’organizzazione informale e insurrezionale, basata su “gruppi d’affinità”, dunque sull’aggregazione temporanea di singoli soggetti o gruppi, che si alleano con obiettivi a scadenza e differenti da gruppo a gruppo», praticando «la violenza rivoluzionaria ». Esattamente ciò che rivendica la Federazione anarchica informale che ha firmato l’agguato a Roberto Adinolfi, il manager di Ansaldo nucleare gambizzato a Genova la scorsa settimana. Fonti dell’antiterrorismo di Atene confermano che le modalità della Fai e le dinamiche degli anarchici ellenici corroborano i sospetti di collusioni strategiche e operative fra la Federazione anarchica informale e i fratelli maggiori della “Cospirazione greca dei Nuclei di Fuoco (Spf)”.
L’internazionale sovversiva è descritta anche negli atti giudiziari con cui quattro giorni fa la procura di Bologna ha chiuso l’inchiesta sul pacco bomba spedito da Atene a Silvio Berlusconi, costringendo un aereo a un atterraggio d’emergenza il 2 novembre 2010. Tra i sette indagati ci sono quattro anarchici i cui nomi sono citati nella rivendicazione per l’attentato ad Adinolfi.
Nelle stanze sature di fumo, al piano terra di via Patision, si stampa l’ultimo volantino a sostegno degli immigrati. I militanti non dimenticano però i “compagni” italiani indagati ad Atene. Dal 2010 è in corso il processo a quattro uomini e una donna arrestati durante incidenti tra polizia ed anarchici. Si tratta della genovese Loredana Cavallotto, e poi di Andrea Parolari, Giuseppe Garofalo, Michele Dal Sordo e Mirko Marotta. Furono fermati nel quartiere Exarchia alla vigilia delle dimostrazioni per il primo anniversario della morte dell’anarchico quindicenne Alexandros Grigoropoulos, ucciso dalla polizia. Il fronte intanto si estende. Emile è un trentenne canadese del Quebec, che con altri pacifisti da giorni dorme in piazza Syntagma, ai piedi del Parlamento, per chiedere «democrazia diretta, giustizia sociale e un nuovo sistema di poteri». Da un paio di giorni Emile è triste. Le teorie anarchiche in salsa greca gli hanno spezzato il cuore: «La mia ragazza, Genevieve Vaillancourt, ha dovuto costituirsi». Insieme ad altre tre è accusata di aver progettato un attentato alla metropolitana di Montreal. «Non è vero – sbotta Emile –. Lei e un’attivista, non una terrorista, la perseguitano per le sue idee». La polizia canadese ha un’altra opinione. Comunque andrà a finire questa storia «è certo che ormai – ragionano dal quartier generale di via Patision – che il caos è vicino, non solo ad Atene ». Il fallimento delle trattative per la formazione di un nuovo governo e il rinvio a nuove elezioni, in fondo «confermano che il vento della storia – assicura l’anarchico Anastopoulos – soffia dalla nostra parte». Non importa quanta altra gente si troverà tra due fuochi. «Siamo rivoluzionari – risponde Angelos, citando a memoria il solito Bonanno –. Il nostro scopo, in Grecia come in Italia e nel mondo, non è trovare lavoro alla gente, non me ne importa nulla. Noi vogliamo spingere a capire che è possibile costringere lo Stato a indietreggiare». Con quale obiettivo? «Naturale: la distruzione totale dello Stato».