G. Sa., Il Sole 24 Ore 16/5/2012, 16 maggio 2012
«LO STATO CI DEVE 19 MILIARDI»
Ammontano a 19 miliardi i crediti «certi» che la filiera dell’edilizia vanta nei confronti delle amministrazioni pubbliche: nove miliardi di questa somma "appartengono" ai costruttori dell’Ance che hanno realizzato la nuova stima e ieri hanno rilanciato con grande forza il tema dello scandaloso ritardo nei pagamenti delle amministrazioni pubbliche. Il tema del D-Day (D sta per «decreto ingiuntivo») è quello di un salto di qualità nell’azione delle imprese per recuperare le somme dovute dalla Pa: dalle proteste e dagli appelli al Governo si passa alle vie legali, con la richiesta di decreti ingiuntivi per un primo miliardo di euro di crediti considerati assolutamente inattaccabili.
Il presidente dell’Ance, Paolo Buzzetti, ha confermato anche la propria valutazione prudenziale sui decreti in arrivo dal Governo sulla certificazione e sulla compensazione debiti fiscali-crediti commerciali (sono attesi per domani). «In merito ai decreti attuativi in arrivo nei prossimi giorni – sostiene Buzzetti – è necessario che con tali decreti non si scarichi ancora una volta sulle imprese il rischio di insolvenza della pubblica amministrazione».
La posizione è molto critica verso tutte quelle soluzioni, più volte adottate, che prevedono interventi con il meccanismo della cessione del credito pro-solvendo. «Per quanto riguarda le misure che il Governo sta adottando per affrontare il problema – dice ancora il presidente – l’Ance ritiene irrinunciabile mantenere la destinazione del plafond di due miliardi, messo a disposizione della Cassa depositi e prestiti, esclusivamente per operazioni di cessione pro soluto del credito».
La giornata di ieri – organizzata dall’Ance con le altre organizzazioni imprenditoriali (Confartigianato, Cna e cooperative) e con la partecipazione di Anci e Upi – non voleva però mettere l’accento sulle proposte e sulle valutazioni politiche, quanto snocciolare dati e storie di impresa sulla situazione di grande difficoltà del settore. I tempi medi di pagamento hanno raggiunto ormai gli otto mesi, ma si arriva a stazioni appaltanti con due anni di ritardo medio.
Quanto alle punte di ritardi e alle situazioni gravemente patologiche, il comune di Napoli – denunciano i costruttori – paga anche con 40 mesi di ritardo. Anche il comune di Roma è considerato un pessimo pagatore.
Tra le cause principali dei mancati pagamenti si ribadisce che al primo posto c’è il patto di stabilità. «Agli enti locali – recita il manifesto del D-Day – è vietato spendere le risorse che hanno in cassa. Nel triennio 2012-2014 questo meccanismo provocherà un blocco di investiemnti pari a 32 miliardi di euro». Le imprese dicono basta e chiedono che sia ristabilito un equilibrio contrattuale fra le parti. «Non si possono far fallire le imprese per non far fallire lo Stato».
C’è poi il tema del taglio agli investimenti, delle difficoltà finanziarie, di una tassazione crescente, soprattutto nel settore privato con la «stangata dell’Imu sugli immobili». Senza contare la minaccia dell’aumento dell’Iva in autunno.
«Con l’aumento delle aliquote Iva dal prossimo ottobre – dice ancora il manifesto del D-Day – e considerando l’economia sommersa (265 miliardi di euro l’anno), nel 2012 la pressione fiscale sulle imprese regolari rischia di toccare il 54,5% del Pil».
Non c’è da meravigliarsi, quindi, che le imprese non riescano a crescere e, viceversa, entrino in situazione di grande difficoltà. Le imprese del settore edile entrate in procedura fallimentare nel triennio 2009-2011 sono 7.552 su un totale di 33mila imprese.
Vuol dire che a pagare la crisi e la scorrettezza del settore pubblico nei pagamenti oggi è il settore delle costruzioni per il 25% sul totale