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 2012  maggio 16 Mercoledì calendario

«SENZA LA PRESCRIZIONE CAV ASSOLTO SUL CASO MILLS»


Scusate se Libero l’aveva scritto e riscritto infinite volte, ciò che è emerge dalle dirompenti motivazioni della sentenza che il 25 febbraio corso ha assolto per prescrizione l’ex premier accusato di aver corrotto l’avvocato David Mills: colui, cioè, che in cambio di 60 0mila dollari avrebbe fornito testimonianze reticenti ai processi All Iberian e Guardia di Finanza. In sintesi estrema: 1) Berlusconi è stato prescritto, ma con più tempo sarebbe stato assolto; 2) Berlusconi è stato prescritto in massima parte per colpa dei giudici (del primo collegio giudicante, cioè) e per colpa del pm, rei di scelte procedurali «oscure » e controproducenti per loro e per la giustizia; 3) la cosiddetta «prova regina» (una lettera-confessione di Mills) non era una prova, e non era regina: probatoriamente non esisteva; 4) del pm De Pasquale resta notevole «la lunghezza delle indagini » e una condotta talora «inopportuna» nel sollecitare di continuo un certo calendario del processo.

L’ASSOLUZIONE PIENA

«Una montagna che ha partorito un topolino »: non è da poco la definizione che il giudice estensore Francesca Vitale (da sola, senza le colleghe Antonella Lai e Caterina Interlandi) ha vergato nelle motivazioni in cui ha cercato di definire quella che è parsa un’infinita battaglia di perizie e controperizie contabili costate infine circa 600 mila dollari, qualcosa in cui «nessuna verità, neppure processuale, può dirsi raggiunta nonostante la profusione di energie di tutte le parti del processo». Libero, nel gennaio scorso, si permise di metterla così: «Una degenerazione dell’abnorme discrezionalità che può sospingere un processo e nondimeno delle abnormi cavillosità che possono respingerlo, tesi fragili e fallaci istruite da consulenti tecnico-finanziari e incollate con liberi convincimenti». Anche per questo va detto che se Berlusconi avesse rinunciato alla prescrizione – come richiesto dai suoi antipatizzanti – il 25 febbraio scorso sarebbe stato assolto perché «il quadro di incertezza non consente di affermarne l’assoluta estraneità ai fatti». Non tecnicamente «innocente», quindi, e tuttavia assolto: e, sebbene i giornali in casi come questo parlino sempre di «insufficienza di prove» (per comodità o furbizia), va ricordato che la formula non è più contemplata nel nostro codice, giacché l’assoluzione è sempre considerata «piena». Particolarmente felice è perciò parsa, ieri, una battuta del pidiellino Gaetano Quagliariello: «L’impressione è che la prescrizione non abbia salvato Silvio Berlusconi, ma i pm di Milano».
Giornali e opinionisti hanno incolpato le difese di cavillosità e formalismi che avrebbero favorito dolosamente la prescrizione, ma il giudice fa giustizia anche di questo: «Certamente la ricusazione proposta da Berlusconi ha costituito l’ostacolo finale alla tempestiva definizione almeno in primo grado del processo», si legge, e però la prevalente responsabilità è da ascriversi ai giudici «presieduti dalla dott.sa Gandus» nel 2008, i quali, all’entrata in vigore della legge Alfano poi giudicata incostituzionale, separarono Mills da Berlusconi in due differenti dibattimenti con «una scelta le cui ragioni, al di là della motivazione formale, restano sinceramente oscure». Oscure. Una scelta che di fatto ha «posto una pesantissima ipoteca» sul processo giacché non si capisce, in parole povere, perché il giudice Gandus non abbia voluto rispettare il Lodo Alfano e quindi sospendere il processo (sospenderlo per «appena 351 giorni», scrive il giudice) visto che i dibattimenti in ogni caso erano pronti a riprendere a correre come lepri: infatti, successivamente, i «tre gradi di giudizio per Mills hanno occupato 3 anni». E così scrisse infatti Libero il 5 ottobre 2008: «Fatta la legge, trovata la Gandus... Il processo proseguirà solo nei confronti del coimputato Mills: processare solo lui permetterà ai giustizialisti cronici d’impiccare lo status morale di Berlusconi allo status giuridico di Mills: se il legale inglese risultasse corrotto, cioè, Berlusconi verrebbe additato come inevitabile corruttore anche se il Presidente del Consiglio, di fatto, non sarebbe ancora stato processato».
Tra le cause della prescrizione il giudice Francesca Vitale vede però tuttavia anche «il tempo intercorso tra il rinvio a giudizio (30 ottobre 2006) e la data della prima udienza (13.3.2007), vale a dire quattro mesi e mezzo dopo». E va detto che il primo novembre 2006, senza particolari doti divinatorie, qui lo scrivemmo così: «L’ottavo rinvio a giudizio per Berlusconi su tredici tentativi non andrà a finire da nessuna parte: la prescrizione è pressoché garantita».
L’avvocato David Mills nel 2004 scrisse una lettera ai suoi fiscalisti inglesi che è stata giudicata una «confessione» non solo dall’accusa, ma anche dalla Cassazione che nel 2009 confermò la condanna contro lo stesso Mills (prescritta pure quella) appunto nel processo «separato» che il giudice Gandus non aveva voluto interrompere; ora il giudice Vitale, però, ha scelto di rifarsi a un altro orientamento giurisprudenziale secondo il quale la lettera non ha valore di prova. Questo orientamento (basato su una sentenza di Cassazione del 2009) dice che una lettera come quella, peraltro ritrattata da Mills, costituirebbe prova soltanto se fosse accompagnata «da una ulteriore illustrazione orale da parte dell’autore, nella cornice dialettica garantita dal meccanismo orale di domanda e risposta». Non che il giudice Vitale pensi che Mills, nella sua ritrattazione, abbia detto la verità: infatti parla di «atto di contrizione (mal) recitato per tentare di allontanare da Berlusconi ogni sospetto »; la stessa ritrattazione «svuota di significato» tuttavia la lettera e anche le successive deposizioni dei fiscalisti inglesi. Anche Libero scrisse dell’inutilizzabilità della lettera già il 2 novembre 2006, ma qui va detto che siamo nel regno della libera interpretazione: il collegio di primo grado del processo Mills (quello senza Berlusconi) scrisse infatti, e diversamente, che «Quanto dichiarato a partire dalla lettera del 2 febbraio 2004, trova pieno riscontro nelle emergenze dibattimentali. Tanto che da tale lettera si potrebbe tranquillamente prescindere».

SCORNATO E MAZZIATO

Ce n’è anche per il pm Fabio De Pasquale, uscitone come il più scornato di tutti. Il giudice Vitale non manca di evocare «la lunghezza delle indagini» ma soprattutto «le inopportune e reiterate sollecitazioni del pm sulla fissazione del calendario». Berlusconi, oltretutto, si disse disposto a celebrare le sue udienze ogni lunedì a dispetto del «dissenso ripetutamente manifestato dal pm» ma non «condiviso dallo stesso presidente del Tribunale di Milano» e da «tutti i giudici» degli altri processi contro Berlusconi; ovviamente ha vinto la linea del presidente del Tribunale e questo «ha consentito un evidente risparmio di attività processuale». Fosse stato per De Pasquale, insomma, avremmo perso ancora più tempo:da qui la bacchettata del giudice, che ha dovuto ricordare al pm «il rispetto che si deve alle norme anche quando siano scomode e conducano a risultati insoddisfacenti non solo per la pubblica accusa, ma anche per l’imputato». Scornato e mazziato.

Filippo Facci