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 2012  maggio 16 Mercoledì calendario

LA MILANO INSANGUINATA DI TURATELLO TRA DROGA, OMICIDI E POLITICI AMICI

Una casa piccolo borghese alla periferia Nord della città. Una casa normale. Fino a quando non ti soffermi sulle fotografie appese un po’ ovunque. È allora che capisci di essere a casa della pupa del gangster. Dalle pareti Antonella D’Agostino coniugata Vallanzasca occhieggia a tutte le età, bionda e sorridente. Le rispondono gli sguardi di Francis (Turatello), Carlo (Argento), Eros (figlio di Francis). E sì, anche Renato, abbracciato a lei nel giorno delle nozze, quattro anni fa. L’Antonella in carne e ossa, 62 anni, ha lo stesso sorriso, una camicia leopardata e un chihuahua (“regalo di Renato”) che le scodinzola fra i piedi. Fra pochi giorni esce il suo nuovo libro: “Francis Faccia d’angelo – La Milano di Turatello” (Milieu) che presenta questa sera a Milano, alle 18,30 al Teatro Litta, con Eros. La biografia del più celebre gangster e biscazziere della Milano degli anni Settanta è un testo cinematografico, quasi una sceneggiatura (del resto Antonel la ha collaborato con Michele Placido per i dialoghi del suo film su Vallanzasca), molto avvincente: a chi ha vissuto la Milano di quegli anni, apre le porte su un mondo parallelo e sconosciuto, violento e affascinante come un film noir con veri gangster.
Lei lo conosceva bene, Francis.
Era mio fratello, non di sangue, ma fratello. L’ho conosciuto da ragazzina e la nostra amicizia è finita solo con la sua morte, quel maledetto 17 agosto 1981.
Francis fu ucciso in carcere, a Bad’ e carros, su mandato di chi voleva prendersi Milano: la droga, le donne, le bische.
I catanesi, si dice. Quel che è certo è che Francis della droga non voleva saperne.
Difficile da credere: aveva riempito di coca Milano e l’eroina era il business dell’epoca.
Ma lui aveva un figlio, e vedendo che cosa faceva l’ero ai ragazzi di allora, ne aveva schifo. “L’eroina è un affare politico” mi diceva. “Con la roba hanno messo a tacere le proteste di una generazione”.
Turatello vittima del riflusso, come i sessantottini?
Se la vuole mettere così… Certo è che alla fine degli anni Settanta Milano stava cambiando.
Turatello è stato testimone privilegiato di quel cambiamento attraverso l’amicizia con l’artefice della Milano da bere: un “politico socialista dalla testa calva” lo descrive.
Insomma, amico... Si conoscevano, si erano incrociati in qualche locale, la notte: El Rayto de Oro, il Marocco. Si erano annusati e piaciuti: due personalità forti, due leader.
Nel libro lei scrive che “sedeva a gambe accavallate e si sistemava gli occhiali sul naso” mentre, nel suo ufficio, ascoltava Turatello che “faceva due calcoli a mente”. E i calcoli si riferivano ai guadagni delle bische…
Erano giocatori di poker, abili nel bluff, pronti a puntare alto su quel tavolo tutto italiano fatto di perbenismo, affarismo e ipocrisia. Tutti zitti mentre girava la grana. I telegiornali fingevano di non capire. Era meglio parlare d’altro.
Quando è finita quella Milano lì?
Quando è arrivata la droga.
Prima, invece?
Una città fantastica, viva, allegra: bei negozi, bella musica, bei locali notturni con bella gente e magnifiche prostitute, champagne a fiumi.
Lei però in quei locali non poteva entrare.
Certo che no! Francis non voleva perché io non ero una di quelle. Io ero la parte pulita di Francis e dell’altro mio fratello: Carlo Argento, il suo vice, un ragazzo meraviglioso.
Anche lui morto ammazzato. Come Lia, la madre di Eros. Lei è una miracolata.
Ma quale miracolata! Le ho detto che io non c’entravo con quel giro. Avevo conosciuto Francis e Carlo perché eravamo vicini di negozio: io lavoravo come par rucchiera in un salone molto chic di via Montenapoleone, Francis vendeva tappeti (il negozio c’è ancora), Carlo faceva il cameriere al caffè Guarany. Poi le loro vite hanno preso un’altra strada, mentre io sposavo, nemmeno diciottenne, il figlio del titolare del salone.
Però siete rimasti in contatto.
Sempre. Gliel’ho detto, erano i miei fratelli.
Lei ora è sposata con Renato Vallanzasca: ammetterà di avere una certa fascinazione nei confronti della malavita…
Di Renato non parlo, dico solo che ci siamo conosciuti bambini, ai giardinetti del Giambellino, e che anche con lui è stata una grande amicizia, che poi è sfociata in qualcosa di più profondo.
Però, insomma, questo fascino del bandito…
Io non ho mai condiviso le loro scelte. Di più: non ho mai accettato da Francis un regalo che provenisse da una sua refurtiva. “Le cose rubate non le voglio!” gli dicevo. Pensi che una notte che avevo la febbre a 40 non ho chiamato il medico perché non sapevo come pagarlo benché sotto il letto ci fosse una valigia zeppa di contanti (due miliardi), l’incasso delle bische. Quando Francis l’ha saputo si è arrabbiato moltissimo, voleva dare fuoco a quei soldi per dimostrare quanto poco tenesse al denaro e quanto, in vece, a me e alla mia salute.
Neanche un gioiello, le ha regalato? Magari uno di quelli sottratti alle signore del circolo del bridge che aveva derubato?
Me ne ha regalati sì di gioielli, ma comprati in gioielleria. A Vene-zia, alla presentazione del film di Placido, indossavo dei magnifici orecchini di Cartier: me li aveva comprati lui a Montecarlo dopo una grande vincita al Casinò.
Non sarà stata la pupa del gangster, ma viveva come se lo fosse.
In realtà, non è che ci siamo frequentati poi molto: lui non voleva compromettermi, si faceva vivo saltuariamente.
Come ha fatto, allora, a scrivere un libro così ben documentato? Dentro c’è tutto, dalla nascita di Francis (figlio di Frank “tre dita” Coppola) alla sua morte violenta, passando per rapine, stragi (quella sanguinosissima di Moncucco), rapporti con la politica e con la P2 di Licio Gelli, cui era affiliato.
Lui non mi diceva molto, ma io ero sveglia: leggevo i giornali e collegavo luoghi, fatti, persone. Francis faccia d’angelo
di Antonella D’Agostino,